giovedì 20 novembre 2014

Investimenti alternativi (III) – Leucadia National Corp.

Ci sono due modi per trovare un investimento di successo nel lungo periodo. Il primo è identificare un’azienda di qualità (elevati rendimenti del capitale, basso debito, buon management, etc…) con prospettive di lungo termine favorevoli: un po’ come puntare sul cavallo favorito in una gara ritenendolo superiore a tutti gli altri (il primo esempio che mi viene in mente è Coca-Cola ma ce ne sono molti altri). Il secondo è invece trovare le persone giuste con le quali co-investire: in questo caso, più che su un purosangue, si scommette sull’abilità del fantino di spremere il massimo dal proprio destriero.

Leucadia National Corp. (LUK:US) rientra a pieno merito in questa seconda categoria: non si tratta di un vero e proprio investimento alternativo, quanto piuttosto di un’azienda il cui valore intrinseco è generalmente poco correlato con l’andamento dell’economia.

LUK è spesso descritta come una mini-Berkshire Hathaway (BRK) per la sua struttura di holding company, per l’approccio value di lungo periodo e per la lunga storia di elevati rendimenti. Assieme a BRK, LUK è una di quelle aziende i cui bilanci annuali e lettere agli azionisti andrebbero letti attentamente da tutti.

Nata come James Talcott, Inc. nel 1854, negli anni 1970 LUK era diventata una conglomerata sull’orlo della bancarotta e fu salvata da Ian Cumming e Joseph Steinberg. Dal 1978 il book value per azione (aggiustato per i dividendi) è cresciuto del 18% annuo, uno dei migliori risultati mai ottenuti su periodi così lunghi, e negli ultimi 10 anni è comunque cresciuto di 11%. A fine 2013 i due hanno fatto un passo indietro e nominato Richard Handler come nuovo CEO: Handler è anche CEO di Jefferies (JEF), oggi la principale partecipazione di LUK, e ha lavorato con Cumming e Steinberg per 30 anni.

La migliore descrizione di LUK è come un concentrated (private) equity fund. Gli investimenti possono essere di vari tipi: partecipazioni di minoranza, di maggioranza o controllo completo; in aziende pubbliche o private; in debito o in equity; etc… Se volessimo sintetizzare le loro caratteristiche principali potremmo riassumerle così:

  1. sono tipicamente distressed o altre special situations;
  2. offrono spesso enormi benefici fiscali (attraverso net operating losses, ammortamenti eccessivi o altro);
  3. il prezzo pagato sconta sempre un sufficiente margine di sicurezza: come rule-of-thumb gli investimenti devono avere un rendimento atteso pre-tasse di 15% (superiore al 10% implicito negli investimenti di Warren Buffett per il maggior rischio degli assets in cui LUK investe).
La disciplina del processo di investimento è ben dimostrata da quanto scritto nella lettera agli azionisti del 2011:
“We continue with the same lamentation as in previous years. There are hordes of private equity and hedge funds chasing low returns. While short term rates are very low, long term rates for non-investment grade borrowers such as Leucadia are quite high relative to expected returns. As a result, opportunities meeting our investment criteria are few and far between. We would prefer higher interest rates and less availability of money, making acquisitions more attractive. We employ leverage in a careful way and do not intend to fall into the traps of employing too much leverage or borrowing short term and investing long. We will leave that silliness to the hedge funds.”
LUK ri-valuta continuamente i propri assets nell’ottica di cederli per massimizzare il rendimento per gli azionisti: anche se è un investitore paziente e di lungo periodo, non vuol dire che li mantenga per sempre. Soltanto negli ultimi due anni sono stati ceduti, con significativi guadagni, gli investimenti in Inmet, Fortescue e Premier Entertainment.

Le differenze con BRK non si limitano all’orizzonte temporale. Negli ultimi 25 anni BRK si è concentrata su business di qualità, con elevati moat e management eccellente. LUK è invece l’esatto contrario, come evidente dal bilancio del 2008:

