Determinare la corretta allocazione tra azioni ed obbligazioni è da sempre una delle prime decisioni nella costruzione di un portafoglio. Da qualche tempo, tuttavia, complici le varie crisi, molti investitori hanno cominciato a cercare esposizioni alternative a quelle tradizionali: non sorprende quindi che, assieme agli ETF smart beta, i fondi denominati Absolute Return siano tra i più venduti negli ultimi anni.
Le principali attrattive di queste strategie sono di offrire rendimenti non-correlati, di ridurre la volatilità del portafoglio e di non dipendere dall’andamento dei mercati per generare performance positive. Sono mutuate da quello che prima veniva offerto ai soli clienti istituzionali e più sofisticati (hedge funds), in forme che hanno allargato la disponibilità ad una platea più ampia di investitori. Alcuni (pochi?) di essi conoscono forse le caratteristiche di strategie come long/short equity, commodities, valute o mercati futures. Paradossalmente, molti meno hanno invece idea di cosa siano veramente i fondi absolute return in campo obbligazionario.
Anche se può avere significati differenti a seconda della strategia perseguita e dell’asset class in cui si investe, la definizione absolute return ha due caratteristiche imprescindibili:
- rendimenti positivi indipendentemente dalla direzione dei mercati sottostanti
- bassa correlazione con le classi di investimento tradizionali
Le tecniche utilizzate per raggiungere questi obiettivi includono vendite allo scoperto (short selling); uso di opzioni ed altri derivati; leva finanziaria; ed investimenti in strumenti “non-tradizionali”. Poiché una strategia absolute return non fa affidamento sull’andamento dei mercati quanto piuttosto sulla bravura del gestore, è essenziale capire gli obiettivi, l’approccio e gli strumenti utilizzati nella costruzione del portafoglio per valutarne i risultati storici e le prospettive future.
Obbligazioni ed absolute return
Sotto molti aspetti, gli investitori hanno da sempre considerato le obbligazioni come investimenti “absolute return”. In fondo, la caratteristica principale della componente obbligazionaria di un portafoglio è proprio quella di renderlo “stabile”: escludendo un evento di default, le obbligazioni devono produrre una rendita periodica, preservare il capitale nei periodi di stress del mercato e diversificare dalle attività più rischiose come le azioni.
Le condizioni macroeconomiche degli ultimi 30 anni (ed ancor di più degli ultimi 5) hanno favorito una situazione nella quale non è stato necessario utilizzare tecniche complesse per ottenere buoni risultati dal fixed income: è bastata una semplice posizione lunga che replicava, più o meno, il mercato.
Ad una analisi più attenta, tuttavia, si può notare che la fonte principale di stabilità nei portafogli obbligazionari è stata la duration, rappresentata dal rischio di tasso d’interesse. Il grafico sottostante mostra la performance di alcune strategie obbligazionarie in momenti di stress dei mercati azionari, rappresentati dall’indice MSCI World. Per le obbligazioni sono riportati i rendimenti dei titoli di stato tedeschi (TSY), di obbligazioni corporate investment-grade globali (IG), di obbligazioni high yield globali (HY) e di obbligazioni dei mercati emergenti (EMD). Con l’eccezione di TSY, per i quali è indicato il total return, per le altre strategie è riportato l’excess return, ovvero quella parte del rendimento che non è dovuta ai movimenti dei tassi sottostanti bensì a tutti gli altri fattori (spread, rischio di default, liquidità, opzionalità, struttura, etc…) che sono impliciti in questi strumenti. (I rendimenti sono espressi nella valuta locale dei titoli presenti negli indici: utilizzare valute/indici diversi porta a valori diversi ma non invalida minimamente le conclusioni.)
Come si può vedere, durante questi periodi l’excess return è praticamente sempre negativo e correlato con i mercati azionari. L’unica, vera forma di stabilità per il portafoglio nei momenti di “panico” è data dal rischio di tasso/duration, rappresentato dal rendimento dei titoli di stato.
Oggi la situazione è ulteriormente complicata dal fatto che i tassi d’interesse sono globalmente ai minimi storici: il rischio di tasso è oggi uno stabilizzatore molto meno potente per i portafogli obbligazionari di quanto lo sia stato nel passato. Al contrario, potenzialmente è una fonte di perdite se i tassi dovessero normalizzarsi.
Il basso rendimento di molte obbligazioni è stato proprio uno dei fattori che hanno portato all’esplosione di strategie meno tradizionali. Ma la loro proliferazione ha portato anche ad enorme confusione. Una prima soluzione è stata quella di ricorrere a strategie attive di tipo unconstrained, rimuovendo i limiti naturali imposti dal benchmark sottostante e lasciando il gestore libero di investire dove ritiene vi siano le migliori opportunità.
