Questo interessante articolo (“What’s your competitive advantage?”) discute se sia possibile per un investitore individuale battere i “professionisti”.
Si legge infatti ovunque che queste probabilità sono nulle per i piccoli investitori, perché non hanno accesso alle informazioni, ai dati in tempo reale ed alle analisi che invece hanno a disposizione gli istituzionali. Ogni volta che facciamo una transazione c’è qualcuno che assume la posizione opposta, e spesso ne sa più di noi. Sembrerebbe che investire sia solo un modo per far aumentare i profitti degli intermediari (ed in gran parte, purtroppo, è proprio così).
Quanto detto è assolutamente corretto per le strategie di trading: non sorprende che l’industria degli investimenti spinga verso comportamenti di breve periodo e trading forsennato (“la nostra strategia è flessibile e reagisce istantaneamente ai cambiamenti del mercato”; “trend is your friend”; “il canale ascendente mostra chiaramente come a breve supererà il precedente massimo”), perché è esattamente così che loro fanno i soldi, mentre voi no. Risulta però incomprensibile il motivo per il quale molti piccoli investitori siano determinati a competere testa a testa con gli istituzionali esattamente nel campo a loro più sfavorevole. L’unica spiegazione è che non si rendono conto di quanto siano veramente sfruttati. L’articolo sopra citato paragona questo svantaggio alla guerra degli inglesi a Zanzibar: come documentato da Wikipedia, questa guerra durò la bellezza di 38 minuti e finì con gli inglesi che furono addirittura rimborsati per le munizioni sparate.
Quindi, la conclusione è che dovremmo smettere di fare fatica e affidare i nostri soldi agli istituzionali così che possano gestirli per noi? Il realtà no, perché come l’articolo conclude, basta determinare qual è il nostro vantaggio competitivo: contrariamente a quello che si può pensare, ne abbiamo in realtà molti rispetto ad un gestore professionista.
Restrizioni sulle asset class e/o titoli in portafoglio. Molti gestori sono limitati ad investire in specifiche classi. Alle volte sono dovute ai mandati che hanno ricevuto: ad esempio, solo azioni a grande capitalizzazione o solo obbligazioni governative. La maggior parte dei grandi investitori istituzionali come fondi pensione ed assicurazioni utilizzano un schiera di consulenti che dovrebbero aiutarli nell’asset allocation ma che alla fine, sulla base di presunte diversificazioni, finiscono per costringere i gestori ad avere dei mandati molto stringenti riguardo quello in cui possono investite.
Un investitore privato invece non ha nessuna restrizione: può considerare un investimento come un qualsiasi altro acquisto e può comprare quello che più gli piace dove trova le migliori opportunità al miglior prezzo. Se le azioni sono a buon mercato, si comprano azioni; quando le obbligazioni sono una scelta superiore, allora si investe nel fixed income. Se gli US sono costosi, magari in Europa o Asia ci sono condizioni più favorevoli.
Rischio di reputazione. Più spesso le restrizioni sono auto-imposte, implicitamente o esplicitamente, dai gestori stessi, poiché il loro obiettivo non è in realtà di ricercare le migliori opportunità bensì di non deviare troppo dal benchmark di riferimento per ridurre le probabilità di fare peggio del mercato. Per un gestore è molto semplice spiegare ai suoi capi ed ai clienti perché il portafoglio è composto da Apple, Google e JP Morgan: se le cose dovessero andare male, la colpa sarà del mercato e raramente del gestore stesso. È molto più difficile spiegare perché si è investito nei titoli subordinati di una banca in amministrazione controllata, in una sconosciuta società olandese o in un fondo chiuso a sconto sul NAV. Molti ritengono che questi investimenti siano più “rischiosi” che comprare Facebook o puntare sulla crescita della Cina, e questo è esattamente il motivo per il quale possono invece presentare le migliori opportunità. Questo anche perché molti fondi sembrano gestiti non da portfolio managers, bensì da risk managers (che analizzano i mercati guardando nello specchietto retrovisore) o dal dipartimento marketing (che invece punta soprattutto su quello che è di moda).
“The reason GE traded at $55 in 2001 was because I’d estimate that 95% of the dollars invested in the U.S. stock market were either indexed or closet indexed – people had to own it to keep up with the benchmark. If they thought it was overvalued, their response would be to maybe buy only a 3% position rather than the 4% weighting in the benchmark. That’s the type of irrational behaviour that can create inefficiency. (Ric Dillon)”Dimensioni del fondo e liquidità. Gli investitori istituzionali che volessero sfruttare il premio per la liquidità hanno due problemi: 1) non controllano versamenti/prelievi dal fondo, 2) la dimensione delle masse gestite è importante.
Supponiamo che un segmento relativamente liquido del mercato presenti al momento delle interessanti opportunità: il gestore decide di investire ma all’improvviso il sentimento di mercato cambia, molti clienti si spaventano e ritirano i loro capitali, forzando il gestore a vendere le posizioni nel momento peggiore. Quindi il gestore può fare tutto bene ed avere una visione di lungo periodo, ma il suo orizzonte temporale sarà molto più breve a causa di fattori esterni al suo controllo.
