martedì 5 gennaio 2021

Performance portafoglio 2020: “Apocalypse Now - Redux”

Ho provato a rinviare di qualche giorno ma alla fine è arrivato il momento di affrontare la “walk of shame”: l’unico modo per definire la performance del portafoglio è infatti come disastrosa, con un fragoroso -21% (!!!) rispetto al +5% del benchmark di riferimento (MSCI EMU Small/Mid-caps). E tutto questo nonostante durante lo scorso anno la liquidità sia stata tra 8% e 10%. [A parziale consolazione, il Renaissance Institutional Equities Fund di Jim Simons – che non è però il fondo principale quando la versione per clienti - ha registrato un bel -31%].

Come evidenziato nella tabella qui sotto, soltanto due posizioni hanno generato un rendimento positivo: Hiscox (+21%, comprata a maggio) e Fuchs Petrolub (+5%), mentre molte altre hanno registrato crolli di 40% ed oltre. Non solo: rispetto al primo semestre il “mercato” ha ampiamente recuperato nel secondo semestre (periodo nel quale il benchmark ha fatto +18% passando da negativo a positivo), mentre il portafoglio ha fatto solo +5% riducendo solo in maniera marginale la perdita per l’intero anno.
A livello individuale, questi sono stati i principali detrattori dalla performance:
  • Grenke (-480 bp)
  • Eurobank (-235 bp)
  • TFF Group (-225 bp)
  • Spice Private Equity (-200 bp)
  • Shaftesbury (-200 bp)
  • Raven ordinarie (-190 bp)
  • BETT (-180 bp)
  • JZ Capital Partners (-170 bp)
oltre a Riverstone Energy già venduta nel corso dell’anno passato.

Mentre lo scorso anno ero (relativamente) poco preoccupato dalla sottoperformance (fare “solo” +20% quando il mercato fa +30% non piace a nessuno ma non è un dramma) e avevo concluso con “prima o poi doveva accadere”, quest’anno la situazione è ben peggiore e non può essere minimizzata con “è la vita…”.

Uno dei temi dominanti del portafoglio è la limitata liquidità (con l’eccezione di Grenke) dovuta alle dimensioni, caratteristiche e/o basso flottante di queste aziende (anche per Shaftesbury il flottante effettivo è solo 50%): questo è sicuramente un elemento da considerare in un anno come il 2020, ma se il portafoglio è costruito coscientemente con queste caratteristiche non può poi essere usato come scusante. Piuttosto, è vero che probabilmente nessuno era stato così presciente da indicare “pandemia” come il rischio per il 2020, ma mi sono accorto che molte delle posizioni alla fine erano esposte a questo singolo rischio (non intenzionalmente ma colpevolmente):
  • Grenke: solidità piccole/medie imprese (oltre ad essere stata accusata di essere una frode…)
  • Eurobank: turismo + solidità delle aziende greche
  • TFF: consumi di vini e liquori pregiati
  • Spice Private Equity: hospitality e consumi
  • Shaftesbury: negozi ed uffici
  • BETT: turismo e hospitality
  • Hibernia: uffici
Tutti questi sono i settori economici che più hanno sofferto dalla pandemia, ed ancora continueranno perché gli effetti non scompariranno con l’arrivo dei vaccini.

Alla fine, tuttavia, se devo riassumere l’esperienza del 2020, l’errore peggiore che ha determinato questi risultati può essere riassunto in una sola parola: pigrizia, soprattutto mentale. “Buy-and-hold” è un’ottima strategia (se fatta bene), ma “compra-e-fai-finta-di-niente” (oppure “compra-e-tieni-le-dita-incrociate”) è forse la peggiore filosofia da avere, perché “soltanto gli stupidi non cambiano mai idea”.

