giovedì 20 marzo 2014

Deficit pensionistici: come considerarli nelle valutazioni

Post tecnico, ma fondamentale per chi chiunque faccia stock picking. Il problema delle pensioni è infatti un tema attuale non solo in Italia ma in tutti i paesi occidentali (e presto lo sarà anche negli emergenti), compresi quelli nei quali i fondi pensione sono stati introdotti e sviluppati decenni fa. Proprio in questi casi, comprendere la natura e la dimensione delle passività pensionistiche è diventato cruciale per chiunque analizzi un’azienda.

Con l’introduzione dei principi contabili IFRS, i deficit pensionistici aziendali sono infatti balzati agli occhi di tutti, in quanto sono adesso on balance sheet, e le variazioni nel loro livello sono riportate direttamente nel Comprehensive Income Statement (non passano, cioè, attraverso il Conto Economico). Per alcune aziende questi cambiamenti hanno avuto recentemente un impatto drastico (vedere più sotto gli esempi di Lufthansa e ThyssenKrupp). Diviene quindi importante capire quali sono le caratteristiche di queste passività.

Come nascono
Molte aziende, soprattutto nei paesi anglosassoni, hanno da molti anni una qualche forma di programma previdenziale per i dipendenti, che possono essere di due tipi:

  • A beneficio definito (defined benefit plan/obligation schemes, DBPS): i primi piani pensionistici ad essere stati introdotti, l’azienda si impegna a pagare una certa somma in futuro quando il dipendente andrà in pensione. Questa somma dipende dalla durata dell’impiego presso l’azienda, dal salario, dall’inflazione, etc… Il rischio dell’esborso futuro è perciò a carico dell’azienda, che deve dunque riportare in bilancio una passività per l’ammontare stimato (e scontato al presente) di queste potenziali spese.
  • A contributo definito (defined contribution plan schemes, DCPS): in questo caso l’aziende si impegna solo ad investire (direttamente o indirettamente) un certo ammontare per conto dei dipendenti su base regolare (in genere una percentuale del salario mensile). Il rischio di quale somma si riceverà al momento della pensione è perciò a carico dei lavoratori e dipende da come i versamenti saranno investiti: in questo caso, l’azienda non deve registrare nessuna passività in bilancio.
Verrebbe quindi da chiedersi perché mai un’azienda possa preferire la prima opzione. I motivi, almeno nel passato, erano due: 1) in alcuni paesi solo i contributi per i DBPS sono deducibili dalle tasse; 2) i versamenti nei DCPS devono essere investiti in attività “esterne”, mentre quelli nei DBPS rimangono “all’interno dell’azienda” (non vi è un’effettiva uscita monetaria nel momento in cui sorgono).

Nonostante questi vantaggi, la risposta di molte aziende ai crescenti deficit previdenziali è stata di chiudere i DBPS ai nuovi dipendenti (rimangono tuttavia in vigore gli accordi precedenti), rimpiazzandoli con i DCPS. Nel lungo periodo, questo eliminerà il rischio a carico delle aziende, ma nel breve periodo i problemi sono solo attenuati, perché le vecchie obbligazioni rimangono e continuano a crescere. Nel 1994, tutte le aziende nell’indice FTSE 100 delle maggiori società inglesi avevano uno schema di tipo DBPS; oggi, solo una lo ha per i nuovi dipendenti. In aggiunta, 39 delle 100 aziende nell’indice hanno smesso di accumulare benefici anche per i membri esistenti del fondo, che significa che i loro pagamenti pensionistici futuri sono virtualmente congelati al livello attuale.

Funded vs. Unfunded DBPS
Nel caso di un DBPS, l’azienda può organizzare un fondo dedicato (funded plan) ed investire in attività finanziarie con l’obiettivo di cercare di coprire le obbligazioni future. Oppure può mantenere questi soldi all’interno dell’azienda e finanziarci le attività operative (unfunded plan). In entrambi i casi, dal punto di vista contabile le passività sono le stesse, ma nel primo caso solo l’ammontare netto del fondo dedicato (attività meno passività) viene riportato in bilancio. In alcuni casi, peraltro rari, ci sono aziende che hanno un valore netto positivo – gli attivi del fondo sono superiori alle passività stimate -, nel qual caso tale valore è riportato tra gli investimenti dell’azienda, anziché tra le passività. Per chi fosse interessato ai dettagli contabili, KPMG ha predisposto un’utile guida.

