venerdì 14 dicembre 2018

Aggiornamento portafoglio: Eurobank Ergasias (& Grivalia)

Un follow-up del post dello scorso anno sulle possibili opportunità in Grecia, dove indicavo le banche tra i settori con il potenziale migliore, anche se nel 2015 ero stato molto più scettico in due post qui e qui.

Qualcosa è cambiato, ed anche la mia opinione.


La predilezione umana per le storie si manifesta ripetutamente nei mercati, perché sono intuitive e quindi facili da vendere. I dati ed i fatti, al contrario, sono spesso complessi, conflittuali e più difficili da comprendere istintivamente. Per questo motivo le aziende deep value sono invariabilmente quelle con una narrativa poco attraente.

Questo è esattamente quello che continua a circondare il futuro delle banche greche: da inizio anno i loro prezzi si sono schiantati tra -30%
e -70% toccando nuovi minimi storici. Ci sono molti aspetti in questa narrazione, alcuni nuovi ed altri vecchi. Tra quelli di vecchia data: la Grecia sarà per sempre senza speranza all’interno dell'Unione Europea; il suo governo è irreparabilmente insolvente; e le sue banche sono continuamente sul baratro ed avranno bisogno di ricapitalizzazioni perpetue. A questi si sono poi aggiunti alcuni argomenti più recenti: come l’Italia, anche la Grecia sfiderà l’austerità perché il governo si rifiuta di tagliare la spesa per raggiungere gli obiettivi concordati di riduzione del debito pubblico (ha già fatto marcia indietro sulle riforme pensionistiche programmate per il 2019), che rimane ad oltre 180% del PIL. Questa riluttanza ad esercitare la disciplina di bilancio significa che lo stato greco è sicuramente in bancarotta.

Inoltre, recentemente è stato annunciato un piano per rimuovere circa metà delle sofferenze detenute dalle banche tramite la creazione di una società veicolo che acquisterebbe questi prestiti, una misura che molti hanno giudicato come un futile e disperato atto di ingegneria finanziaria.

Aggiungiamo la decisione di MSCI di rimuovere tre delle quattro banche dal principale indice di riferimento e si capisce come molti investitori non vedano l’ora di scaricare le azioni.

Questo articolo di The Telegraph di qualche settimana fa è solo uno dei tanti che rappresenta il sentimento generale:

[…] Greece’s fresh drama has crept up on markets almost unawares. Most investors thought the eight-year crisis had been put to rest with the end of the EU’s third rescue programme in August, even though the International Monetary Fund warned that Greece was still fundamentally insolvent without full debt relief. It said the country “could struggle to maintain market access over the long run”.
[…] “The Greek banks are walking dead. Credit has been shrinking every single month and they are not providing the normal function of banks in an economy. They have been burning up their capital and there isn’t a penny for recapitalisation. When the real music starts this will become obvious,” he said.
C’è un solo problema con questa narrativa: non è supportata dai fatti.

È questo il caso di Eurobank Ergasias (EUROB GA): dai vari articoli sembrerebbe che la banca sia sul punto di fallire, invece da inizio 2017 ha registrato in media €40 milioni di utili pre-tasse a trimestre e per l’intero 2018 la stima è di €180 milioni.

Vediamo allora la situazione patrimoniale, utilizzando alcune slides dell’ultima presentazione. Come si può vedere a pag. 47, dopo le vere crisi di liquidità del 2012 e 2015 i depositi del sistema bancario greco sono costantemente aumentati, mentre la necessità dei finanziamenti della BCE (incluso ELA - Emergency Liquidity Assistance) è costantemente diminuita.