La dimensione dell’investimento è anch’essa importante: per un portafoglio di €10 milioni, trovare un eccellente titolo nel quale però si possono investire solo €500.000 può fare un’enorme differenza; per un portafoglio da €1 miliardo non vale la pena nemmeno cominciare ad analizzarlo. È questo il motivo principale per il quale moltissime small/mid-caps non sono seguite dal sell-side: le loro dimensioni ed il volume di contrattazioni non è sufficiente per i grandi fondi che sono i loro clienti e quindi non perdono tempo ad analizzarle e produrre dettagliati report.
Visione di lungo termine. Uno dei principali vantaggi di un investitore privato è proprio di poter ragionare a lungo termine senza particolari limitazioni. Quanto è lungo il “lungo termine”? Anche se non si è Warren Buffett, che risponde “Forever”, per il mercato azionario si deve comunque pensare a 3-5 anni (meglio di più). Questo lasso di tempo è adeguato per avere un margine sugli altri investitori.
Molti investitori istituzionali sono pressati da comitati investimenti ed investitori impazienti, che si focalizzano sui risultati trimestrali se non mensili. Questo li forza a fare scelte che sacrificano le performance di lungo periodo per cercare di far bene nei prossimi 30 o 90 giorni, ed apre la porta a quello che si chiama time arbitrage: semplicemente comprando quello che è sottovalutato ed aspettando pazientemente, il mercato prima o poi ti darà la possibilità di rivenderlo a prezzo superiore.
“We focus on the ‘what’, and we don’t worry about the ‘when’. (Warren Buffett)”Al contrario, la maggioranza degli investitori vende nei momenti di panico e compra dopo un significativo rialzo, ovvero nei momenti sbagliati. Questo ciclo continua a ripetersi, perché i mercati sono fatti da persone umane che hanno la tendenza ad agire in maniera irrazionale: comprano e vendono sulla base di emozioni o della mentalità di gruppo, ed è questo che crea le opportunità per gli investitori pazienti.
“Time is our friend. Today there’s so much money chasing quarterly performance or driven by program trading, index funds or ETFs. That leaves a real opportunity for fundamental investors like us who are looking out two to four years to find inflections in businesses which aren’t currently appreciated by the market. (Joe Wolf)”
“We have no problem buying things that take a long time to play out. Call me lazy, but I don’t want to worry about last week’s same-store sales or next week’s oil price. (Jeffrey Schwarz)”
“It’s still true that the biggest players in the public markets – particularly mutual funds and hedge funds – are not good at taking short-term pain for long-term gain. The money’s very quick to move if performance falls off over short periods of time. We don’t worry about headline risk – once we believe in an asset, we’re buying more on any dips because we’re focused on the end game three or four years out. (Jeffrey Ubben)”La strada meno battuta
“Investors come up with all kinds of reasons to own or not own stocks, and in times of stress the reasons can become nonsensical because people get driven by this cascade of negative information. We see analyst reports all the time that say they don’t like a stock short-term or they don’t see a catalyst in the next six months, but that it’s attractive long-term. Implicit in that is the notion that, “I’m going to know exactly the right time to step in and I’ll let you know a few days before it’s obvious to the rest of the market.” Based on our experience and everything we’ve seen about people’s ability to time the market, we don’t understand how to make money on that basis. One of the key strengths of a time-tested process is that it anchors you on more objective measurements. Having that kind of discipline helps you keep your wits about you. (Tweedy Browne)”
Per un investitore individuale, la libertà di investire in qualsiasi asset class e qualsiasi strumento senza preoccuparsi del nome, dimensione o paese di origine, è a mio avviso un significativo vantaggio rispetto ai gestori istituzionali. Se ci aggiungiamo il pieno controllo sui fondi e la possibilità di avere un orizzonte di lungo periodo, il vantaggio diviene ancora più ampio. [Importante: questa non è una garanzia, ci sono ancora problemi come frodi o value traps che occorre evitare.]
Non c’è niente di sorprendente in queste conclusioni: small caps, contrarian, value investing e buy-and-hold sono strategie note ed utilizzate con successo da decenni, al punto che regolarmente viene fuori qualcuno che afferma: “In questo mercato queste strategie non funzionano più!”. Ma l’idea che ci possano voler anni per vedere i risultati è un anatema per la maggior parte degli investitori, ed è proprio il motivo per il quale queste strategie continueranno a funzionare.
“Our strategy from the beginning has been to focus on areas where we believe we can have some advantage, where there is a greater prevalence of irrationality and higher likelihood of mispriced assets. For us, that’s not going to be investing in Microsoft or in some quantitative strategy against a room of Goldman Sachs’ Ph.D.’s with supercomputers. We have to be guerrilla investors, lying in the weeds and picking off opportunities among the obscure and mundane. That usually means small, ignored companies that no one else is talking about. (James Vanasek)”
Nessun commento:
Posta un commento