lunedì 23 maggio 2016

US E&P (parte II) – “The Frackers”

Continuo nella mia “educazione” sul settore energetico, un argomento la cui discussione può richiedere tre minuti o tre mesi. 

Ho finito The Frackers, lettura interessante ed informativa ma solamente introduttiva alle dinamiche di shale oil & gas: non vi insegnerà infatti come analizzare o selezionare queste aziende.

 

Scritto da un giornalista del WSJ, è la storia di un gruppo di wildcatters che sono riusciti ad estrarre petrolio e gas naturale da formazioni rocciose che la “saggezza popolare” riteneva essere senza alcune valore: aziende come Exxon e Chevron hanno preferito concentrarsi sull’esplorazione di zone sperdute e rischiose (Indonesia, Nigeria, Artico, etc…) perché ritenevano lo shale marginale, nonostante il quartier generale di Exxon fosse situato proprio sopra una delle migliori formazioni (Barnett).  

Come tale, il libro è focalizzato principalmente sulle personalità di questi imprenditori e sulla rapida ascesa delle loro “rivoluzionarie” aziende: Mitchell Energy, poi comprata da Devon Energy, che fu la prima negli anni 1990 ad interessarsi al Barnett; Cheasapeake Energy/SandRidge; Continental Resources; Cheniere; e, in misura minore, EOG Resources. Ed è molto basato sulle loro fortune (a volte, sfortune) finanziarie, come nel caso di Aubrey McClendon: nell’ottobre 2008 le banche che gli avevano concesso ingenti finanziamenti personali per supportare il suo stile di vita vendettero in 3 giorni il 94% delle sue azioni Chesapeake messe a garanzia, esasperando il crollo del titolo da $75 a $16 in poche settimane.

Il modo in cui questi wildcatter hanno ottenuto i loro risultati non è stato attraverso nuove invenzioni, ma semplicemente combinando e migliorando tecnologie esistenti (fracking e horizzontal drilling). La prima lezione che si può ricavare è che non sempre paga essere i primi ad avere un’intuizione: essere troppo in anticipo è spesso lo stesso che essere in errore. Ci sono voluti anni perché il processo fosse tecnologicamente (e soprattutto economicamente) fattibile, e chi ha cominciato per primo spesso non ha avuto i mezzi finanziari per sfruttare a pieno la sua intuizione: ad esempio, Oryx Energy, la prima ad utilizzare le trivellazioni orizzontali nello shale e che dopo il successo iniziale fu poi venduta a prezzi di saldo a causa del crollo del prezzo del petrolio negli anni 1990.

Altro spunto: i frackers più aggressivi e visionari non hanno generato i migliori rendimenti per gli azionisti: basta vedere la differenza tra Chesapeake Energy (CHK, in rosso), che si è finanziata con continue emissioni di debito ed azioni, e la più “frugale” Continental Resources (CLR, in blu), della quale il CEO Harold Hamm conserva ancora oggi il 76%. Oggi Chesapeake tratta a meno di $4 e sono frequenti da inizio anno i rumours di un possibile default; bancarotta che non è riuscita ad evitare SandRidge Energy, fondata nel 2006 da Tom Ward dopo essere uscito dalla stessa Chesapeake.


Il fattore chiave che ha permesso la shale revolution è la possibilità di sfruttare i diritti sulle risorse minerarie: negli US sono infatti di pertinenza dei proprietari dei terreni, che pertanto possono “affittarli” alle aziende esploratrici e guadagnare sotto forma di royalties. Al contrario, in Europa sono i governi ad avere il monopolio delle risorse minerarie, ed è quindi più difficile ottenere i permessi per le trivellazioni.

L’altro lato della medaglia, però, è che questi leasing hanno una scadenza: per non far estinguere i diritti di estrazione dopo pochi anni, le aziende hanno un incentivo a trivellare ed estrarre risorse anche quando non è economicamente conveniente, uno dei fattori che ha esasperato il crollo dei prezzi. 

Vi è anche un’altra differenza tra US ed Europa: i primi hanno una densità di popolazione molto inferiore. I siti di trivellazione dello shale sono infatti concentrati in aree con ampi spazi e poche persone: gran parte del Texas, le pianure dell’Oklahoma, North Dakota. Quando i frackers si sono indirizzati verso zone più popolate (California, Pennsylvania) sono cominciati anche i problemi e le liti: inquinamento delle falde acquifere, continui disturbi ai vicini, etc… Lo stesso avverrebbe nella ben più affollata Europa: per questo, le prospettive migliori al di fuori degli US in zone con formazioni rocciose simili sono in paesi come Argentina e Cina. 

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