lunedì 4 novembre 2019

Don’t cry for me Argentina

[Nota: questi non sono consigli di investimento: i titoli citati in questo post sono illiquidi, non sempre facili da reperire e soprattutto adatti solo ad investitori sofisticati. Ognuno è pregato di fare le proprie analisi e considerazioni.]

Lo scorso 11 agosto, il presidente uscente Mauricio Macri fu sorprendentemente battuto alle primarie per le elezioni in Argentina: sorpresa non per l’esito, in quanto i sondaggi davano il suo partito di centro-destra in svantaggio di 4%, bensì per lo scarto di ben 15 punti (47% a favore del centro-sinistra di Alberto Fernandez vs. 32% per Macri). Ribadendo i risultati delle primarie, il primo round del 27 ottobre ha consegnato la presidenza a Fernandez, risultato vincitore questa volta con il 48% dei voti rispetto al 40% di Macri ed al 6% di Roberto Lavagna: secondo la legge argentina un candidato risulta vincitore al primo turno se ottiene almeno il 45% dei voti.

Quello che i sondaggi (e con questi i mercati finanziari) hanno sottovalutato è stato il malcontento della popolazione per l'inflazione elevata e l'economia debole. Esattamente gli stessi motivi che avevano portato all’elezione di Macri nel 2015: sembra che gli argentini abbiano detto, “abbiamo provato le tue politiche economiche e non hanno funzionato, adesso proviamo qualcos'altro”.


Alla riapertura di lunedì 12 agosto i mercati finanziari hanno ovviamente reagito: il peso argentino si è deprezzato di 20%; i titoli di stato denominati in USD e EUR hanno perso 25 punti e trattavano attorno a 50 sul nominale, con i CDS che sono passati da 1.000 bp a 2.500 bp, implicando una probabilità di default di quasi 80%; la banca centrale argentina è stata costretta ad aumentare i tassi di sconto fino a 74%. Ed ovviamente la borsa ha registrato in un solo giorno -38% (-48% in USD), il secondo peggior risultato di sempre, superato solo dalla borsa dello Sri Lanka che crollò di 62% nel lontano 1989.

La tabella qui sotto riassume i movimenti di prezzo di alcuni dei principali titoli argentini trattati in US$ al NYSE: come si vede, alla riapertura di lunedì scorso dopo il primo turno la perdita media è stata molto più contenuta rispetto allo shock del 12 agosto in quanto la vittoria di Fernandez già al primo turno era stata ampiamente prevista.


Prezzi alla chiusura del 1 novembre 2019. 

È possibile un nuovo default? Fin dall’inizio Fernandez ha cercato di rassicurare i mercati sul fatto che, nonostante le sue politiche peroniste, non vuole assolutamente un nuovo default. La sua vice è infatti Cristina Fernández de Kirchner, già presidente dal 2007 al 2015 e moglie di Nestor Kirchner, a sua volta presidente dal 2003 al 2007: entrambi non hanno lasciato un buon ricordo né agli argentini né agli investitori internazionali per le loro politiche economiche e le false statistiche sull’inflazione, che come detto portarono alla vittoria di Macri nel 2015. Al momento non è chiaro se la nuova leadership continuerà con il programma di aiuti del Fondo Monetario Internazionale ed i pagamenti sulle obbligazioni: la loro storia non indica tuttavia a facili negoziati con IMF ed investitori internazionali.

Fonte: PGIM Fixed Income.

Al contrario di Sri Lanka, Argentina è una delle destinazioni preferite da macro traders e da molti fondi dedicati ai mercati emergenti e di frontiera. Spero di non offendere nessuno perché non è propriamente politically correct, ma ricordo ancora le parole che mi disse un grosso investitore discutendo del paese: “attenzione ad investire in Argentina, è pieno di italiani che parlano spagnolo e pensano di essere dei gentiluomini inglesi perché giocano a polo, ma in realtà sono maleducati come i francesi”. 

Chiunque investa in America Latina deve essere pronto a rapide e ricorrenti oscillazioni sia nel sentimento degli investitori che nelle valutazioni: in fondo l’Argentina ha fatto default nel 2001 ripagando in media 30%-35% del valore nominale, eppure nel 2017 ha trovato acquirenti per un titolo a 100 anni che arrivò a trattare fino a 104 con un rendimento di 6,85% (oggi tratta a 40 per un rendimento di 17%).

