venerdì 29 gennaio 2021

Bubble series (V): “What a week!”

“History Doesn't Repeat Itself, but It Often Rhymes” (Mark Twain)

Ero quasi sicuro che questa serie non sarebbe finita, date le enormi similarità del passato con il presente.

L’argomento più discusso di questa settimana è stato senz’altro l’attacco concertato da parte degli utenti di WallStreetBets (una community di day-traders) su GameStop (GME:US), ed in seguito su altri titoli come AMC, BB, e adesso sembra anche su un ETF sull’argento (SLV:US). Quello che ha destato più scalpore è che questi trader hanno acquistato in massa le azioni più “shortate” dagli hedge fund, portando ad uno short squeeze che ha fatto impennare i prezzi portando addirittura alla liquidazione di Melvin Capital, un fondo da $12 miliardi (ed un altro, Maplelane, si dice abbia perso oltre 30% dei suoi $4 miliardi).

Oggi siamo molto più connessi, digitali e attivi nei mercati (oltre che spesso annoiati dai lockdown), ma le community di trading online ed i relativi guru erano già popolari alla fine degli anni 1990: molti protagonisti sono stati dimenticati, ma le stesse identiche cose succedevano solo 20 anni fa.

La prima community a guadagnare notorietà è stata Silicon Investor (che esiste ancora oggi), nata nel 1995 ancora prima del lancio del primo browser (Netscape). A questa ne seguirono altre come le bacheche di Yahoo!, Motley Fool, Raging Bull (anche in Italia, ad esempio finanzaonline), che oggi sono scomparse o hanno una forma differente. 

Alcuni investitori che sono poi diventati famosi hanno cominciato proprio su Silicon Investor, tra questi Dan Loeb e Michael Burry (quello del libro/film “The Big Short”). Già allora era necessario comprendere un nuovo gergo per interloquire con gli utenti.

La naturale evoluzione dei commentatori più popolari fu di creare servizi dedicati e newsletter a pagamento: una volta che si è ottenuto un certo seguito, non ci vogliono particolari abilità per far muovere un titolo. Due personaggi che sono diventati “leggendari” (interpretate questo aggettivo come preferite) sono “Tokyo Joe” e Antony Elgindy.

“Tokyo Joe” (che usava anche lo pseudonimo “TokyoMex”) è un immigrato sudcoreano di nome Yun Soo Oh Park che all’epoca gestiva quattro takeaway di burrito a New York. Cominciò su Motley Fool, andando prima long e poi short su Iomega, un’azienda che produceva gli hard drive per leggere i floppy disk (ebbene si, sembra un millennio fa ma esisteva una cosa che si chiamava floppy disk…) ed una delle prime vittime di Internet che implose nel 1996. Già allora Tokyo Joe capì cosa faceva muovere il mercato:

"Hype, man. Hype moved the f---ing stock... The Internet is not investment. This is hype, and everybody should know that."
"Who gives a s--- about fundamentals? It's market sentiment. No matter how good a company's fundamentals are, if market sentiment says it's going down, it's going down. You do not fight the ticker. That's when I became a day-trader."

Passato su Silicon Investor, si accorse che essere controverso e spesso offensivo serviva ad attrarre sempre più pubblico, e come per i moderni influencer cominciò a farsi pagare per i suoi “consigli”:

"When I bought something, I sent e-mails out and the volume went up and the price went bonkers. I had no desire to make any money; it just happened, you know? But then some members started saying to me, 'Mex, you should start charging people, man."
Nel luglio 1998 creò quindi un sito web (Tokyo Joe's Societe Anonyme: il sito esiste ancora, inclusi i testimonials), dove al costo di $299 l’anno si potevano ricevere le sue indicazioni quotidiane di cosa acquistare e cosa vendere: dopo il successo iniziale (oltre 3.800 membri), il costo salì a $100 al mese.

Come spesso succede, iniziarono anche le prime operazioni poco trasparenti (“We do get some information that comes out before the rest of the world knows about it.”): si dice - ma non esistono prove certe - che qualcuno lo avesse informato prima dell’annuncio dell’offerta di J.C. Penney per Genovese Drug Stores
"So we got in at $25. We sold at $30, $31."
Ed ovviamente il trucco era pompare qualcosa per poi vendere quando i tuoi clienti compravano (anche questo succede comunemente, compreso da parte delle banche “prestigiose”):
"Everybody knows that I'm buying before you buy, and I'm selling when you're buying. Otherwise, what am I? A charity?"
Alla fine, però, intervenne la SEC con un’accusa di manipolazione del mercato:
“For example, according to the SEC, on Feb. 1 and 2, 1999, Park bought 11,500 shares of K2 Designs Inc. On Feb. 2, he recommended that members buy K2 Designs. He told members that they should plan to hold the stock for at least three days and that the stock's target price was $7 per share. Park did not disclose that he already owned shares and that he intended to sell his shares at a price well below his claimed target price within a day of making his recommendation to buy.
On Feb. 2, K2 Designs' volume reached 410,600 shares, up 1,925 percent from the average daily volume the week before Park bought his shares. The stock's closing price increased from $3.84 a share on Feb. 1 to $4.06 on Feb. 2.”
Tokyo Joe dovette pagare una multa di $750,000 più la restituzione di tutti i guadagni illeciti: non era il guru che molti credevano, le testimonianze dei suoi fans erano esagerate ed i numeri sui suoi rendimenti falsi e fuorvianti in quanto non riportava mai le perdite.

