giovedì 17 settembre 2015

Bolla Tech (parte IV): Alibaba

Molto discussa in questi giorni è la situazione di Alibaba (BABA:US): dopo essere salita dai $68 dell’IPO fino a $115 (+70%), oggi è tornata su quei livelli ($67) per un calo di oltre 40% dal picco.

Ad aprire le danze è stato Barron’s con un articolo molto critico nel quale afferma che un ulteriore crollo del 50% è più probabile di una rapida risalita fino ai prezzi dello scorso anno: questo a causa soprattutto del rallentamento dell’economia cinese, dell’aumentata competizione nel mercato domestico dell’e-commerce e del fatto che la cultura e la corporate governance aziendali sono sempre più sotto la lente d’ingrandimento degli investitori. A questo si aggiunge il fatto che tra pochi giorni scade il periodo di lock-up seguente l’IPO: circa 1,6 miliardi delle 2,5 miliardi di azioni esistenti saranno disponibili per la vendita, mettendo ulteriore pressione ribassista al prezzo di mercato (anche se Alibaba ha fatto sapere che i possessori di 1,45 miliardi di azioni hanno promesso di non vendere e che è in programma un buyback da $4 miliardi, ovvero circa 60 milioni di azioni).

L’azienda ha risposto direttamente a queste critiche, fatto non scontato vista l’opacità su quello che accade al suo interno: evidentemente le accuse hanno toccato un nervo scoperto a causa della performance degli ultimi mesi. 

Molto più interessanti sono invece le considerazioni di John Hampton di Bronte Capital, il cui blog vale sempre la pena di essere letto: le sue analisi non si fermano alla superficie di “quello che si sente dire”, ma sottoponendo queste affermazioni ad un rigoroso scrutinio ha scoperto nel passato molte casi di frodi e manipolazioni. E questo è un esempio perfetto dell’analisi che si dovrebbe fare per verificare le ipotesi implicite in una valutazione di $160 miliardi.

Per chi non vuole leggere tutto il suo post (molto interessanti anche i commenti alla fine), ho riassunto qua sotto i principali facts&figures. Il punto di partenza è una frase contenuta nell’articolo di Barron’s: “Alibaba’s financial reports have broken free of verifiable reality and have reached an escape velocity that doesn’t comport with Chinese government figures of overall retail sales, consumer spending, or online commerce.”
  • In un solo “Singles Day”, Alibaba ha fatto 278 milioni di consegne (deliveries) su un totale di Internauti stimato in Cina in 650 milioni di persone. Al confronto, a livello mondiale Amazon ha “solo” 244 milioni di account che hanno fatto almeno un acquisto negli ultimi 12 mesi. Quindi Alibaba ha avuto più ordini in un solo giorno di Amazon in un anno…
  • Alibaba dichiara che il suo network è stato responsabile per 8,6 miliardi di consegne a clienti nell’ultimo anno (a marzo 2015). UPS ne consegna circa 4,6 miliardi l’anno, e dispone non solo di 435,000 dipendenti (Alibaba ne ha 35,000, gli altri sono “consulenti esterni”), ma soprattutto di 539 aerei, 100,000 veicoli e 2,000 centri di distribuzione.
  • Se i numeri sono questi, Alibaba è molto più “virtuale” ad esempio di Amazon (molti ordini potrebbero infatti prevedere una semplice consegna virtuale, non fisica, al cliente). Il punto di forza di Amazon è nella sua organizzazione logistica (nessuno vuole competere con Amazon su questo aspetto), Alibaba vince invece grazie alla sua capacità di outsourcing di questa funzione. Ma per farlo dovrebbe avere i dipendenti ed il capitale investito di Amazon ed UPS messe assieme.
  • Forse Amazon non è il paragone più adatto per Alibaba, essendo quest’ultima più simile ad eBay in quanto non vende direttamente ma mette in contatto acquirente e venditore. Amazon è un supermercato online e richiede molti dipendenti nonché un ampio stock di prodotti; eBay ed Alibaba sono due piattaforme per il commercio e la responsabilità della consegna è a carico del singolo venditore. È comunque vero che Alibaba ha il proprio network di consegne (che secondo i dati forniti ne fa più di UPS e FedEx combinate), nel quale ha una partecipazione ed al quale fornisce il software: esiste un modo di verificare la reale esistenza di questa infrastruttura? 
  • I numeri di Alipay sono allo stesso modo impressionanti. Il volume di transazioni giornaliere globali di Visa è solo un terzo di quello di Alipay: se è così, lo shopping in Cina è a livelli che fanno vergognare US, Europa ed il resto d’Asia. Alipay è all’incirca equivalente a PayPal: probabilmente ha più utilizzatori perché è usato per fare rimesse dirette di denaro, ma è difficile pensare che sia più utilizzato delle carte Visa in tutto il mondo.
Le conclusioni sono scontate: se un’azienda Internet riesce ad aumentare il proprio volume d’affari del 500% rispetto ai livelli attuali, è probabilmente un’ottima idea investirci. Ma se è vicina alla fine del periodo di crescita esponenziale, non si dovrebbe farlo, perché c’è un elevato rischio di de-rating. Quindi la domanda da farsi è: quanto grande può diventare Alibaba, e soprattutto cosa può guidare la crescita d’ora in avanti?

Nota: lo stesso John non è sicuro del fatto che i dati di Alibaba siano “fasulli” e ha bisogno di raccogliere maggiori prove – come fatto nel passato - prima di procedere ad andare short su Alibaba.

2 commenti:

  1. Ottimo pezzo.
    Inoltre guardando all'ultima trimestrale pubblicata sembra che il gruppo dirigente si stia stampando stock option come rotoli di carta igienica. Ti risulta?
    Se è così, pur nell'impobabile ipotesi che i risultati dell'azienda saranno buoni in futuro, quando mai le azioni del flottante in mano al pubblico potranno acquisire valore?

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    1. Grazie, ma come detto le considerazioni non sono farina del mio sacco.

      L'eccessiva emissione di stock options è solo uno dei tanti problemi di corporate governance di questo tipo di aziende.

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