We tend to be buyers of assets and companies that are troubled or out of favor and as a result are selling substantially below the values, which we believe, are there. From time to time, we sell parts of these operations when prices available in the market reach what we believe to be advantageous levels. While we are not perfect in executing this strategy, we are proud of our long-term track record. We are not income statement driven and do not run your company with an undue emphasis on either quarterly or annual earnings.
Al contrario Buffett preferisce non investire in situazioni problematiche o che richiedono un turnaround: l’unica volta che lo ha fatto, nel 2001, è stato proprio in partnership con LUK nel salvare Finova dalla bancarotta. Per anni BRK è stata una delle poche aziende con rating AAA (oggi è appena un gradino sotto e Buffett ne è molto fiero), mentre LUK non è nemmeno investment grade. La quasi totalità del valore intrinseco di BRK è dato dagli investimenti in blue chip (sia quotate che non quotate) e quindi può essere considerata – almeno a mio parere – un investimento migliore e più sicuro dell’indice S&P 500. Con LUK non si ha lo stesso tipo di esposizione, perché non compete con BRK o altri fondi nel comprare aziende sane, di qualità e con buon potenziale per battere il mercato; LUK investe in distressed asset. E per concludere, LUK non è nemmeno simile ad un fondo di private equity: questi hanno come business principale quello di raccogliere i capitali, utilizzare la leva finanziaria e guadagnare dalle commissioni di gestione e performance. Al contrario LUK utilizza il proprio capitale per fare investimenti, un business model completamente diverso!

Partecipazioni
Anche se possiede vari investimenti industriali, oggi LUK è focalizzata sul far crescere JEF e sviluppare altri business soprattutto nel settore dei servizi finanziari.

Jefferies & Company (49% del NAV): JEF è una banca d’affari di medie dimensioni. Negli ultimi 25 anni ha avuto un solo anno negativo (2008), riuscendo allo stesso tempo a crescere in maniera significativa in tutte le aree di business: dal 1990 il fatturato è salito del 15% p.a. e gli utili del 19% p.a. Questo è stato ottenuto con una combinazione di: 1) acquisizioni mirate; 2) crescita organica in nuove linee di business; 3) quote di mercato sottratte alle banche più grandi.


Questo è quello che Cumming e Steinberg hanno detto nella lettera agli azionisti del 2012 riguardo l’acquisizione:
“In the mid 2000’s, Rich (Handler) periodically asked us if we wanted to invest in Jefferies and to join his Board. We reminded him that we were value investors and since Jefferies stock was trading at high multiples of book value, the time was not right. In 2007, Rich came to us believing that the global financial system was stretched too far and that something soon would snap. In February 2008, with Rich’s relentless and increasingly loud encouragement, we bought the maximum number of Jefferies shares permitted. […] he quietly and quickly bought additional shares for Leucadia on the open market at attractive prices which got us to a 29% ownership position in Jefferies.

From 2008 through 2011, we watched first hand as Jefferies nearly tripled revenue and aggressively built out a diversified and global investment bank. We were impressed when they bought back their debt cheaply during the global panic and then re-issued during calmer times - often only months later. Talk about volatility! We watched Jefferies improve its brand and human capital. […] From out of the turmoil emerged an ideal alignment of needs. Rich and Brian were determined never to allow Jefferies to go through that type of painful experience again and were open to a smart long term capital solution to enable them to continue to build the firm. And, we were looking for successors and, as always, with our ample capital on the lookout for a good deal. […] Leucadia shareholders picked up a great asset at a fortuitous time for both companies and we solved our succession challenge. Combined, we have a world class investment banking firm, with a merchant banking focus, tax efficiency and a pile of cash. We also have new leadership that is greatly experienced and heavily invested in the long term success and value creation for Leucadia shareholders.”

JEF ha storicamente mantenuto uno stato patrimoniale molto conservativo con una leva finanziaria (assets/equity) attorno a 10x-11x ed un’esposizione a strumenti classificati come Level 3 al di sotto del 3% degli assets. E nonostante questo (e la crisi del 2008) è stata in grado di generare un ROE medio superiore a 10% ed una crescita del book value di 14% p.a. dal 2000.

A prima vista il ROE può non sembrare eccellente come quello di altre banche d’affari (Goldman Sachs per esempio ha conseguito una media di 16% sullo stesso periodo, con una leva però ben superiore). Occorre tuttavia considerare che JEF non opera proprietary trading o hedge funds interni, e pertanto sarà anche meno impattata dalle nuove regole sul ruolo ed operatività delle banche. Questa strategia ha “sacrificato” in parte gli utili ma ha offerto la possibilità di operare in maniera opportunistica nei momenti di panico: oggi che JEF ha alle spalle la liquidità e solidità di LUK potrebbe aumentare la leva finanziaria senza mettere in pericolo il proprio stato patrimoniale.