Come considerare economicamente le passività pensionistiche
Come già detto nel post su come calcolare l’Enterprise Value, le passività previdenziali sono a tutti gli effetti debito senior. Questo perché in molte giurisdizioni non essere in grado di effettuare i pagamenti quando dovuto è considerato un evento di default: non esiste un modo legale di ridurre o posticipare unilateralmente questi pagamenti, una lezione che è stata imparata in maniera drammatica da General Motors nel 2008 (sicuramente ricorderete che sono state proprio le passività previdenziali e sanitarie a spingere GM sull’orlo del fallimento e costringerla ad una ricapitalizzazione con soldi pubblici). In genere non hanno però nessuna precedenza o garanzia specifica sugli assets aziendali, e quindi sono considerate pari passu con i debiti bancari. Fa eccezione UK, dove i trustee del fondo pensione possono richiedere all’azienda un pagamento immediato in caso di deficit eccessivo, e quindi si potrebbe assumere che queste passività sono senior rispetto agli altri debiti. Ad aprile 2012, l’azienda di maglieria inglese Dawson International, peraltro in attivo, è dovuta entrare in amministrazione controllata perché non è riuscita a far fronte alla richiesta di £129 milioni di sterline da parte dei trustee del fondo pensione: 

“… the deficits have widened, mainly due to changes in actuarial assumptions, and associated costs have risen significantly.”
Le passività previdenziali devono pertanto essere aggiunte agli altri debiti finanziari nel definire il rapporto tra debiti e mezzi propri, ma anche per determinare il capitale impiegato dall’azienda per calcolare ROCE e ROIC.

Il problema è che se un’azienda emette un bond, sappiamo esattamente quanto l’azienda dovrà ripagare e quando, sia in termini di interessi che di nozionale. Per le passività pensionistiche si possono invece solo stimare i pagamenti futuri, perché questi dipendono da:

  1. come evolverà il salario dei dipendenti prima di giungere al momento della pensione
  2. per quanto tempo ancora un dipendente lavorerà per l’azienda
  3. per quanto tempo il dipendente vivrà dopo essere andato in pensione
  4. come si comporterà l’inflazione (in molti piani i pagamenti sono legati all’inflazione)
È per questi motivi che ogni azienda riporta nelle note al bilancio le assunzioni fatte in termini attuariali, oltre a quelle sui tassi di sconto utilizzati per portare i flussi futuri al valore presente. Nonostante la loro importanza, i principi contabili non definiscono un set preciso di parametri da utilizzare, ed ogni azienda è più o meno libera di scegliere. Ad esempio, senza entrare nei dettagli tecnici, IFRS richiede che i pagamenti futuri siano scontati utilizzando “un singolo tasso d’interesse per obbligazioni corporate high grade”. Questo vuol dire che molte aziende finiscono per utilizzare il rendimento di obbligazioni corporate con rating AA a lunga scadenza.

C’è una cosa che però accomuna queste passività: sono veramente di lungo periodo, e quindi anche piccole variazioni nei parametri usati possono avere un impatto significativo sul loro valore attuale. Utilizzare un singolo tasso per scontare tutti pagamenti futuri come richiesto da IFRS porta a sottovalutare i pagamenti a breve scadenza. Se la curva dei tassi è piatta, la differenza è ridotta. Ma se la curva dei tassi è molto ripida, la differenza può essere enorme

Se ci concentriamo sul mercato inglese, per il quale esistono statistiche molto dettagliate, possiamo capire meglio i diversi scenari e l’impatto che possono avere sui valori riportati in bilancio:

  • Molte aziende hanno oggi una visione più realistica di quelli che possono essere i rendimenti futuri dei fondi pensione: alcune utilizzano un rendimento atteso dalle azioni del 5%, ma c’è anche chi usa 8,5%;
  • La vita media delle persone sta aumentando, ed alcune aziende utilizzano nei loro calcoli un’attesa di vita di 91 anni per chi va in pensione a 65. La vita media attesa è cresciuta di 3 anni negli ultimi 7 anni;
  • Il tasso di sconto utilizzato per attualizzare i valori futuri dovrebbe essere sensibilmente ridotto visti i livelli attuali dei tassi, e quindi le passività dovrebbero essere superiori. Ma anche qui c’è chi usa un valore di 4,1% (British American Tabacco) e chi 5,5%.
L’impatto dell’inflazione
L’andamento futuro dell’inflazione è forse l’elemento più importante da analizzare quando si parla di pensioni, ma è anche quello meno compreso.