Per Eurobank in particolare sono proseguiti gli afflussi di depositi (+13% su base annua) mentre il rapporto tra prestiti e depositi è sceso in un solo anno da 112% a 95%, portando la dipendenza dai finanziamenti della banca centrale praticamente a zero.
Considerazioni simili si possono fare per NPE (non-performing exposure): non solo non sta peggiorando, ma per 8 trimestri consecutivi EUROB ha ridotto la loro formazione a tassi negativi (cioè il valore dei prestiti “curati/risolti” supera la formazione di nuovi incagli). Considerando le altre azioni intraprese (vendite, cancellazioni e liquidazione di garanzie), nei primi 9 mesi dell’anno EUROB ha ridotto l’ammontare di NPE di ben €2,3 miliardi. Si può dibattere sull’adeguatezza del capitale della banca e delle sue riserve rispetto a questi crediti inesigibili (NPE lordi sono ancora 40% dei prestiti totali), ma questa non è certo una novità. Non sembra esserci nessuna "crisi di liquidità": al contrario la situazione patrimoniale della banca sta chiaramente migliorando.
Anche l’economia greca sta (molto lentamente) cominciando a guarire: la crescita del PIL è tornata a +2% e la disoccupazione, dopo aver toccato un picco di 28% nel 2013, è ora scesa a 19% e continua a diminuire. Questo perché dopo un decennio di dolorose riforme, riduzione della leva finanziaria e forte deflazione, la Grecia ha corretto i suoi principali squilibri: l’ultimo a rimanere è il troppo debito pubblico, anche se oggi la bilancia delle partite correnti è in pareggio.
Nei primi 9 mesi dell’anno EUROB ha erogato nuovi prestiti per €3 miliardi: anche l’asserzione che le condizioni del sistema bancario greco stanno ostacolando la capacità di fornire supporto alla ripresa economica è chiaramente falsa, almeno nel caso di Eurobank. È vero che complessivamente i prestiti nel sistema sono in calo, ma non perché le banche non abbiano la capacità o la volontà di concederli: riflette piuttosto la cancellazione di quelli incagliati ed il deleveraging in atto da parte dei clienti. Questo è positivo: è difficile vedere la spirale di una nuova crisi quando le condizioni di liquidità stanno migliorando, i crediti inesigibili stanno diminuendo e le banche stanno facendo nuovi prestiti.

Il livello di crediti inesigibili rimane invero molto elevato, ma negli articoli si trascurano spesso alcuni fattori importanti:

  1. Nel caso di Eurobank 54% degli NPE e 68% degli NPL è già stato svalutato: questo riduce l’ammontare netto di prestiti incagliati da €17 miliardi a €8 miliardi (18% del totale). Il trend di riduzione di NPE ammonta oggi a circa €500 milioni l’anno, mentre i profitti pre-accantonamenti (al netto dei costi operativi) sono di quasi €1 miliardo: a questo ritmo i prestiti incagliati potrebbero essere risolti in 4-5 anni (senza contare il seguente punto).
  2. Gran parte dei prestiti ha una qualche forma di collaterale (in genere immobiliare) a garanzia. La tabella seguente mostra che 89% dei crediti al consumo (senza garanzia) sono già stati ridotti dagli accantonamenti; per i mutui la percentuale è solo di 42%, ma includendo la garanzia la copertura sale a 111%. 
Dato che i prezzi degli immobili sono crollati di circa il 40% ai minimi, e che per la prima volta dopo 10 anni hanno finalmente ripreso a salire, questo livello di copertura è probabilmente adeguato.
È importante sottolineare (come fatto anche nel post precedente) che uno dei motivi per i quali molti prestiti inesigibili sono ancora a bilancio è che in Grecia, come in Italia, è molto difficile per le banche escutere e liquidare le garanzie. Quando i crediti inesigibili vengono completamente rimossi è un’ammissione che non sono possibili ulteriori recuperi: ad esempio quando una società è stata liquidata e tutte le potenziali vie legali sono già state perseguite. Tuttavia, anche la Grecia ha attuato alcune riforme che consentono oggi alle banche di far valere più facilmente i loro diritti: il ritmo delle aste immobiliari è aumentato sensibilmente quest'anno, riducendo anche l'incidenza dei defaulters strategici (quelli che potrebbero pagare ma non lo fanno).

Questo vuol dire che NPE ancora a bilancio non sono necessariamente contabilizzati ad un valore superiore a quanto recuperabile: EUROB ha appena venduto un portafoglio di NPL di €1 miliardo ad un prezzo in linea con quello di bilancio (“the transaction will be P&L and capital neutral”).


