mercoledì 9 settembre 2020

Italia e crescita economica

Un grafico che dovrebbe spaventare chiunque investa nel nostro paese.
Prima di procedere con le maledizioni:
  1. So benissimo che l’andamento del mercato azionario è differente dall’economia sottostante, e questo vale ancora di più per l’Italia: l’indice S&P500 è una rappresentazione sufficientemente buona dell’economia americana (un po’ meno oggi con la predominanza delle aziende tech), mentre l’indice FTSE MIB non lo è assolutamente della nostra.
  2. Ci sono molte eccellenze anche nel nostro paese, anche se a mio parere sono quasi tutte small/mid-caps: queste però sono proprio quelle che molti investitori (sia istituzionali che retail) tendono ad evitare per la loro volatilità (nei prezzi di mercato e nei fondamentali) e quindi spesso a comprare – e soprattutto vendere – nei momenti sbagliati (PIR docet).   
Detto in parole povere: bassa crescita reale → bassa crescita nei salari (reali) bassi consumi aggregati. È vero che molte aziende italiane, anche tra le PMI, sono oggi molto più internazionali che nel passato, ma tutte quelle che dipendono dalla domanda domestica per spese voluttuarie o che producono beni intermedi difficilmente vedranno i loro fatturati esplodere. [Per favore, non venite tra un mese a dire: “Moncler/Biesse/BasicNet/Cembre/B&C Speakers/Technogym/… è aumentata di 30%, non capisci proprio niente!”]

Una strategia passiva o una focalizzata sulle grandi aziende (le banche non possono fallire, ENI ed ENEL offriranno sempre un elevato dividendo, …) probabilmente porterà rendimenti deludenti, anche e soprattutto per le tendenze demografiche in corso (alle quali aggiungere che la nostra produttività per persona rimane drasticamente contenuta).

Le banche in particolare rimarranno mediocri (in aggregato: anche in questo caso ci saranno eccezioni): bassa crescita significa ridotta velocità nella circolazione della moneta e quindi pochi prestiti e poche commissioni per tutte le attività correlate. Migliori risultati possono venire solo dal consolidamento (con la riduzione dei costi ridondanti, in particolare le filiali) o da servizi accessori come asset/private wealth management.

Infine, tutti quei nuovi fondi di private equity (e spesso di private debt) che stanno partendo con l’obiettivo di “realizzare il valore nascosto nelle PMI italiane” devono certamente avere un processo d’investimento disciplinato, ma soprattutto una solida strategia di uscita. Non è difficile identificare aziende che necessitano di capitale per espandersi o per ristrutturarsi, ma come sarà realizzato questo valore per gli investitori (vendita ad un fondo più grande? quotazione in borsa?) quando per gli azionisti/famiglia di controllo è di gran lunga preferibile mantenere lo status quo?

4 commenti:

  1. Chiarissimo, e purtroppo tutto vero.
    Sulle banche sono più ottimista in quanto le piccole possono recuperare in caso di takeover da parte di una banca più grande, mentre le grandi possono godere dei benefici del consolidamento e del fatto che i contributi statali passano più o meno da loro e questo si traduce in commissioni (Ecobonus 110%).
    Mi aspetto un forte incremento di npl post Covid, tuttavia i valori a cui trattano oggi le banche maggiori (Intesa, UniCredit) e i livelli di capitale (anche a causa del mancato pagamento dei dividendi) mi fanno ritenere che vi sia valore.

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  2. Comunque alla fine di tutto il vero snodo per l’economia italiana e conseguentemente, essendo un fondamentalista, per le borse, sarà come verranno utilizzate le risorse del recovery fund.

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    1. con grande rispetto, non credo. Titoli singoli a parte, l'Italia - più di altri Paesi - ha un problema molto profondo, di moralità generale, di incertezza del diritto, di meritocrazia assente.
      La stagnazione è semplicemente la conseguenza.
      Poi, detto questo, anche io ho qualche titolo italiano, ma il problema è proprio a monte, secondo me

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    2. È bello leggere di ragazzi che si preoccupano di come verranno spesi i soldi del Recovery Fund. Saranno ragazzi giovani, poverini loro ci credono ancora nell'Italia.

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