Questo assunto è stato dimostrato benissimo, come spesso succede, da Buffett: prima ha parlato male per anni delle linee aeree; poi ci ha investito; ma quando le cose sono peggiorate ha immediatamente venduto tutto (se avrà avuto ragione lo vedremo tra qualche tempo). Quando la tua tesi iniziale cambia devono cambiare anche le tue decisioni: ancorarsi al prezzo di acquisto per non voler realizzare un -50% e tenere le dita incrociate che torni prima o poi in positivo è uno dei peggiori errori che si possa fare negli investimenti. Nel caso di Riverstone l’ho accettato, in altri casi (JZCP, Spice, probabilmente Raven) sono stato mentalmente pigro ed ho commesso vari errori di omissione. Allo stesso modo, ho commesso sempre per pigrizia anche errori di commissione, in particolare su Jyske Bank e Bank of Ireland (ed altre). Purtroppo, studiare la finanza comportamentale è molto più facile che metterla in azione…

Ecco quindi il dettaglio della performance nel 2020: non solo adesso sono indietro di 20% (cumulato) rispetto al benchmark, ma sono anche ben lontano dall’obiettivo di rendimento annuo di “inflazione + 2%”. Per recuperare questa defiance ci vorrà del tempo (e anche fortuna).
Infine, qualche aggiornamento sulle singole posizioni:
  • Grenke: le accuse di Viceroy si sono rivelate in gran parte una bolla d’aria, e dopo un iniziale follow-up mi sembra che abbiano desistito. Per la maggior parte erano superficiali e basati su una non corretta comprensione della contabilità di una società di leasing. Il punto che rimane più problematico sono le relazioni con le parti correlate ed il consolidamento di alcune subsidiaries. GLJ non sembra una frode alla Wirecard (le attività sono reali e redditizie), ma nella mente degli investitori ci vorrà ancora tempo per recuperare fiducia nel management. Per il momento, S&P ha confermato il rating di BBB+ rimuovendo l’outlook negativo: questo è molto importante per un’azienda che fa continuo ricorso al mercato degli ABS per finanziare la propria operatività.
  • Eurobank: all’interno dei problemi causati da Covid-19, la banca ha continuato la cessione dei prestiti incagliati, scesi da 42% del totale nel 2017 a 15% a fine settembre scorso.  
  • Shaftesbury: una delle aziende più impattate dai vari lockdown inglesi: nei sei mesi fino a settembre solo il 53% degli affitti è stato incassato, le proprietà non occupate sono salite a 12% del totale, il NAV si è ridotto di 25% e gli utili sono crollati di 46%. Per cercare di mantenere il valore di un portafoglio di immobili assemblato in oltre 30 anni di attività ha preferito evitare di cacciare i locatari morosi e procedere a vendite forzate a prezzi di saldo; pur non avendo particolari scadenze debitorie, a novembre ha deciso di procedere con un aumento di capitale molto a sconti per oltre £300 milioni: punitivo per gli azionisti esistenti, ma probabilmente corretto e senz’altro utile per prevenire ogni possibile ulteriore crisi nel breve periodo. Potrebbe addirittura finire con una qualche operazione (fusione?) con Capital & Counties (CAPC LN), che di Shaftesbury già possiede il 25% (ma è anche in situazione peggiore).
  • JZ Capital Partners: sicuramente la posizione più problematica nonostante alcune dismissioni a prezzi interessanti che hanno generato quest’anno quasi $160 milioni. Il problema principale rimane la parte di real estate, con la pandemia che ha forzato un nuovo write-down di altri $110 milioni (il NAV è oggi crollato di un altro 30% rispetto alla chiusura dell’anno fiscale a febbraio). Mantiene l’obiettivo di continuare a ridurre il debito e ripagare gli azionisti via via che sono fatte le dismissioni.
  • Spice Private Equity: altra posizione problematica, con due degli investimenti diretti in catene di ristoranti ed un altro nel settore dei beni di consumo. L’azienda di software Rimini Street non sembra voler partecipare all’euforia che permea il settore; i ristoranti di Bravo Brio sono finiti in Chapter 11, che ha richiesto un ulteriore intervento da parte di Spice in joint venture con un altro operatore del settore; mentre Leon Restaurants ha da poco proposto un Company Voluntary Arrangement, una sorta di Chapter 11 in UK.
La cosa più stupida da fare adesso, e che quindi probabilmente farò, sarebbe di raddoppiare l’investimento in alcune di queste aziende.