Tutti questi fattori spiegano come Eurobank sia stata in grado di ridurre NPE di €2,3 miliardi ed essere contemporaneamente redditizia: questo sarebbe stato impossibile se il valore contabile e la qualità dei prestiti fosse drammatica. 

Questo non vuol dire che NPE non continuino a pesare: il costo del rischio è ancora attorno a 2% annuo, circa €700 milioni di accantonamenti che gravano sulla redditività (ROE rimane un misero 3%-4%). Eurobank vorrebbe scendere a 1% entro 2021: come riferimento, le banche italiane sono riuscite a ridurlo da 200 bp qualche anno fa agli 80 bp – 100 bp odierni. Questo è il tipico playbook con il quale le banche in via di recupero utilizzano la redditività organica pre-accantonamenti per “cancellare/ridurre” i crediti inesigibili, quindi ricapitalizzandosi lentamente (ma invisibilmente) attraverso le risorse generate internamente. E questo è già in corso da qualche tempo, per non parlare del fatto che sono già state fatte tre ricapitalizzazioni, così che una parte significativa del processo di accantonamento dei crediti inesigibili è già stata completata. Quanto è ancora necessario?

Come detto, i prestiti al consumo sono quasi completamente accantonati, rimangono solo €150 milioni. La situazione è più difficile da analizzare per i prestiti corporate ed a PMI: l’esposizione lorda è di €9,5 miliardi, meno €5,4 miliardi di accantonamenti che lasciano €4,1 miliardi “scoperti”. Molti di questi prestiti hanno una garanzia (nel caso di PMI, spesso di nuovo di tipo immobiliare) ed EUROB afferma che includendo il collaterale gli accantonamenti sono di 101%-105% (vedere tabella precedente). Assumiamo che la garanzia copra solo metà della differenza, ovvero che EUROB sia in difetto di accantonamenti per circa €2 miliardi. Con utili pre-accantonamenti di quasi €1 miliardo, ai trend attuali bastano 2 anni per coprire il deficit, anche assumendo che l’economia greca non recuperi affatto. Anche se ci volessero 3 anni, rimarrebbe sempre all’interno dell’accordo con le autorità europee per ridurre NPE sotto 15% entro il 2021.


Su questo si inserisce la recente proposta della SPV da parte della Banca Centrale di Grecia: il progetto prevede che le banche cedano crediti inesigibili (al valore contabile) in cambio della cancellazione delle loro imposte differite (DTA – deferred tax assets). Molti hanno visto questa operazione come negativa per il capitale delle banche: potrebbe esserla, a seconda delle situazioni, perché DTA fanno parte del capitale, che sarebbe quindi ridotto se cedute, mentre i prestiti sarebbero venduti al valore svalutato. Tuttavia, la cessione dei prestiti ridurrebbe anche le attività ponderate per il rischio (RWA – risk weighted assets), riducendo la quantità di capitale che devono detenere. Più importante è osservare che il piano sarà volontario piuttosto che obbligatorio: le banche potranno scegliere i prestiti peggiori e risolverli tramite trasferimento di DTA, e farlo solo per un ammontare che sia economicamente vantaggioso per loro.

Questo non è un ultimo disperato tentativo di ingegneria finanziaria da parte dello stato greco per evitare un'altra crisi: è un'iniziativa ragionevole, creativa e opportunistica che aiuterebbe le banche greche a monetizzare le loro considerevoli DTA (solo Eurobank ne ha oggi quasi €5 miliardi, delle quali €4 miliardi di pertinenza della Grecia).

Infine, non sono da trascurare le operazioni internazionali (Bulgaria, Cipro, Serbia), che sono alquanto redditizie contribuendo da sole €130-140 milioni di profitti netti annui. Con l’acquisizione delle attività bulgare di Piraeus Bank per €75 milioni, EUROB stima che le sinergie possano aggiungere altri €20-25 milioni: oggi è la terza banca nel paese, con una quota di 12% in un altro mercato molto concentrato. Con un totale di €150 milioni ad un multiplo di 6x le attività internazionali possono valere circa €900 milioni, rispetto ad una capitalizzazione complessiva di €1,1 miliardi, assegnando quindi un valore quasi pari a zero alle attività in Grecia. Storicamente questo poteva essere giustificato, dato che le varie ricapitalizzazioni hanno spazzato via gli azionisti. Ma con questa prospettiva alquanto remota (non impossibile, ma remota si), EUROB dovrebbe essere in grado di mantenere un livello complessivo di utili netti di €200 milioni annui, e potenzialmente aumentarli a €300 ed oltre dal 2021 se mantiene gli impegni del piano. Questo sembra offrire un sufficiente margine di sicurezza.