Le strategie absolute return sono un sottoinsieme di quelle unconstrained: oltre ad ampliare l’universo di titoli disponibili, hanno anche l’obiettivo di ridurre la correlazione con le attività rischiose, ben evidenziata nel grafico. In altre parole: gli investitori ricercano i tradizionali benefici delle obbligazioni (mantenimento del capitale e rendimenti stabili) ma usando strumenti/tecniche alternative con bassa correlazione con i normali beta di mercato.
Caratteristiche di un fondo obbligazionario absolute return
Detto questo, un fondo non è absolute return semplicemente perché gli diamo questo nome, ma deve avere delle caratteristiche precise.
- Non elimina in maniera strutturale i rischi di tasso e di credito, cioè i due principali beta obbligazionari. In altre asset class, un gestore absolute return cerca di ridurre, rimuovere o addirittura andare short il beta di mercato. Ma le obbligazioni sono differenti: il rendimento può essere positivo anche se il loro prezzo non si muove. Questo significa che in genere paga essere long beta, mentre può essere un costo anche significativo essere short beta: il timing dell’esposizione diviene ancora più importante.
- Ha accesso a fonti di rendimento positive non-correlate con il beta di azioni ed altre obbligazioni. Il fondo deve essere un vero diversifier rispetto alle altre asset class, ed in campo obbligazionario questo può essere realizzato soltanto solo se il gestore può sfruttare il più ampio spettro di tecniche e strumenti: long/short credit (CDS), posizionamento sulla curva dei tassi, prodotti strutturati, titoli insurance-linked, strumenti non-tradizionali in mercati privati, …
- Produce rendimenti positivi in una varietà di scenari di mercato e di situazioni macroeconomiche. Come detto, un portafoglio absolute return deve avere differenti fonti di rendimento, ma soprattutto proteggere nei momenti di stress: non può essere semplicemente eccellente nello scenario-base, ad esempio farà bene quando la Fed alzerà i tassi o in caso di inflazione.
- Ha un approccio sistematico alla copertura dei rischi (hedging). Questo va ben oltre la selezione dei singoli titoli per minimizzare il rischio di default: la gestione dei drawdown e l’andamento periodico dei rendimenti sono altrettanto importanti, perché gli investitori potrebbero non dargli il tempo di recuperare le perdite subite in periodi di elevata volatilità. I fondi absolute return obbligazionari devono essere costruiti per essere, appunto, positivi sia durante le normali fasi di mercato che nei momenti di stress. Questo vuole dire che il processo di costruzione del portafoglio deve saper anticipare i tail risk, identificando le coperture più efficienti in queste situazioni. Ne consegue che il fondo deve essere hedged (almeno parzialmente) in ogni singolo istante: il rapporto di copertura può variare nel tempo a seconda delle situazioni di mercato, ma l’ida di fondo di identificare e coprire dai rischi per quanto lontani deve essere sempre presente nella mente del gestore. Un fondo absolute return “rinuncia” continuamente a parte del rendimento normale per offrire una copertura sistematica dei rischi estremi.
Molto di quello che si sente correntemente dire riguardo alle strategie obbligazionarie absolute return è focalizzato su un singolo scenario: mitigare il rischio di tasso in caso di possibili rialzi da parte delle banche centrali. Ma questo è soltanto uno degli aspetti, e nemmeno il più importante, di queste strategie, ed un fondo che mira a fare soltanto questo fallirà miseramente in molte altre situazioni.
Al contrario, è sempre bene ricordare alcune considerazioni basilari:
- L’unica vera asset class che fornisce protezione sotto forma di rendimenti negativamente correlati nei momenti di stress dei mercati azionari sono i titoli di stato dei paesi “sicuri” (o in alternativa la liquidità).
- Un fondo obbligazionario che “compra un po’ di tutto, comprese azioni ed altro come nei fondi flessibili” può essere un buon fondo unconstrained, ma questo non lo rende automaticamente absolute return: potrà certamente ottenere un alpha rispetto ad un benchmark prefissato, ma sarà sempre “direzionale”. Per essere veramente absolute return occorre un approccio più olistico ed, ovviamente, skills che non tutti i gestori hanno.
- Nemmeno dire che un fondo ha un obiettivo di rendimento slegato dall’andamento dei mercati obbligazionari (ad esempio: Euribor + 500 bp) è sufficiente. Questo perché potrebbe necessitare di tolleranze al rischio molto diverse per raggiungere questo obiettivo in differenti situazioni di mercato. Poiché un vero fondo absolute return è focalizzato sulla successione dei rendimenti, e non sul semplice risultato, non dovrebbe assumere maggiori rischi per raggiungere un obiettivo di performance a tutti i costi.
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