8 commenti:

  1. In Borsa mi è stato insegnato che mediare un prezzo di un titolo in forte perdita non è una buona mossa, a volte però la condivido se le convinzioni sui fondamentali sono positive.

    Quanto alla performance di ptf., nel 2020 si è salvato solo chi era sottopesato in azioni.

    La cosa più interessante è invece vedere come basti un anno storto per rovinare la sovraperformance dei suoi titoli scelti rispetto a quella del benchmark Small Caps.

    Finirò ad annoiarmi anche io su qualche etf, che barba.

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    1. Vero, fare average down solo per abbassare il prezzo medio di costo "così è più facile che la posizione risalga in positivo" è in genere un errore. Farlo su un titolo solido (ad es. con basso debito, con prospettive non disastrose e che è giù per problemi temporanei) puà essere redditizio

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  2. un'altra cosa, davvero con affetto perchè il suo blog è molto utile (a chi se lo merita).
    L'obiettivo di fare inflazione+10% mi pare un po' masochista, a me andrebbe bene già fare un delta di +5% (escl. dividendi).
    grazie, Vittorio

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  3. 2020 anno difficile per chi non aveva tech cina o settore farmaceutico. In ogni caso è sempre un piacere leggerti

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  4. Buon anno, mi dispiace per il portafoglio, ma la ringrazio davvero di cuore per questo post. Dopo tanti anni, è bastato un anno storto per rovinare la performance. Tanti altri sarebbero spariti o lo avrebbero tenuto nascosto, lei no e questo le fa davvero onore.
    Per applicare una qualsiasi strategia, anche quando si è sicurissimi di tale strategia e di ciò che si sta facendo, ci vuole temperamento che io purtroppo non ho. Non parliamo del temperamento che ci vuole a seguire/copiare la strategia di qualcun altro senza essere sicuri di ciò che si sta facendo.
    In questi giorni sono venuto a conoscenza della strategia ideata da Pabrai: il Free Lunch Portfolio. Il desiderio di battere i mercati è sempre pronto a stuzzicarmi e devo assolutamente tenerlo a bada.
    Mi accodo anche io alla domanda fatta da altro utente, ma perché ha scelto come expetcted return "inflazione+10%"? E non tipo "inflazione+5%" che già sarebbe stato molto difficile come obbiettivo.

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  5. L'indice "inflazione+2%" l'ho visto usare da un ottimo gestore anni fa (anche loro adesso stanno sottoperformando...) e mi piace molto, perchè indica un obiettivo assoluto di battere l'inflazione e fare meglio del rendimento storico dei mercati (tra 6% e 10%, a seconda di quale mercato e se include o meno i dividendi).

    Come riferimento si può usare qualsiasi benchmark, quello che importa alla fine è comunque il risultato ASSOLUTO. Se si fa 2% meglio di S&P (un risultato non certo facile su lunghi periodo) ma questo fa solo 1%, il rendimento assoluto rimane deludente

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  6. Potrebbe avere senso in un portafoglio di small caps come questo introdurre una qualche forma di stop loss? Detto con il senno di poi, e quindi vale abbastanza poco, avrebbe potuto salvare la performance. E' vero che ragionando sui fondamentali di un'azienda, lo stop loss non sembra molto coerente con la strategia, ma purtroppo il mercato puo' avere torto ben piu' a lungo di quanto noi piccoli investitori possiamo avere ragione, e in situazioni di crolli cosi pesanti, anche se non sempre giustificati dai fondamentali, questo potrebbe proteggere il portafoglio globale. Parlo di stop loss non automatico, ma ragionato, un po' quello che scrivi tu 'non farsi prendere dalla pigrizia'. Come sempre complimenti per le analisi!

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  7. Buongiorno Matteo,
    grazie per il post, chiaro e intellettualmente onesto. Condivido molto il tuo pensiero sull'aumento delle esposizioni. Anche io ho avuto e ho questo dilemma. Su alcuni titoli ho proceduto, su altri ho lasciato perdere date le incognite. Buon lavoro!

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