Anthony Elgindy ha invece seguito una carriera più tipica, iniziando in una piccola azienda di brokers per poi fondare la sua società, Pacific Equity Investigations, dove per $600 al mese si potevano copiare le sue transazioni. Al contrario di Tokyo Joe, Elgindy era specializzato su shortare i titoli più pompati da Wall Street.
"Wall Street is the most manipulated scam and corrupt marketplace on earth right now."
"The public is there for one reason and one reason only," Anthony said when I got him on the phone. "They are there to absorb the risk. Brokers, broker-dealers, professional traders, they are not interested in any kind of risk whatsoever. They're interested in covered profits and arbitrage."
Unlike Anthony, Tokyo Joe was usually long, trying to make money from the upside of the volatile market. Anthony and Tokyo Joe were rival stars in the daytrading firmament, each presiding over an opposite side of the parabolic rise and fall of a crappy stock. It is impossible to exaggerate the hatred between the longs and the shorts when a speculative battle gets hot. All through 1999, Anthony and Tokyo Joe spoke nothing but ill of each other.
Purtroppo, anche in questo caso si spinse un passo oltre: per avere un “edge” migliore, si era accordato con un agente di FBI che gli passava informazioni confidenziali sulle indagini in corso da parte dell’agenzia. Alla fine fu incastrato per insider trading su 32 azioni e condannato ad 11 anni in prigione.

“WallStreetBets (WSB), ti presento Robinhood (RH)”

Strettamente correlato, l’altro tema controverso della settimana è stata la decisione, giovedì 28/01, da parte di RH, la app gratuita preferita dai millennials, di interrompere il trading su GME, AMC, … e soprattutto di forzarne la vendita nei conti dei suoi utilizzatori.

Si mormora (tutti hanno smentito e al momento non c’è alcuna prova) che si stata spinta a farlo da Citadel di Ken Griffith, che assieme a Point72 di Steve Coehn aveva appena prestato $2,75 miliardi in Melvin Capital (quello fallito per colpa dello squeeze su GME): così facendo, RH ha fatto crollare il prezzo di GME salvando l’investimento di Citadel.

Contrariamente a quello che si crede, il principale “cliente” di RH è infatti proprio Citadel, al quale RH vende l’order flow dei suoi utilizzatori qualche millisecondo prima di effettuare le operazioni. È proprio questo che permette a RH di offrire transazioni gratuite ai day-traders, che più che utilizzatori a questo punto sono il vero prodotto. Secondo il “complotto” (provato o meno), RH ha dimostrato quali clienti valgono di più.  

Sembra infatti che il conto base su RH sia di default un “margin account”:

Non conosco i dettagli precisi, e tanto meno sono un esperto legale, ma ad una prima occhiata sembrerebbe che la decisione di RH sia quantomeno arbitraria: non solo i suoi clienti erano long GME, non short (e quindi non a rischio di vedere esplodere la propria posizione su azioni prese a prestito), ma non ha nemmeno permesso di chiudere le posizioni (“cover”) o di depositare un margine ulteriore a garanzia, come sarebbe normale in caso di una margin call.

Detto questo, per tutti quelli che hanno gridato allo scandalo per l’ennesima truffa di Wall Street ai danni dei piccoli investitori, un capitolo nel libro di Dan Davies “Lying for Money” (incluso nel Book Club 2021) tratta proprio un caso simile, quello di Piggly Wiggly. Fondata da Clarence Saunders negli anni 1920, fu la prima catena di supermercati nei quali i clienti si servivano da soli per poi procedere alla cassa: quando alcuni negozi (indipendenti dalla casa madre) fallirono, Wall Street cominciò a scommettere sul ribasso delle azioni. Saunders decise di contrattaccare acquistando a credito quante più azioni in circolazione ed emettendone anche di nuove a sconto rispetto al prezzo di mercato. Quando rimase l’unico compratore, chiese il rientro di tutte le azioni vendute allo scoperto: Piggly Wiggly, che poche settimane prima trattava a $40, aprì quel martedì a $75 per salire poi rapidamente a $125 (esattamente lo stesso che è successo con GME). Con pochissimi venditori, gli short non riuscirono a coprire le proprie posizioni, obbligatorio per la chiusura di mercoledì: Saunders offrì allora le proprie azioni a $150 per chi voleva comprarle entro giovedì e $250 per i giorni seguenti.

Tuttavia, invece che pagare, gli short fecero pressioni sul NYSE ed ottennero un rinvio fino al lunedì successivo per la copertura: riuscirono così a trovare altri azionisti sparsi per gli US disposti a vendere (non era certo il tempo del trading elettronico: non solo le azioni erano ancora sotto forma di certificati cartacei, ma erano possedute soprattutto per i dividendi e quindi raramente trattate al di fuori dei mercati di New York e Chicago). Il corner fallì e Saunders rimase con il debito di $10 milioni contratto per comprare le azioni, che lo portò poi al fallimento.

Allo stesso modo, i protagonisti dell’epoca non hanno timore di confessare che durante il crollo del mercato nell’ottobre 1987, i trading desk delle principali banche con clienti retail (Merrill Lynch, Paine Webber, Smith Barney, Dean Witter e EF Hutton) semplicemente smisero di rispondere alle telefonate di chi voleva vendere.

La morale di questa storia, che piaccia o no, è che quando diventi sufficientemente scomodo per i “poteri forti”, questi non esiteranno a cambiare le regole contro di te.



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