giovedì 18 giugno 2020

Banche italiane e Covid-19

Guardando i risultati recenti, sembrerebbe che le principali banche italiane non siano molto preoccupate dal lockdown e che sia “business as usual”. Questo è infatti il loro costo del rischio - ovvero gli accantonamenti per perdite sul totale dei prestiti concessi - previsto per il 2020 (tutti i numeri sono presi dalle rispettive presentazioni per Q1 2020):
  • Credem: 24 bps
  • UBI Banca: 73 bps
  • Credito Valtellinese: 77 bps
  • Banco BPM: 79 bps (“fisiologico ex-Covid” 53 bps)
  • Monte dei Paschi: 83 bps (60 bps per la componente “ordinaria”)
  • Mediobanca: 85 bps
  • Intesa: 90 bps per 2020, 70 bps per 2021
  • Unicredit: 100-120 bps per 2020 (che scendono a 70-90 bps per 2021)
  • BPER: 110 bps


È vero che Credem è una banca molto conservativa e (relativamente) più solida, ma le previsioni sono uguali al 2018 e 2019 (non è cambiato niente???) ed al valore più basso dal 2006!
Confrontatelo con quanto invece previsto da BBVA (257 bps, oltre 2x quello che sarebbe stato in condizioni normali): è vero che ha una forte esposizione all’America Latina, ma opera prevalentemente in un altro paese europeo (Spagna) colpito pesantemente dal corona virus come l’Italia.
In una situazione differente (i dati di bilancio utilizzati erano quelli del 2017), i “non certo severistress test dell’EBA del 2018 ipotizzavano nello scenario avverso perdite di circa 2,5% per le controparti basate in Italia.
Come sempre quando si parla di banche europee è interessante ascoltare i commenti di Andrea Enria, presidente del Supervisory Board del Single Supervisory Mechanism: nell’ultimo briefing con la stampa ha detto:
  1. Banks use very different scenarios and very different expectations to project their loss expectations and to determine their provisioning needs, and there is a wide variety across banks. […] In general, if you look at the cost of risk, we noticed that 40% of the banks registered an increase in cost of risk in the first quarter of 2020 compared to the first quarter of 2019 below two basis points, so very minimal. Only 9% projected an increase higher than 20 basis points, so we expect to see more in the next quarter.” BCE ha da poco pubblicato le proprie previsioni macroeconomiche, che incorporano lo shock di Covid-19 e dovrebbero funzionare da ancora per le banche: aspettiamoci previsioni più omogenee e prudenti (= più negative) nei risultati del secondo trimestre.
  2. If there is no second wave and if the recovery picks up speed now in the coming months, according to the projections of the ECB, I think that the buffers which are available in the banks' balance sheets – on aggregate of course – are quite sizeable.” In assenza di una seconda ondata, in aggregato il capitale delle banche europee dovrebbe essere in grado di affrontare una situazione simile alla crisi dei PIGS del 2011 (gli stress test del 2020 saranno condotti tra poco, quindi è difficile commentare a livello di singola banca). L’impatto potrebbe essere di circa €380 miliardi: secondo i miei calcoli molto spannometrici questo è solo 4% dei risk-weighted assets a livello europeo, ma ben 30% dell’equity.
  3. On the issue of mergers, […] yes, we have been supportive of consolidation, both domestic and cross-border consolidation. […] Domestic consolidation could enable greater cost efficiency gains in terms of overlapping distribution networks. Cross-border mergers would help in terms of revenue diversification and private risk-sharing, so making the whole area more resilient to idiosyncratic shocks. Both types of consolidation would help address the excess capacity and profitability issues that we have in the banking sector.” Come si legge nel transcript, la domanda era specifica sull’offerta di Intesa Sanpaolo per UBI Banca. Mentre come è ovvio non può commentare su singole transazioni, Enria ha voluto specificare che al contrario di quello che molti ritengono BCE non ostacola il consolidamento nel settore bancario: lo supporta, ma utilizzerà comunque tutti i suoi poteri.
La mia personale interpretazione sul punto #3 è che banche che non hanno un business model sostenibile come entità a sé stanti (ROE < COE) dovranno considerare cambiamenti radicali, ma l’unione di due medie banche domestiche non è abbastanza radicale. BCE preferisce di gran lunga spingere quelle di dimensioni inferiori nelle mani di quelle più grandi e solide: due situazioni patrimoniali precarie formano una situazione patrimoniale precaria più grande, non una banca più solida.

Conclusione: nonostante i vari rumours delle ultime settimane, BCE non vede di buon occhio un merger of equals tra UBI e Banco BPM, ed è probabile che la prima finisca invero ad Intesa.

8 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  3. Ho visto i commenti eliminati: 1 bp equivale a 0,01%.

    Per Mediobanca, ad esempio, 85 bps sono 0,85%: vuol dire che gli accantonamenti previsti per il 2020 per perdite su prestiti sono 0,85% del totale prestiti in circolazione.

    RispondiElimina
  4. sì grazie comunque, rileggendo avevo capito, con l'età...
    Effettivamente accantonamenti molto bassi in genere, ma non c'è problema, un aumento di capitale non si nega a nessuno in Italia

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Oggi solo Intesa ed Unicredit potrebbero fare un aumento di capitale "senza problemi", e probabilmente solo per acquisizioni mirate. Anche le banche più piccole "potrebbero" fare aumenti di capitale, ma a condizioni molto punitive per gli investitori esistenti.

      Elimina
  5. infatti, il nuovo capitale pagherebbe le sofferenze. Qualche bel road show, slide con numeri pompati e vai. Liquidità a mille e criticità delle teste pensanti a zero. Grazie

    RispondiElimina
  6. mi rendo conto di essere stato un po' provocatorio. Però. caspita, gli ultimi aumenti bancari hanno tutti bruciato soldi : Unicredito, MPS, Creval, ecc.

    RispondiElimina