In Italia non sono disponibili ETF dedicati all’Argentina, ce ne sono alcuni con focus su America Latina ma sono dominati da Brasile (c.60%) e Messico (c.20%), con l’Argentina che conta per meno di 2%. Per chi ha accesso ai mercati esteri, su CBOE BZX (ex BATS) è disponibile iShares MSCI Argentina and Global Exposure ETF (AGT US).

Per chi volesse provare con singoli titoli (ripeto: fate le dovute analisi), la prima tabella contiene i principali titoli argentini trattati come ADR sul NYSE.

I contrarian potrebbero essere tentati dalla possibilità che Fernandez possa sorprendere in senso positivo: al momento la sua proposta per il debito argentino sembra essere di non imporre pesanti perdite sul nominale ma solamente di estendere le loro scadenze (Argentina ha un debito di $30 miliardi in scadenza entro la fine di quest'anno, ed altri $50 miliardi nel 2020: molte sono obbligazioni locali, ma una parte significativa è denominata in valuta estera).

In queste situazioni i player preferiti sono le banche, che sono le più esposte all’andamento dell’economia locale. Tuttavia, ed il default del 2001 ne è un esempio lampante, la prima cosa che succede i queste situazioni è il deflusso dei depositi (“bank run”), che porta ad un’ulteriore deprezzamento della valuta. Nel dicembre 2001 il governo fu costretto ad imporre un limite di $1.000 al mese al contante che poteva essere ritirato dalle banche: anziché rassicurare la popolazione sulla loro solvibilità, questo portò ad una accelerazione nel deflusso dei depositi, perché tutti ritirarono il massimo possibile. Fernandez entrerà in carica a dicembre, ma la Banca Centrale Argentina ha già limitato gli acquisti in dollari a $200 mensili dal precedente limite di $10.000 fissato a settembre.

Questi eventi portarono ad una forte recessione, con il PIL che crollò di 4,5% nel 2001 e di 10,9% nel 2002: NPL raggiunsero 27% di tutti i prestiti (50% per i prestiti al settore privato) e rimasero a livelli elevati per i seguenti due anni. Come parte della svalutazione, i conti correnti ed i prestiti al settore privato denominati in dollari furono forzatamente convertiti in pesos (“pesification”), ma con tassi di cambio differenti: 1.1 ARS/US$ per le attività e 1.4 ARS/US$ per le passività, che creò un ulteriore buco nei bilanci delle banche (come parziale compensazione di queste perdite il governo cedette alle banche due obbligazioni speciali, Boden 2007 e Boden 2012).

Fernandez vorrebbe liberare l'Argentina dal giogo del debito estero: tuttavia il paese non ha né i risparmi né la credibilità per finanziare la crescita economica per la quale ha votato l'elettorato. Tutti gli obbligazionisti, anche quelli locali, dovranno probabilmente subire pesanti perdite prima che la crescita economica possa riprendere.

Per questi motivi, le banche rimangono una scommessa alquanto asimmetrica e non particolarmente interessante a questo punto: potrebbero diventarlo (oppure no) tra qualche tempo, dopo i primi fallimenti e le prime ricapitalizzazioni forzate, come già successo in Grecia. Per contestualizzare, vorrei ricordare che – piaccia o no – la Grecia opera sotto l‘egida di Commissione Europea e Banca Centrale Europea (oltre a IMF): per l’Argentina l’unico ricorso credibile è ai programmi di IMF.

Se le banche non sono un buon prospetto, cosa rimane? Due eccezioni sono Arcos Dorados (il più grande franchisee di McDonald’s al mondo con l’esclusiva per il Centro e Sud America) e Mercadolibre (la principale piattaforma di ecommerce dell’America Latina con una presenza in 18 paesi). Quello che accomuna le due aziende è che l’Argentina rappresenta solo una parte marginale del loro business (11% per Arcos Dorados e 26% per Mercadolibre), con il Brasile in entrambi i casi il mercato principale.

Ulteriori alternative sono le aziende del settore energetico, con YPF e Vista Oil & Gas (quest’ultima quotata solo lo scorso luglio) come pure scommesse sullo sviluppo dello shale nella regione di Vaca Muerta. Infine ci sono le utilities, per le quali è però importante controllare l’esposizione in dollari di fatturato/attività vs. costi/passività.