Fusione con Grivalia
Non è finita. Mentre stavo completando l’analisi è arrivato l’annuncio della fusione con Grivalia Properties (GRIV GA). Un po’ paradossale, perché fino al 2014 Grivalia si chiamava Eurobank Properties Real Estate Investment Company, e come il nome implica EUROB era l’azionista di maggioranza: a luglio 2017 ha ceduto la sua partecipazione rimanente di 20%, mentre oggi si ricompra tutta Grivalia!

Visto che anche GRIV era nella mia lista di opportunità, questa potrebbe sembrare un’ottima notizia: in realtà la transazione è economicamente favorevole per gli azionisti di Grivalia, anche se aiuta EUROB nel ridurre il rischio estremo di un’ulteriore ricapitalizzazione forzata. L’accordo prevede che GRIV apporti circa €1 miliardo di immobili (prevalentemente in Grecia) in cambio di nuove azioni EUROB che daranno agli azionisti di GRIV una partecipazione di 41% nella nuova entità: questo è più vantaggioso per GRIV perché scambia proprie azioni che trattano ad un P/BV di 0,8x con quelle di EUROB che sono solo ad un P/BV di 0,2x. Sia l’operazione che il concambio dipendono probabilmente dalla presenza nel capitale di entrambe di Fairfaix Financial, maggiore in Grivalia (51%) che Eurobank (18%): alla conclusione dell’operazione FFH sarà il primo azionista con il 33%.

Lo scopo sembra duplice: i nuovi attivi immobiliari permetteranno a EUROB di aumentare il patrimonio di €1 miliardo e quindi accelerare la rimozione dei crediti in sofferenza. In concomitanza, Eurobank intende infatti cartolarizzare e de-consolidare €7 miliardi di prestiti problematici, che si stima ridurranno il capitale di €1,1-1,4 miliardi, ossia approssimativamente pari a quanto ricevuto da Grivalia. Tuttavia, si prevede che ciò consentirà la riduzione di NPE a 15% entro la fine del 2019, due anni prima rispetto all’obiettivo del 2021. Come detto in precedenza, questo sarebbe stato ottenuto in 2-3 anni con le risorse interne: con la fusione, Eurobank accelera il piano ma deve cedere il 41% della società (da qui il vantaggio per gli azionisti di Grivalia). Quello che Eurobank guadagna è l’esperienza di un gestore dedicato all’immobiliare, anche nell’ottica dell’escussione delle garanzie sui prestiti: date le potenziali sinergie, questa strada è preferibile ad un equivalente aumento di capitale.  

Conclusione
Il settore bancario greco è molto concentrato e controllato da soli quattro attori, offrendo l'opportunità per un oligopolio altamente redditizio dopo i disastri degli ultimi dieci anni, mentre un'economia in ripresa offrirà anche l’opportunità per la crescita dei prestiti.

Ci sono ovviamente dei rischi. Il principale è politico: con le elezioni previste per il prossimo anno, l’esempio dell’Italia potrebbe favorire i partiti che sostengono una spesa pubblica più alta. Senza contare i possibili interventi di Bruxelles, che dovrebbero però essere minimi finché l’attuale ripresa economica continua. Gli stress test sulle banche greche sono state anticipati a maggio di quest’anno per far si che i risultati fossero disponibili prima del completamento del terzo programma di aiuti di ESM che si concludeva ad agosto. I risultati dimostrano che, nello scenario di base, oggi le banche greche sono sufficientemente capitalizzate: in caso di scenario avverso, il capitale si riduce velocemente (CET1 ratio attorno a 7%), ma a livelli tutto sommato gestibili e ben lontani dai valori di alcuni fa. Come paragone, per UBI e Banco BPM il CET1 ratio negli stress test appena pubblicati per le altre banche europee scende nello scenario avverso a 8%-8,5%.

