giovedì 11 febbraio 2016

“Do you homework” ed altre considerazioni

Non passa giorno senza che sentiamo qualcuno dire quanto i mercati siano “challenging” e che siamo prossimi al ripetersi del 2008. Giusto per ricordare un concetto banale ma evidentemente non sufficientemente chiaro, l’incertezza nei mercati finanziari è la regola, non l’eccezione. I mercati attuali non sono né più né meno “challenging” di quanto lo siano stati nel passato: quello che li rende differenti è che oggi non si può più fornire beta, incluso levered beta, e spacciarlo per alpha (e tralasciamo tutti quei fondi venduti come Absolute Return e che non lo sono nemmeno lontanamente).

Piuttosto che prendersela con gli speculatori, i gestori pavidi, gli investitori miopi o i politici ed i regulators incompetenti, sarebbe molto più produttivo fare un passo indietro, pensare in maniera critica, essere più pazienti, e cercare di fare meno errori. "Money flows from the active to the patient"

A questo scopo, trovo molto significativo questo passaggio in un’intervista a Steve Eisman, uno dei protagonisti (reali) del film “The big short”.
D: “Is there any wisdom you can impart to average investors?”
R: “Do your own homework. I can’t overstate the importance of this. When things start to go bad, speaking to the management of the company may be the worst thing you can do. You can walk away thinking things are okay when in fact they’re not, because seeing outside your own paradigm is sometimes the hardest thing to do. In the big-bank industry from 1995 up until the crisis, every year was basically a good year. Every year, people got paid more, and every year the leverage got bigger. What happened is that the people who ran these firms mistook leverage for genius. If you had gone to one of the senior people in one of these firms in 2006 or 2007 or 2008 and said, “Dude, the entire assumptions by which you have governed your career are wrong,” they would have said, “Are you crazy? I made $50-million last year. How could I be wrong?
L’esempio più lampante di come gli investitori, inclusi quelli professionisti, non facciano i compiti a casa è quello del CoCo (contingent convertible) di Deutsche Bank. Questo articolo di FT Alphaville spiega in maniera egregia come molti analisti non hanno capito esattamente di cosa si tratti, compresi molti investitori che lo hanno acquistato all’emissione nel maggio 2014. Per chiarire alcune delle inesattezze sentite in questi giorni: questo bond non scade ad aprile e DB non rischia il default se non lo ripaga. Quello che era in dubbio era il pagamento delle cedole per il 2016 e 2017, che da prospetto sono possibili solo sotto determinate condizioni. 

DB è stata “costretta” a dichiarare che è assolutamente in grado di fare questi pagamenti. Questo ha tuttavia spaventato ancora di più gli investitori: quando si sente una banca rassicurare che ha sufficiente liquidità si pensa sempre che invece non ce l’abbia. Il problema, di nuovo, è che molti non fanno i compiti e si fermano ai titoli delle news. Il punto non è se DB ha liquidità per fare i pagamenti, ma se questi saranno permessi dalle condizioni del prospetto, legate all’esistenza di profitti contabili calcolati con i principi GAAP tedeschi. DB ha spiegato questo fatto nel suo comunicato (“The final AT1 payment capacity will depend on 2016 operating results under German GAAP (HGB) and movements in other reserves”), ma evidentemente sono pochi quelli che si sono preoccupati di leggerlo fino alla fine. (Per essere chiari, non sto assolutamente consigliando di comprare DB o le sue obbligazioni subordinate, anzi.)

Last but not least, un po’ di colore: alcuni giorni fa Goldman Sachs ha scritto ai propri clienti chiedendo loro di “dimenticarsi” di ben 5 dei 6 migliori trade per il 2016 che aveva consigliato meno di due mesi fa… (idea raccolte anche qui)

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