Rimane infine una special situation, Cablevision Holding (CVHSY US), molto illiquida e quotata over-the-counter. Nel 2016 Grupo Clarin, principale gruppo media del paese, creò Cablevision con l’intenzione di procedere ad uno spin-off ai propri azionisti delle attività broadband e via cavo. Prima del completamento decise tuttavia di apportare queste attività in cambio di una partecipazione di 39% nel principale operatore telefonico del paese, Telecom Argentina (TEO US). Nel 2017 Cablevision – adesso una pura holding con un’unica partecipazione - fu finalmente separata e ceduta agli azionisti. La transazione fu molto apprezzata, raggiungendo un picco di $28 ed una capitalizzazione di $5,2 miliardi a gennaio 2018: da allora, il titolo è crollato fino agli attuali $2,5 per una capitalizzazione di $440 milioni.

Avevo brevemente guardato Cablevision questa estate perché trattava ad uno sconto di 50% sul valore della partecipazione in TEO, equivalente ad un multiplo EV/EBITDA normalizzato di 3x. Questo era in gran parte dovuto al fatto che il reale flottante di TEO è solo 9% per gli accordi tra il gruppo di controllo: oltre a Cablevision, Fintech – che tra 2013 e 2016 aveva acquistato la partecipazione in TEO di Telecom Italia - e Anses, un fondo pensione pubblico argentino. Cablevision era in discussione con CVM (il regolatore di mercato locale) per un’offerta obbligatoria per le minorities, con Fintech che avrebbe acquistato metà (4,5%) di questa quota. L’idea era in un paio di anni di delistare TEO e rendere Cablevision l’unico veicolo quotato per investire nelle attività sottostanti ed eliminare quindi lo sconto di holding company. A questo si potevano aggiungere i benefici delle sinergie e la razionalizzazione dei costi sotto un nuovo management, che avrebbe portato ad un marcato miglioramento di EBITDA. Con le aziende telecom in America Latina che trattano a 5x EBITDA e quelle cable a 8x, Cablevision sembrava effettivamente molto sottovalutata.

Al momento, tutte queste considerazioni sono saltate: nonostante le attività sottostanti siano meno sensibili di altre (ad esempio le banche) all’andamento dell’economia locale, è molto probabile che nei prossimi mesi fatturati, EBITDA e flussi di cassa per Cablevision e Telecom Argentina si contraggano in USD - ed è questo che interessa agli investitori esteri.
Ad oggi, con l’eccezione forse di Vista Oil & Gas, Cablevision comunque rimane l’unica azienda argentina nella mia watchlist.

4 commenti:

  1. mi permetto di segnalare due aziende argentine che ho analizzato tempo fa una è pam us equity che è una specie di enel argentina con interessi in tutto il sud america e pronta ad espandersi molto nei prossimi anni, l'altra è cresy us che è un conglomerato agricolo ed immobiliare con diversi asset interessanti fuori dall'argentina israele e usa molto sottovalutata

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    1. Pampa Energia è inclusa nella lista tra le utilities: per queste aziende è importante controllare se gli assets/fatturati sono tutti locali e quindi in ARS, e se c’è un mismatch con il debito, che potrebbe essere in USD. Una Svalutazione potrebbe uccidere l’azienda.

      Cresud è molto interessante perché l’agricoltura dovrebbe essere il perno dell’economia argentina: tuttavia fu massacrata dalle politiche economiche di Cristina Kirchner. Ed il problema è negli investimenti immobiliari tramite la controllata IRSA: quando l’avevo guardata nel 2017 il problema era proprio l’acquisto in Israele, un’azienda che aveva un enorme debito e non era contabilizzata in maniera appropriata. Potrebbe essere sottovalutata (tutto il mercato argentino probabilmente lo è), ma bisogna anche vedere la percezione degli investitori esteri. Oggi la situazione potrebbe essere differente,è qualche tempo che non la riguardo.

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    2. su pam ritengo interessanti gli assets che controlla invece su cresud concordo sull'indebitamento ma ritengo la valutazione odierna molto sacrificata. per quanto riguarda le prospettive del paese molto dipenderà dal raggiungimento di un accordo con imf e altri creditori

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    3. Per me il punto è proprio quello: non voglio "puntare" sull'esito di qualcosa sul quale ne so poco e non ho il minimo controllo.

      Su Pampa non posso commentare perchè non la conosco, ma per banche ed in parte Cresud oltre ai fondamentali (sopratutto debito in valuta estera) conta anche il sentiment del mercato (quanta voglia ha di investire in Argentina).

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