Berkadia (9% del NAV): Berkadia è una joint-venture (50/50) con Berkshire Hathaway per finanziare piccole e medie imprese. La partnership originaria fu utilizzata nel 2001 per acquistare le attività di Finova Group in bancarotta; è poi servita nel 2009 per acquistare, di nuovo in situazione di liquidazione, le attività nei mutui commerciali di Capmark. Tutto il capitale investito da LUK e BRK nella joint-venture dal 2009 è già stato loro restituito nel corso degli anni. Il valore di libro di Berkadia è di $183 milioni ma il suo valore attuale è ben superiore.

Leucadia Asset Management (4% del NAV): una nuova linea di business introdotta nel 2013, è una piattaforma per lo sviluppo di investimenti alternativi: in cambio di una partecipazione minoritaria, Leucadia AM fornisce il capitale iniziale in vari fondi, sfruttando anche le sinergie offerte da JEF. Ad oggi ha investito nelle seguenti strategie:

  • Topwater Capital ($93 milioni): fondo di fondi per gestori emergenti
  • Structured Alpha ($84 milioni): fondo quantitativo gestito da un ex-trader di JEF
  • Global Equity Events ($26 milioni): fondo event-driven
  • Mazama Capital ($255 milioni): fondo long-only growth
  • CoreCommodity ($22 milioni)
  • Folger Hill ($400 milioni, in fase di investimento): multi-strategy
Il business di asset management non è nuovo per LUK, avendo nel passato fornito il capitale iniziale per il fondo di Bill Ackman, Pershing Square.

National Beef (8% del NAV): quarto maggior produttore di carne bovina negli US con una quota di circa 13% e tre milioni di capi di bestiame. Si tratta di un business ciclico e capital-intensive, ma anche con elevate barriere all’ingresso che permette buoni rendimenti del capitale su un ciclo completo. LUK ha acquistato la partecipazione del 79% nel 2011 per $870 milioni, pari ad un multiplo di 7x l’utile pre-tasse (14% pre-tax yield).

HomeFed (4% del NAV): originariamente una Saving & Loans (ossia una piccola banca commerciale a carattere locale), oggi HomeFed è un’azienda quotata specializzata nello sviluppo di real estate in vari stati americani.

Harbinger Group (5% del NAV): veicolo quotato gestito da Philip Falcone, che detiene partecipazioni sia in aziende quotate (Spectrum Brands, Fidelity & Guaranty Life) che private. I problemi degli altri fondi di Falcone hanno permesso a LUK di entrare con uno sconto del 35% sul NAV.

Garcadia (2% del NAV): fondata nel 2006, è una joint-venture con Garff Enterprises per la gestione di 22 concessionarie auto di marche sia americane che straniere. Il ruolo di LUK è di fornire la maggioranza del capitale per acquistare concessionari sotto-performanti che poi vengono gestite da Garff. Come per Berkadia, anche per Garcadia il valore intrinseco è ben superiore al suo valore netto di libro ($120 milioni).

Conwed Plastics (1% del NAV): uno degli investimenti più antichi ancora in portafoglio, è un produttore di materiali plastici con elevati rendimenti (ROIC 20%) utilizzato per consolidare realtà di dimensioni inferiori.

Idaho Timber (1% del NAV): produttore di legno e materiali derivati.

Linkem (1% del NAV): il provider di servizi a banda larga in Italia. LUK è entrata inizialmente nel 2011 ed oggi possiede una quota del 53% considerando anche l’investimento nell’obbligazione convertibile.

Risorse naturali (2% del NAV): dopo aver ceduto con enormi profitti le partecipazioni in First Quantum, Inmet, MK Resources e Fortescue, negli ultimi 2 anni LUK ha investito in progetti di sviluppo energetico e minerario come Vitesse e Juneau Energy (shale gas) e Golden Queen (metalli industriali). In aggiunta, LUK ha già speso circa $160 milioni in progetti che sviluppano tecnologie verdi e per impianti di liquefied natural gas (LNG). Poiché non esiste nessun obbligo – ma solo la facoltà - di portare avanti questi progetti, al momento non appaiono in nessun modo nello stato patrimoniale e sono esclusi dalla valutazione: si tratta tuttavia di opzioni che hanno un qualche valore intrinseco.

