mercoledì 4 marzo 2020

Grafici ed altre considerazioni sparse: tassi d’interesse, buyback e settori

Mercoledì 3 marzo la Fed ha tagliato i tassi d’interesse di 50 bps, la prima decisione di “emergenza” (ovvero al di fuori dei meeting già pianificati) dal 2008. Dopo una partenza positiva, i mercati hanno tuttavia chiuso di nuovo in rosso (S&P500 -2,8%).

Nonostante questa mossa fosse stata largamente anticipata (e da molti richiesta), non è servita a capovolgere il trend delle ultime sedute. Le decisioni delle banche centrali hanno sicuramente un impatto sui mercati finanziari (vedi QE, espansione del credito, bolle, …), ma contrariamente a quello che si pensa non hanno il potere di determinarne la direzione.


Per avere la riprova, basta guardare alla storia, e non parliamo della Grande Depressione ma degli ultimi 20 anni. Allo scoppio della bolla Internet, la Fed tagliò i tassi di ben 5% (da 6,5% fino a 1,5%) ma non riuscì, nonostante alcuni marcati rimbalzi in brevi periodi, ad evitare un crollo di S&P500 di -40% in due anni. [I due grafici seguenti riportano nella scala a destra il valore di SPY – ovvero SPDR® S&P 500 ETF Trust – anziché direttamente l’indice S&P500.]
Fonte: Federal Reserve Bank of St. Louis, State Street SPDR.

Stessa identica situazione nel 2008: di nuovo, un taglio dei tassi di circa 5%, qualche rally di breve durata ed altro crollo di S&P500 di -42%.

Fonte: Federal Reserve Bank of St. Louis, State Street SPDR.

Se si teme un ripetersi di queste due esperienze (ed oggi, visti i bassi livelli di partenza, non è ipotizzabile una riduzione dei tassi di quella magnitudine), non sorprende che il mercato abbia reagito in maniera negativa. A costo di sembrare ripetitivo: l’andamento del vostro portafoglio è determinato da quello che possedete e dalle valutazioni, non da quello che faranno la Fed o la BCE.

In maniera simile, è interessante notare quello che sta succedendo ai buyback (soprattutto in US, in Europa sono ben inferiori). A riprova che spesso le aziende riacquistano azioni proprie per i motivi sbagliati (principalmente per sostenere in qualche modo i corsi azionari nel breve periodo), gli annunci sui buyback americani sono crollati di 67% rispetto all’anno precedente. [Nota: il boom del 2018 fu in parte dovuto al taglio delle tasse sugli investimenti all’estero dell’amministrazione Trump, ma la riduzione attuale è pur sempre di 40% pre-taglio tasse.] Nei prossimi mesi il trend potrebbe cambiare: in fondo se le azioni saranno più a buon mercato i manager dovrebbero essere più inclini a ri-acquistarle, ma non sperateci troppo...

Fonte: Federal Reserve Bank of St. Louis, Bloomberg.

Anche se questo può sembrare marginale nel contesto economico attuale, non lo è: secondo i dati della Fed, negli ultimi 5 anni sono state proprio le stesse aziende quotate i principali acquirenti di azioni US, seguite da fondi/ETF ed a grande distanza dagli investitori retail. A sorpresa, i fondi pensione sono invece stati venditori netti di azioni: adesso sappiamo chi ha continuato a comprare tutti i bond a tassi risibili (oltre naturalmente a strategie alternative come private equity, hedge funds, infrastrutture, real estate, …).

Fonte: Federal Reserve Bank of St. Louis.
Di solito (ma, come sempre, non è una relazione di causalità diretta) la riduzione negli annunci di buyback precede una revisione al ribasso delle stime sugli utili, come accaduto nel 2007.

Infine, per chi fosse interessato ad identificare quali settori privilegiare nello scenario economico attuale, l’immagine sottostante è presa dal libro If It's Raining in Brazil, Buy Starbucks: se siamo all’inizio di un mercato ribassista, i settori da preferire sono – surprise, surprise - i classici consumer staples/healthcare (solidi, stabili, poco ciclici e con buoni dividendi). Anche il settore energetico, ma questo segue in genere logiche peculiari.

Post scriptum: nonostante questo post possa sembrare pessimista sull’andamento futuro dei mercati, non lo è: non ho la minima idea di cosa succederà nei prossimi mesi, come discusso nel post precedente mi interessano di più le valutazioni dei singoli business.

6 commenti:

  1. Non so come faccia ad essere così calmo, il suo portafoglio di small cap verrà probabilmente spazzato via come neve al sole.
    Futures USA a -5%.
    È la fine!

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    1. Hai perfettamente ragione, Otto! Spero tu abbia fatto una buona scorta di fagioli in scatola, un paio di doppiette e tanti lingotti d'oro (o un generatore portatile per i bitcoin...).

      Comunque, un giorno mi piacerebbe veramente conoscerti

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    2. Ma guardi che non era critica, eh. Volevo dire che lei è appunto bravo a restare così calmo. Io me la starei già facendo addosso.

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    3. e allora non dovresti essere in investito in azioni

      comunque i futures US sono giù, oltre che per il virus, sopratutto per l'annuncio dell'Arabia Saudita sull'incremento della produzione (una vera e propria guerra di prezzi) che sta facendo crollare il petrolio di oltre 30%

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. scusate, rimetto il post con qualche correzione.

    Molto interessante la slide su acquirenti e venditori netti di azioni, su cui ho un paio di questioni da condividere.
    Concordo che i buyback servono "quasi" solo a CEO, per redistribuire utili - visti non crescenti - su meno titoli, far bella figura e magari incassare stock option: Dunque è abbastanza fisiologico che non siano in controfase rispetto ai corsi azionari.
    Quanto all'altra grande quota di acquisti netti, in mano a ETF e Fondi: sappiamo tutti che le gestioni individuali nelle banche - con il crollo delle commissioni di gestione - investono a loro volta in Etf (oltre che in fondi della banca stessa), ma anche i Fondi stessi comperano Etf in proprio, per i loro investimenti su mercati non domestici.
    Ecco dunque la prima considerazione: poichè la psicologia del retail è sempre in grande ritardo rispetto agli avvenimenti, sarà utile vedere come gli Etf si comportano in fasi estreme di mkt; questa storia dei Market maker che hanno obbligo di fare sempre danaro/lettera mi convince poco. In questi gg. vedo spread ben più larghi sugli etf azionari e spesso per lunghi istanti si tolgono dal book.
    Seconda considerazione: il problema fondi pensione, a cui io non trovo proprio risposta. Come si garantiscono le prestazioni con a) questi rendimenti sui bond (e infatti tutti a comprare HY, da anni), b) piramide demografica ribaltata, c) azioni in difficoltà?
    grazie e buon lavoro (blog a parte).

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