I fondi pensione funzionano in genere nel seguente modo:

  • Fase attiva / di accumulazione: per i dipendenti attivi, ogni anno di lavoro presso l’azienda matura una promessa di pensione sulla base del salario corrente. Quindi, più anni s rimane nell’azienda e più si guadagna, e maggiore è la promessa di pagamenti futuri da parte dell’azienda. Questa deve riportare nelle note al bilancio quali ipotesi utilizza per stimare l’aumento dei salari, che è a sua volta una funzione dell’inflazione e di eventuali promozioni. Chi lavora a lungo in un’azienda e viene promosso, di solito vede aumentare il proprio salario oltre il livello di inflazione. Nonostante questo, è abbastanza corretto assumere che nella maggioranza dei casi l’inflazione sarà riflessa in un aumento dei salari.
  • Fase passiva / di payout. Quando un dipendente va in pensione, comincia a percepire un pagamento mensile, spesso legato all’inflazione. In Germania, ad esempio, questo è legato alla CPI (Consumer Price Inflation) tedesca, ma con un aumento minimo di 1% annuo in ogni caso.
Quello che molti non notano è che un aumento permanente dell’inflazione ha un effetto di compounding, e l’opposto vale ovviamente in caso di deflazione. Un mito molto comune è che la componente di inflazione non è così importante come i profitti dell’azienda o i tassi d’interesse nominali. L’argomentazione è che i profitti aumenteranno con l’inflazione; in aggiunta, i tassi d’interesse nominali andranno automaticamente su, annullando così l’aumento delle passività future (che valgono meno in valore attuale perché scontate ad un tasso maggiore).

Riguardo il primo punto, non tutte le aziende riescono a passare l’inflazione ai propri clienti e quindi mantenere (o addirittura aumentare) i profitti. Questo può essere vero per aziende asset-light (software), ma non per quelle in settori capital intensive. Le aziende con larghi deficit pensionistici sono vulnerabili all’aumento dell’inflazione. L’esempio tipico sono le utilities, dove i prezzi sono legati all’inflazione ma in genere con un cap imposto dalle autorità, mentre i loro costi ed investimenti crescono più rapidamente.

Per il secondo punto, la regola è: quando l’inflazione aumenta, le banche centrali aumentano i tassi di sconto per controllarla. Questo è stato vero negli anni 1970 e 1980, ma questa volta la situazione potrebbe essere diversa: oggi le banche centrali in quasi tutto il mondo vogliono inflazione più alta e tassi bassi, in modo da abbattere il valore nominale dei debiti pubblici. Non è chiaro se ci riusciranno (per il momento no), ma potrebbe essere rischioso assumere un aumento automatico dei tassi d’interesse con un incremento dell’inflazione. 

Alcuni esempi
Il modo migliore per comprendere l’impatto economico di quanto discusso finora è di utilizzare alcuni casi reali.

Lufthansa. Tra le aziende europee che ho analizzato, Lufthansa è una di quelle con i più seri problemi pensionistici. Fino al 2012 Lufthansa ha potuto beneficiare di una sorta di dilazione nel lungo periodo prima di riportare l’ammontare delle passività previdenziali in bilancio. Ma l’introduzione di IFRS 19 ha cambiato tutto questo, e nel report annuale per il 2012 (reso noto a marzo 2013) l’azienda scriveva (enfasi mia):