LUK dopo la fusione con JEF
La fusione con JEF ha portato non soltanto il nuovo CEO, ma anche nuovi parametri e criteri di concentrazione, leva e liquidità per la “nuova” LUK.

Per cominciare, escludendo JEF nessun altro investimento esistente dovrà pesare per più del 20% del book value a valori di mercato e nessun nuovo investimento dovrà essere più del 10% del book value al momento dell’acquisto. LUK avrà come obiettivo di leva un valore massimo di debt/equity ratio di 50% (in uno scenario di stress) a livello di casa madre (non di gruppo). Infine, in termini di liquidità LUK avrà l’obiettivo di avere assets liquidi pari almeno al debito della casa madre e cash pari almeno al 10% del book value (escluso JEF).

Questo è stato deciso soprattutto per stabilizzare gli investimenti ex-JEF nel caso la banca d’affari avesse bisogno di liquidità in un periodo di stess sistemico. In un certo senso è l’opposto di quello che fa Buffett: BRK usa il float generato dalle attività di assicurazione per investire a rendimenti superiori, mentre LUK mette da parte liquidità in eccesso a bassi rendimenti come riserva per le attività bancarie. Questa strategia ha però dei vantaggi in termini di asset allocation come per BRK: quando JEF ha opportunità di sviluppo con rendimenti decenti, LUK può immetterci più capitale; quando vale l’opposto, può trasferire capitale dalla banca alle altre attività (soggetta ad autorizzazione da parte dei regolatori, cosa che vale anche per le assicurazioni di BRK). Questo è più efficiente nel senso che se JEF fosse indipendente potrebbe riacquistare azioni in periodi di calma e fare un aumento di capitale quando necessario, ma queste operazioni sono non solo costose, ma soprattutto rischiose: si veda ad esempio la difficoltà ed i termini onerosi che le banche sono costrette ad affrontare per fare un aumento di capitale in periodi di stress.  

Valutazione
Dato l’eccellente track record, raramente LUK ha trattato a prezzi di saldo. Ci sono stati comunque momenti nei quali è stato possibile acquistarla a valutazioni molto convenienti, come ad esempio nel 1999 e nel 2008, quando il book value diminuì significativamente (-55%) per la necessità di riportare gli investimenti in bilancio secondo il principio di mark-to-market. Un’altra opportunità è presente oggi.

Se si può investire in un’azienda di qualità come questa al book value, questo è certamente un ottimo punto di inizio. Negli ultimi 30 anni LUK ha trattato in media ad un P/BV di 1x, dovuto in gran parte al fatto che negli anni 1980 e 1990 era essenzialmente un’assicurazione. Come mostra il grafico sottostante, dal 1987 la media è stata superiore, un P/BV di 1,2x, che sale a 1,4x negli ultimi 10 anni: mentre l’aumento dal 1987 può essere attribuito all’esplosione dell’economia americana ed al mercato rialzista che sfruttava l’onda lunga degli anni 1980, negli ultimi 10 anni un multiplo ancora maggiore è difficile da spiegare in un contesto economico non certo così favorevole, se non con gli eccessi della bolla del debito pre-2008.


Oggi LUK tratta ad un P/BV di appena 0,8x: non vi è nessuna ragione né catalizzatore immediato che potrebbe far pensare ad un ritorno a 1,4x, ma se lo facesse sarebbe di per sé un rendimento del 75% senza che il management debba fare niente. Se anche salisse solo ad un P/BV di 1x, sarebbe comunque un rendimento del 25%.

Perché oggi è presente questa opportunità?

  1. Complessità della struttura aziendale: con il consolidamento di JEF nello stato patrimoniale (inizialmente posseduta al 29% ed oggi al 100%), non vi è chiarezza su chi possiede cosa e a chi appartenga il debito riportato in bilancio
  2. Avversione degli investitori verso le banche in generale, ed oggi JEF pesa per quasi il 50% del valore complessivo: molti sono insoddisfatti della fusione con una banca d’affari che come sappiamo può essere prona a cicli di boom & bust
  3. Mancanza di copertura da parte del sell-side: LUK non è la migliore amica delle banche d’investimento in quanto utilizza i servizi di JEF, e quindi queste hanno poco interesse a coprirla con report dettagliati
  4. Uscita di scena di Cumming e Steinberg, che rimangono comunque attivi all’interno della società
  5. Scarso interesse del management sugli utili di breve (trimestrali/annuali) ed elevata variabilità dei profitti, dovuta all’applicazione dei principi contabili di mark-to-market
Un altro aspetto importante nella valutazione di LUK è l’attenzione posta sul pagare meno tasse possibili, un elemento che è aumentato di valore dopo la fusione con JEF: questa ha apportato ulteriori $300-400 milioni di utili pre-tasse da poter utilizzare con le net operting losses (NOLs) pregresse. Negli ultimi 10 anni LUK ha pagato (cash outflow) un totale di ben $155 milioni rispetto ad utili pre-tasse cumulati di $2.800 milioni (pari ad una tassazione del 5,5%)! Al momento LUK ha circa $1,8 miliardi di NOLs che scadono al 2029, il cui valore presente può essere stimato in circa $885 milioni ($2,4 ad azione).

