giovedì 12 settembre 2013

Gruppo SOL: solida e ben gestita, ma con un sufficiente margine di sicurezza?


SOL (ISIN: IT0001206769, Bloomberg SOL:IM) è una società italiana attiva nella produzione, ricerca applicata e commercializzazione di gas industriali puri e medicinali, ed in quello dell’assistenza medicale a domicilio. Oggi SOL è una multinazionale presente in 20 nazioni europee (oltre a Turchia ed India) con oltre 2,100 dipendenti.


Ad una prima, veloce analisi, si può notare immediatamente come dopo il crollo di fine 2011 a seguito della crisi italiana, il prezzo sia costantemente aumentato a partire dal 2012: anche se non è ancora tornata ai massimi del 2011, i fondamentali non sembrano indicare un titolo a buon mercato:

P/E:                             17,7x
P/E (5 anni):                16,9x 
P/BV:                            1,3x
EV/FCF:                       126x (!) 
Dividend yield:              1,8%

Se guardiamo ai flussi di cassa per azione vediamo un andamento alquanto irregolare, dove solamente gli ultimi 4 evidenziano valori stabilmente positivi ma comunque molto risicati. Se a questo aggiungiamo un aumento costante del debito finanziario, non rimane molto di interessante in questa azienda.


Altri dati, tuttavia, mostrano un quadro più incoraggiante.


Anche se il business non è particolarmente redditizio (è molto capital intensive), i margini operativi e netti sono alquanto stabili, mentre gli utili per azione sono cresciuti in maniera sufficiente nel corso degli ultimi 14 anni (oltre 8% composto annuo). La storia diventa veramente interessante quando si passa ad analizzare la performance dei due segmenti in cui SOL opera, quelli dei gas tecnici (industriali) e per uso medico (homecare): nel secondo segmento, sia i margini operativi che i rendimenti del capitale sono, in media, praticamente il doppio dei primi. 


Il business dei gas industriali è relativamente semplice, ed è assimilabile a quello di una utility non regolamentata. Questi gas sono difficili e pericolosi da trasportare su lunghe distanze: operare una fabbrica in una determinata regione crea delle barriere molto elevate all’ingresso di altri concorrenti, perché per farlo si dovrebbe in primo luogo costruire un nuovo impianto, in quanto è molto difficile trasportare questi gas da una diversa regione a costi competitivi. Dall’altro alto, il pricing power delle aziende esistenti non è illimitato, perché se in una regione i prezzi aumentano troppo ed i margini di profitto diventano sufficienti vi è un incentivo a costruire nuovi stabilimenti. Poiché dal punto di vista tecnologico questo non è complicato (non esistono brevetti o tecnologie proprietarie), il tutto si riduce essenzialmente ad una questione di capitale e del suo rendimento atteso. 

SOL sembra avere una solida quota del mercato italiano dei gas industriali (~15%), e la sua redditività è in linea con quella del leader europeo Linde (LIN:GR): i margini netti dell’azienda tedesca sono anch’essi attorno a 5%-8% (in aumento negli ultimi 3 anni), mentre il ROIC si attesta in un range tra 6% e 8%. Quindi un player più piccolo e con un focus contenuto riesce ad avere rendimenti simili ai competitor più grandi, un altro segno che esistono effettivamente dei vantaggi competitivi a livello locale.

Quello che è molto più degno di attenzione, tuttavia, è l’altro segmento, quello dei gas per uso medico dove SOL opera attraverso una società controllata chiamata Vivisol. Vivisol gestisce i servizi di terapie domiciliari con la fornitura di tecnologie e cure ad oltre 130.000 pazienti in Europa, con il core business nell’area respiratoria, ovvero ossigeno liquefatto per pazienti che necessitano di assistenza alla respirazione. Questo è un ottimo business ripetuto, perché questo tipo di pazienti ha bisogno di ossigeno per il resto della loro vita e questo deve essere rimpiazzato su base giornaliera o settimanale. Per pazienti “statici” (ad esempio in ospedale) può essere costruito una sorta di compressore, ma per i pazienti “mobili” l’unica soluzione sono le piccole bombole da trasporto.

Come si può immaginare, questo non è un business che rischia una concorrenza agguerrita sul prezzo: è difficile pensare che qualcuno compri l’ossigeno su Amazon o su eBay, perché sono necessarie delle licenze che attestano il raggiungimento di certi standard medici e perché le bombole devono essere tenute ad una temperatura di -190 gradi. Non vi è quindi il rischio di dis-intermediazione da parte di Internet o simili.

Come per i gas tecnici, anche per quelli medici esistono dei vantaggi dovuti alla localizzazione, poiché non ha senso spedire per migliaia di chilometri su base giornaliera o settimane le bombole di ossigeno ad ospedali e pazienti. Pertanto, una volta che la capacità produttiva locale ed il sistema di distribuzione sono installati, è difficile per altri concorrenti entrare in quel mercato. Rispetto ai gas industriali, in questo segmento si crea anche una sorta di effetto network, poiché i pazienti aggiuntivi all’interno di una determinata area sono verosimilmente portati ad usare i servizi di una singola società (ad esempio attraverso le referenze degli ospedali). Non ho trovato dati per il solo segmento medico, ma in termini di fatturato Vivisol dovrebbe essere il numero 3 o 4 in Europa, dietro Linde ed Air Liquide (AI:FP).