Change in accounting standard IAS 19 will lead to higher pension provisionsThe Group runs defined benefit pension plans for staff in Germany and abroad, which are funded by external plan assets and by pension provisions for obligations in excess of these assets. In the context of these defined benefit pension plans, the amendments to the accounting standard IAS 19, Employee Benefits, applicable as of 1 January 2013, mean that actuarial gains and losses from the revaluation of pension obligations and the corresponding plan assets are recognised immediately and in full in equity, without effect on profit and loss. One important effect of this retroactive application of the standard will be that the balance of actuarial losses previously carried off- balance-sheet will be offset against equity at one stroke as of 1 January 2013. After accounting for taxes, this will reduce Group equity by EUR 3.5bn. The change in the accounting standard does not result in higher pension payments, however, nor does it establish an obligation to make additional contributions to fund assets.
E nella trimestrale per di Q1 2013 (pubblicata a maggio), aggiungeva:
The revised version of IAS 19 Employee Benefits (revised in 2011, IAS 19R), application of which has been mandatory from 1 January 2013, had a substantial influence on the presentation of the assets and financial position in this interim report. The revision caused pension obligations and other provisions under partial retirement and similar programmes to go up by a total of EUR 3.8bn as of 1 January 2013 compared with the financial statements for 2012.
Tuttavia, alcune scappatoie nell’applicazione dei principi contabili hanno permesso a Lufthansa, dopo aver pubblicato il bilancio 2012, di scaricare parte dei costi sugli anni precedenti, mostrando in Q1 2013 una diminuzione dell’equity di soli €262 milioni. Questo è, purtroppo, assolutamente legale, anche se è stato fatto a maggio 2013 e niente era stato detto a marzo 2013, quanto la cosa era ovviamente già nota. Perché lo hanno fatto? Semplicemente per cercare di mascherare il fatto che il valore dell’equity era sceso da €8,2 miliardi (al 31.12.2012 come da report non ricalcolato) a €4,8 miliardi (report al 30.3.2013, ricalcolato): una diminuzione di oltre il 40% dei mezzi propri! [NB: l’equity non è “sparita”, è stata “modificata” dal punto di vista contabile e come sappiamo i bilanci vanno non solo letti ma anche interpretati, e Lufthansa non ha perso niente in termini di flotte, aerei, brand, etc… Tuttavia, la leva contabile dell’azienda è dal 2013 molto superiore a quella precedente.]

ThyssenKrupp. Altro gigante tedesco del DAX, altri misteri nella contabilizzazione dei debiti previdenziali. Nella presentazione agli analisti a maggio 2013 (disponibile qui), l’andamento dell’equity è riportato solo velocemente in una tabella. E nel report intermedio per i primi sei mesi dell’anno fiscale 2013 (al 30 marzo 2013), l’equity è di circa €3,6 miliardi, in diminuzione rispetto ai €4,5 miliardi di settembre 2012, dovuti interamente (sembra) a minori retained earnings. Ma se si torna alla presentazione precedente, nella slide 26 si nota che un anno prima l’equity era di €8,8 miliardi, per una riduzione del 60%! Anche ThyssenKrupp, come Lufthansa, ha cercato di “mascherare” in qualche modo la diminuzione dell’equity, ma il significato economico è ben chiaro.

BT (British Telecom). L’azienda inglese ammoniva nel report 2013:

“We have a significant funding obligation in relation to our defined benefit pension schemes. Low investment returns, high inflation, longer life expectancy and regulatory changes may result in the cost of funding BT’s main defined benefit pension scheme, the BT Pension Scheme (BTPS), becoming a significant burden on our financial resources.”
Il fondo pensione di BT è chiuso ai nuovi dipendenti dal 2001. Tuttavia, con 44.000 contribuenti, 193.000 pensionati attuali e 80.500 membri attesi in futuro, rimane uno degli schemi più grandi in UK. L’azienda ha anche provato ad innalzare l’età pensionabile da 60 a 65 anni ed a parametrare l’importo della pensione sul salario medio nel corso della carriera (aggiustato per l’inflazione) anziché su quello finale, ma nonostante questo il deficit continua a crescere.

BAE Systems, ITV, Diageo. Altre aziende inglesi hanno trovato metodi più “creativi” per ridurre il peso delle passività previdenziali. Quello più diffuso è trasferire i rischi futuri delle pensioni ad una società assicurativa: in cambio di un pagamento upfront, l’assicurazione si assume tutti (o alcuni) dei rischi che fino ad oggi erano a carico dell’azienda. Ad esempio, BAE Systems ha stipulato un longevity swap con una assicurazione, che ha l’effetto di limitare il rischio di un aumento dell’attesa di vita dei beneficiari (un aumento oltre il limite fissato sarà a carico dell’assicurazione), eliminando quindi una delle variabili nel suo DBPS. Altre aziende hanno fatto un accordo con i trustee con i quali faranno maggiori versamenti nel fondo a seconda della performance aziendale: ITV, ad esempio, pagherà di più se il margine operativo sarà superiore al 10% del fatturato. Infine, altre aziende hanno fatto dei versamenti in natura nei fondi: Diageo ha apportato al fondo pensione parte delle scorte del suo miglior whisky al momento in invecchiamento.

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