Ancora migliore è la situazione dal punto di vista del NAV: mentre il valore delle partecipazioni quotate è riflesso al valore di mercato, gli investimenti privati tendono ad essere sottovalutati nello stato patrimoniale (come visto per Berkadia e Garcadia) sia per l’uso dei costi storici sia per le politiche di valutazioni contabili conservative del management. La mia stima personale del NAV, aleatoria - in quanto ad esempio non è detto che gli investimenti di Leucadia AM valgano il loro book value - ma complessivamente conservativa, è riportata qui sotto:

Gli investimenti in risorse naturali assumono un valore pari a zero per Oregon LNG e Lake Charles Clean Energy. 

Con un NAV stimato di $31-32 ed un prezzo corrente di $24, si può entrare ad uno sconto di circa 30%.

Infine, anche se gli utili complessivi di LUK sono volatili e non vi è nessuna enfasi sui profitti di breve, escludendo la liquidità oggi si possono acquistare gli utili di JEF, Berkadia, Garcadia e National Beef ad un multiplo di 7x-8x, sicuramente non costoso.

Conclusione
Nel corso degli anni, LUK ha creato un enorme valore per gli azionisti comprando assets che nessuno voleva e rivendendoli a prezzi maggiori. Il rischio principale rimane quello di asset impairments, come già successo nel 2008: ma è proprio qui che lo stato patrimoniale di LUK, anche dopo la fusione con JEF, fa emergere la propria solidità.

Nelle parole del management, ripetute varie volte negli ultimi anni: “LUK is an inflation play”. Questa non è una loro previsione su cosa accadrà, quanto piuttosto la constatazione che LUK farà bene in un’economia inflazionistica perché la maggior parte dei loro assets beneficia da maggior inflazione: chi non crede che questo sarà il caso farebbe meglio a vendere, perché gli utili delle partecipate subiscono duramente i periodi di deflazione.

In termini di valutazione, l’azienda è tutt’altro che costosa come altre parti del mercato azionario: poiché dovrebbe essere in grado di continuare a generare un ROE superiore al costo del capitale, LUK dovrebbe trattare a premio rispetto al book value, e non a sconto come oggi.

8 commenti:

  1. Legandomi al discorso delle "special situations" in passato ho segnalato una small cap "distressed" che ora sta dando un deciso segno di ripresa di fatturato e margini (ma non ancora di quotazione, potremmo avere davanti tranquillamente una 5-bagger). E' un discorso che può interessare? Chiedo "autorizzazione" all'invio del ticker perché non vorrei che la segnalazione fosse interpretata, vista l'illiquidità del titolo, come una "turbativa" di mercato (io sono lungo di azioni).
    un saluto

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    1. non credo che costituisca turbativa di mercato: mi farebbe estremamente piacere ma non credo che i lettori del blog siano investitori in grado di spostare il mercato!

      e comunque vale sempre la regola che il blog è a mero scopo informativo ed ognuno deve fare le proprie analisi, valutazioni e considerazioni su qualsiasi cosa venga scritta o consigliata.

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    2. Il titolo in questione è Mannatech, quotato in USA (ticker MTEX); il business è simile a Herbalife o Usana Health Science. Sinteticamente:
      Nel 3° quarter 2014 ha fatturato 55.6 milioni (+25.2% sul 3° quarter 2013).
      Nel 3° quarter 2014 utile netto di 5.1 milioni (contro perdita di 0.8 milioni nel 3° quarter 2013)

      il capitale è suddiviso in 2.700.000 azioni dal valore unitario di 22$ circa, ne deriva una capitalizzazione di 60 milioni di USD. Metà di questo valore è la cassa (praticamente zero debiti), ne deriva un EV di soli 30 milioni di USD.