Situazione patrimoniale 
SOL non è quello che si definisce un asset play (ovvero un’azienda con assets nascosti), poiché il suo valore principale è dato dai vantaggi competitivi a livello locale. Ma una solida struttura patrimoniale è essenziale per limitare il downside nel caso in cui la tesi alla base dell’investimento non si realizzasse come ipotizzato.
  • Goodwill: ottime notizie su questo fronte, in quanto SOL ha solo un minimo ammontare di goodwill (€25 milioni rispetto a €392 milioni di equity alla semestrale del 30 giugno 2013). Paragonato a Linde o Air Liquide, questo è eccellente: Air Liquide ha solo metà del suo book value in attività tangibili, mentre Linde ha un valore tangibile di libro negativo a causa delle sue acquisizioni passate. Giusto per essere chiari, non vi è niente di male nel goodwill se rappresenta un vero vantaggio economico; un valore di libro tangibile sostanzioso non è per di sé una garanzia di successo, ma almeno limita in qualche modo il rischio di downside.
  • Debito: i debiti finanziari non sono sfortunatamente insignificanti. Con circa €215 milioni di debito netto al 30 giugno, il rapporto tra debito e capitale investito (a valori di mercato) è attorno a 30% - gestibile e simile a Linde (25%) ma superiore ad Air Liquide (17%). Il debito è costituito prevalentemente da prestiti bancari, ma SOL è anche stata capace di emettere due obbligazioni in private placement presso due investitori istituzionali statunitensi (per un totale di €75 milioni). Le due obbligazioni, emesse nel 2012 e 2013, hanno lunghe scadenze (12 anni) e sono state fatte a tassi interessanti (cedole di 4,75% e 4,25%, rispettivamente): questo dimostra che un’azienda italiana ben gestita può indebitarsi sui mercati internazionali a tassi migliori dello stato italiano (!). Poiché ci sono pochi covenants e nessuna scadenza critica, la struttura finanziaria è ben congeniata.
  • Altri elementi (pensioni, leasing operativi, …): non ci sono altri elementi nel bilancio tranne quelli necessari per gestire il business operativo, quindi niente minorities e solo una marginale partecipazione in società collegate. SOL sembra focalizzata sul suo core business piuttosto che essere interessata ai giochini con struttura piramidale tipici delle aziende italiane. Non ci sono nemmeno significative voci off-balance, come ad esempio leasing operativi: la società finanzia una piccola parte degli assets con leasing finanziari che sono già inclusi nella posizione debitoria netta. Infine, SOL non ha significati debiti pensionistici, poiché i piani di contribuzione aziendale non sono ancora molto popolari in Italia: meno di €11 milioni in riserve per “TFR e benefici ai dipendenti”. Molto interessante, la stima di queste riserve è fatta usando dei tassi di sconto molto conservativi. 


Azionisti e management 
I maggiori azionisti (al 31 dicembre scorso) sono:

  • 60% una società olandese denominata “Gas and Technologies World”, che è il veicolo della famiglia Fumagalli, fondatrice dell’azienda; Aldo Fumagalli Romario è anche Presidente ed Amministratore Delegato;
  • 7,4% Tweedy Browne
  • 7%  Sofia Annoni, per conto di Stefano Bruscagli, membro del consiglio di Sol SpA
  • 5% Bestinver
  • 3% Alberto Tronconi, ex-dirigente di Sol SpA
  • 1,1% Leonardo Alberti, attuale dirigente di Sol Spa

Quindi in totale il 60% è detenuto dalla famiglia controllante ed un altro 11% da dipendenti ed amministratori. Non sembrano esserci problemi di corporate governance (nessuna transazione tra azionisti/dirigenti e la società, un’eccezione piuttosto che la regola in Italia…) ed i principali dirigenti non hanno compensi eccessivi, attorno a €400.000 per il top management. 