Ai prezzi attuali, la sola Eurobank quota ad un P/BV di 0,2x ed un P/E di 6x: quello che importa però è come sarà l’azienda dopo la fusione, e qui i calcoli si fanno più complicati ed aleatori. Con le operazioni discusse sopra il book value post-fusione dovrebbe essere di €4,8 miliardi: con 3,8 milioni di nuove azioni in circolazione equivale a €1,3 per azione (P/BV prospettico di 0,4x). Tuttavia la qualità del bilancio sarebbe di gran lunga migliore, con i prestiti peggiori ceduti, accantonamenti sufficienti e migliori prospettive di recupero.

Con utili pre-accantonamenti stimati in oltre €1 miliardo nel 2020 (€975 milioni provenienti da Eurobank e €60 milioni da Grivalia), accantonamenti normalizzati per €300 milioni (1% dei prestiti in bonis) ed una tassazione di 29%, gli utili netti sarebbero:
 

(€1.000 – €300) x (1-29%) ≈ €500 milioni

ovvero €0,13/azione (che corrisponde al ROTE di 10% ipotizzato per il 2020). Al prezzo attuale di €0,52 questo si traduce in un P/E di 4x per la nuova entità.

EUROB ha però €4 miliardi di DTA in Grecia: con un utile pre-tasse di €700 milioni e tassazione di circa €200 milioni, a questo trend non dovrebbe pagare tasse (in contanti) per due decenni: gli owners’ earnings sono quindi più vicini a €0,18-0,19, per un P/E <3x.

Eurobank sarà il primo gruppo bancario ad emergere ben capitalizzato ed in grado di acquisire attività in difficoltà, incluse quelle di altre banche che si stanno ancora ridimensionando, per continuare a costruire la propria presenza regionale come ha fatto recentemente in Bulgaria. Nel delineare la sua strategia aumenterà probabilmente anche l'influenza di Fairfax Financial.

Non è un investimento a basso rischio, data la volatilità dell’azione: ho deciso tuttavia che il rapporto rischio/rendimento è attraente e ho comprato una posizione di 4% del portafoglio al prezzo corrente di €0,52.

4 commenti:

  1. Ciao Matteo, interessante situazione.
    Osservando il grafico di EuroB vedo che il 30/11/18 sono state scambiate 156mil di azioni contro una media inferiori ai 7mil. La notizia della fusione è stata resa pubblica quel giorno ?

    Saluti
    Emiliano
    mydividend.eu

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  2. L'annuncio della fusione è di lunedì 26/11

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  3. L’analisi è molto interessante e “recupera” le considerazioni applicabili anche alla situazione del sister a bancario italiano. Peraltro, grazie alla salita dello spread degli ultimi mesi, le banche italiane sono scese molto. La narrativa è negativa ma i fatti sono andati in altra direzione (anno record per cessione NPE).
    Sulla banca greca, livelli alti di NPE lordi, seppur coperti bene dalle provision, rischiano di rivelarsi una minaccia di aumenti di capitale iperdiluitivi (alcune esperienze italiane parlano chiaro) anche se qui pare che ci siano utili che consentano di “creare” capitale. Rimane il rischio che il regolatore imponga delle accelerazioni nello smaltimento degli NPE. Interessante comunque, ci darò un’occhiata, seppur la mia esposizione alle banche sia già consistente, i multipli di ingresso sono davvero attraenti. Grazie

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    1. Questa è a tutti gli effetti una ricapitalizzazione: più vantaggiosa per Grivalia, ma più economica che raccogliere €1 miliardo sul mercato.

      L'accordo con le autorità europee prevede che scenda ad NPE di 15% entro 2021: con questa operazione dovrebbero raggiungerlo entro 2019. Finchè rispetta questa tabella, ed a meno che la situazione economica in Grecia non precipiti, non dovrebbero esserci altre ricapitalizzazioni forzate. Almeno per Eurobank, per le altre banche non ho controllato i dettagli.

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