      Nel caso si avverasse uno scenario roseo (altri 3 trimestri come l'attuale?!?!?) l'azienda potrebbe fare realizzare 20 milioni di utile netto; ad un p/e tra 12 e 18 (in passato negli anni buoni quotò oltre 20) potremmo assistere ad una capitalizzazione di 240/360 milioni di eur a cui corrisponde un valore unitario di 88-132 eur.

      pro:
      il business richiede poco capex
      ora non è coperta da case da analisti
      gli insiders hanno comprato negli ultimi 2 anni

      contro:
      non è un marchio leader, continuerà l'aumento del fatturato e la marginalità dell'ultimo trimestre si manterrà?

      un saluto
      Claudio

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    3. Mi dispiace ma non è il tipo di azioni che rientra nei miei criteri: in primo luogo non conosco il prodotto ed il mercato di riferimento, ma soprattutto non ho nessun “vantaggio competitivo” ad andare ad analizzare una small cap americana.

      Per quanto riguarda i buoni risultati dell’ultimo trimestre, mi sembra che i fatturati siano più o meno costanti mentre gli utili sono molto più variabili. Non conoscendo il settore è difficile capire perché, ma se vende integratori nutrizionali perché dovrebbe esserci così tanta stagionalità (dipende dalla struttura dei costi? Marketing? Spedizioni ai distributori?).

      La metto nella pila di aziende sulle quali non riesco a formarmi un’idea, né in un senso né nell’altro: potrebbe benissimo essere un 5-bagger ma prima di tutto mi interessa il downside.

      E non mi è chiaro perché dovrebbe essere una special situation

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    4. hai ragione, non sono stato molto chiaro, purtroppo è difficile riassumere il tutto in poche righe. Io seguo l'azienda da molto tempo, ho letto le varie trimestrali e probabilmente ho dato un po' troppe cose per scontate.

      per essere più chiaro più che "special situation" avrei dovuto usare il termine "Turnaround" come lo definisce Peter Lynch nel suo "One Up On Wall Street". Si tratta di un'azienda che per svariate ragioni ha vissuto, dal 2007 fino a pochi anni fa, un progressivo calo del fatturato: il prodotto era sempre meno richiesto dai consumatori.

      L'azienda ha cercato di ristrutturarsi in primis riducendo con successo i costi di struttura ed in seguito rivoluzionando il marketing (non entro nel dettaglio, non ha molto senso). Sta di fatto che ha rivoluzionato la strategia distributiva ed ha lanciato / sta lanciando nuovi prodotti che hanno avuto particolare successo in Asia (+37% fatturato) ed in altri mercati emergenti. Ormai la maggior parte del fatturato è extra usa. L'aumento del fatturato di questo trimestre è dovuto principalmente all'inserimento a catalogo di una nuova crema antirughe.

      Ho deciso di puntare su questo turnaround perché la posizione finanziaria non è gravemente compromessa. Non è una società impiccata di debiti e quindi, almeno nel breve, non dovrebbe essere a rischio fallimento.

      E' quello che Buffett definirebbe come un "mozzicone di sigaro"

      L'azienda ha già vissuto una situazione simile nel 2002/2003 superandola con successo. I corsi azionari passarono dai 10$ fino ad un picco di quasi 250$ del 2005.

      un saluto
      Claudio

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    5. Bene, analisi dettagliata (anche se non seguirei troppo le trimestrali) e sicuramente conosci l'azienda molto meglio di quello che potrei fare io, quindi non credo di poter aggiungere molto alla discussione.

      Messa così sembrerebbe un target ideale per un'azienda più grande nel settore. Quello che non mi piace è che il suo futuro dipende troppo da quanto "piacciono" i prodotti che vende: mi sembra di capire che nel passato fossero passati di moda ed ora stanno tornando, ma non possiamo escludere che altri introducano qualcosa di meglio e si prendano il mercato di MTEX

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    1. Ecco un altro genio che pensa di essere in grado di identificare sempre tutte le azioni che vanno su.

      Se non sai la differenza tra prezzo e valore ed il significato di “investire in azioni per il lungo periodo”, continua a comprare i BOT.

      E mi raccomando: scrivi sempre da anonimo, non sia mai detto che ti assumi la responsabilità di quello che dici.

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