Il prezzo era all’epoca di €5,4 ed è salito fino ad oltre €8 per poi attestarsi attorno a €7, per una performance del 30% (“shame on me!”), in linea con l’indice FTSE MIB.
Oggi, i fondamentali non sono cambiati molto:
P/E: 8,5x
P/E (5 anni): 9x
P/BV: 1,1x
Dividend yield: 2,8%
E non è cambiata nemmeno la mia opinione. I numeri per il 2013 e la prima metà del 2014 sembrano decenti, con fatturato ed utili in leggera crescita ed un significativo aumento nell’order book (da €10,2 miliardi nel 2012 a €12,7 miliardi oggi).
Il problema è che anche il debito finanziario continua a salire, toccando a giugno 2014 il valore di €1,7 miliardi a fronte di una liquidità di €360 milioni: il debito netto è oggi di €1.335 milioni rispetto a €1.000 milioni a fine 2013 e €880 milioni a fine 2012.
La nota positiva è che il debito bancario, a breve scadenza, è stato in parte sostituito con obbligazioni a più lunga scadenza (un bond equity-linked che scade nel 2019 ed uno plain-vanilla che scade nel 2020), una struttura finanziaria maggiormente in linea con progetti a lungo termine. Dall’altro lato, però, questo debito è molto costoso: il convertibile paga una cedola di 4,5% (va inoltre considerato che in caso di conversione completa ci sarà una diluzione degli attuali azionisti del 15%, non poco), mentre l’altro bond ha una cedola di 7,125% (rating B1/B+).
Il motivo per cui il debito continua a crescere è evidente nel rendiconto finanziario: i flussi di cassa generati dall’attività operativa sono scesi da €43 milioni nel 2012 a meno di €10 milioni nel 2013, ed a -€200 milioni nel primo semestre 2014 (potrebbero non essere significativi e ben diversi a fine anno). La causa è nel sempre elevato working capital: su lavori in corso d’opera per circa €10,3 miliardi Astaldi ha ricevuto acconti dai committenti per €8,8 miliardi e quindi ha dovuto “anticipare” di tasca propria circa €1,5 miliardi. A fronte di questo, le passività correnti per anticipi sono di circa €750 milioni, quindi Astaldi deve finanziare (in un modo o nell’altro) circa €750 milioni per i lavori già iniziati.
La leva finanziaria di Astaldi, misurata come assets/equity è oggi di 7,8x: per ogni €1 di mezzi propri ci sono quasi €7 di debito, in una forma o l’altra. Considerando l’attività di general contractor, parte di questi assets sono “Importi dovuti dai committenti” (come detto, importi già ricevuti per lavori in corso); al netto degli “Importi dovuti ai committenti”, la leva si attesta comunque a 6,5x, un valore molto alto per un titolo industriale [ben superiore, ad esempio a Bouygues, che ha una leva inferiore a 4x].
A pagina 101 della relazione semestrale sono indicati i livelli dei covenant finanziari:
- Rapporto tra Posizione Finanziaria Netta (PFN) e Patrimonio Netto (PN) di gruppo minore o uguale a 2,30x
- Rapporto tra Posizione Finanziaria Netta (PFN) ed Ebitda di gruppo minore o uguale a 3,85x
- Ebitda Astaldi S.p.A. superiore al 65% dell’Ebitda di gruppo.
Il primo covenant (rapporto tra PFN e PN) era di 1,75x nel 2012, di 1,95x a fine 2013 ed è salito a 2,30x oggi. Questo limite non è presente nel prospetto dell’obbligazione 2020 (a meno di errori nella ricerca, l’offering memorandum è di 597 pagine…), anche se ci sono le altre limitazioni standard a quello che l’azienda può fare, come emettere altro debito senior, dismettere assets, etc… Quindi questo limite fa riferimento al debito bancario.
Secondo i calcoli della stessa Astaldi, PFN è di €1.100 milioni perché include tra le attività, oltre alla liquidità disponibile, anche i crediti finanziari correnti e non correnti (secondo le regole promulgate da CONSOB). Con un patrimonio netto di €565 milioni, il rapporto è oggi di 1,95x e permette alla società di affermare (pagina 102) che: “Tutti i covenant risultano rispettati”. Un calcolo più conservativo di tutte le passività finanziarie ed escludendo i crediti finanziari porta invece a PFN di €1.335 milioni, per cui il rapporto sarebbe di 2,36x, oltre il limite richiesto. Indipendentemente dal modo in cui è calcolato, Astaldi è sempre pericolosamente vicina a violare i covenant, tanto che negli ultimi anni ha dovuto spingere per un aumento di questo limite nei nuovi prestiti bancari.
Nella presentazione del business plan per il periodo 2013-2018, il management sottolinea l’importanza di “[…] mantenere una struttura finanziaria ottimale per supportare gli obiettivi di lungo termine”, ma molto poco è detto su come pensano di ridurre l’impatto del working capital.
Fonte: Astaldi - Presentazione del piano industriale 2013-2018.
Il focus della società sembra essere sulla crescita del backlog e sulla diversificazione internazionale: anche se il rendimento di questi progetti fosse sufficiente (il ROIC negli ultimi 10 anni è sempre stato attorno a 11%-12%), il problema rimane il loro finanziamento durante la loro esecuzione. Ai ritmi attuali, più Astaldi cresce, e più la sua situazione patrimoniale diviene precaria.
Complimenti Matteo.. ci avevi visto giusto ed in tempi lontanissimi.
RispondiEliminagrazie, molto gentile
EliminaE come vedi la ripresa del titolo di queste ultimissime settimane? Speculazione?
RispondiEliminaNon vedo questa grande ripresa: dal minimo di €2 a €2,6 oggi è si +30%, ma il mese prima stava a €6... in genere il mercato prima spara e poi chiede chi è, quindi questo andamento non è sorprendente (sperando che non sia il famigerato "dead cat bounce"!)
EliminaDevo ammettere che non l'ho seguita più di tanto, ma se l'aumento di capitale verrà completato l’azienda sarà sicuramente più solida, potrà sostenere la crescita ed attorno a €3 sarà sicuramente più interessante di quando stava a €6-8.
Ciao Matteo,
Eliminache ne dici che ora il titolo Astaldi è crollato a 1,15€? Siamo vicini al fallimento oppure con il nuovo getto di capitale l'azienda si riprenderà?
Grazie
Carmine
Devo ammettere che non ho più seguito il titolo: con l'aumento di capitale penso che problemi di fallimento non ci siano (dovrebbero avere fatto bene i conti...), il problema per me rimane la bassa reddività dell'azienda
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