Debolezze

  • Il business dei gas industriali è molto capital intensive, quindi questa non è una free cashflow franchise come potrebbe essere Coca-Cola, quanto piuttosto un business di real investment. Se SOL fosse un’azienda anglosassone avrebbe probabilmente proceduto ad uno spin-off di Vivisol (i cui margini e prospettive di crescita superiori avrebbero giustificato un multiplo maggiore) e gestito il segmento dei gas tecnici come una cash cow (ad esempio con riacquisto di azioni ed investimenti minimi per mantenere l’operatività).
  • Esposizione all’Italia. Questo punto è ovvio: nonostante l’espansione all’estero il fatturato è ancora generato per il 60% in Italia. Anche se questo è un business più stabile di altri, rimane comunque esposto alla situazione economica del nostro paese.
  • Spese per investimenti: parte degli investimenti negli ultimi due anni sono stati dedicati a costruire una centrale idroelettrica in Macedonia, che non sembra rientrare esattamente nel business operativo.
Valutazione 
Per valutare il settore homecare si possono utilizzare due transazioni simili avvenute recentemente. Nell’aprile 2012 Linde ha infatti comprato da Air Products un business molto simile a quello di Vivisol per un prezzo totale di €604 milioni: poiché quel business generava un fatturato di €210 milioni, il prezzo è stato pari ad un multiplo EV/Sales di 2,9x. Nel giugno del 2012 Air Liquide ha invece completato l’acquisizione di LVL Medical per un enterprise value di €316 milioni, ad un multiplo delle vendite (€104 milioni) di 3x. Anche se non sono disponibili informazioni dettagliate sulla redditività di questi due business, sembra che gli acquirenti corporate siano disposti a pagare 3x EV/Sales per acquisire il controllo in transazioni private. Poiché Vivisol ha caratteristiche di fatturo simili (fatturato di €273 milioni negli ultimi 12 mesi), utilizzando questo multiplo darebbe un valore dell’enterprise value di circa €820 milioni per il solo segmento homecare. Se deduciamo un 20% come premio per il controllo, abbiamo un enterprise value di €683 milioni. [* Lo so, 20% è il premio che di solito viene utilizzato soprattutto negli ambienti accademici, ma è totalmente arbitrario!]

Per il settore dei gas tecnici, tutti i maggiori competitor hanno trattato storicamente a circa 13x-17x EV/EBIT (oggi tutti verso il valore superiore). Utilizzando i valori normalizzati ed applicando uno sconto per le minori dimensione e minore diversificazione geografica di SOL, possiamo utilizzare un multiplo EV/EBIT di 12x, che, con un EBIT 2012 di €28 milioni per il segmento gas tecnici, significa un enterprise value per il segmento di €332 milioni. [NB: pur generando un maggior fatturato rispetto al segmento homecare, il segmento dei gas tecnici ha un valore inferiori a causa della sua inferiore redditività e crescita attesa.]

In totale quindi abbiamo una stima dell’enterprise value di €683 ml + €332 ml = €1.015 milioni; sottraendo i debiti netti di €215 milioni abbiamo un valore intrinseco di SOL di circa €800 milioni, rispetto ai €515 milioni della capitalizzazione attuale (per azione, circa €8,8 vs. €5,7 corrente, per un margine di sicurezza del 35%).

Oltre due terzi del valore di SOL sono dati dal segmento homecare, che cresce a tassi di gran lunga superiori rispetto ai gas industriali (13% annuo composto negli ultimi 5 anni vs. 3%, rispettivamente) ed ha rendimenti molto superiori. 

Riassunto

  • Business model (+): esistono dei vantaggi competitivi locali ed una parte del gruppo è sufficientemente redditizia e cresce a tassi interessanti sulla base di un business ripetuto, incluso un effetto network;
  • Situazione patrimoniale (+): il debito non è indifferente e superiore ai competitor, ma la struttura patrimoniale è costruita in maniera sufficientemente conservativa;
  • Azienda a controllo e gestione familiare, senza particolari problemi di corporate governance (+);
  • Due eccellenti investitori value (Tweedy Browne e Bestinver) tra i maggiori azionisti (+);
  • Nonostante l’espansione internazionale, ancora una significativa esposizione all’Italia (-); 
  • Il business è capital intensive e richiede costanti investimenti (--);
  • Nessun report da parte del sell-side (l’ultimo sembra essere di Unicredit nel 2005!) e nessuna inclusione in indici azionari (++): lungi da essere un fattore negativo, questo è per me invece molto positivo, perché significa che per la maggior parte dei grandi fondi internazionali focalizzati sui risultati di breve periodo questa azienda non è molto interessante, e questo aumenta le probabilità di trovare situazioni di mis-pricing.
  • Un buon – ma non super – margine di sicurezza (+)

Conclusioni 
I plus nel sommario qui sopra sono di gran lunga superiori ai minus. Tuttavia, non sono ancora convinto della valutazione. Per chi pensa che il settore homecare possa continuare a crescere ai ritmi recenti, vi è sicuramente spazio per maggior valore, perché questo cresce con l’espansione del fatturato (assumendo che i margini rimangono stabili). Ma la mia valutazione precedente è alquanto aleatoria: il multiplo di EV/Sales di 3x può essere usato in transazioni private, ma non vi è nessun segnale che la famiglia Fumagalli sia disposta a cedere il controllo o a separarsi da Vivisol. Ed anche il multiplo di 12x per EV/EBIT per il settor gas tecnici potrebbe essere ottimista, viste le ridotte dimensioni rispetto ai giganti internazionali e la minore diversificazione geografica.

SOL era molto più attraente la scorsa estate attorno a €4, quando ho cominciato a guardarla e devo ammettere che, sbagliando, non ho avuto il coraggio di comprarla! Ad un P/E di 18x tratta a premio rispetto al mercato in generale: sarei molto più interessato se il prezzo diminuisse attorno a 1x P/BV (quindi circa €4,5), ad esempio per una correzione generale dei mercati azionari o per nuove paure sulla tenuta dell’Italia o dell’Europa, quindi non per cause legate ai fondamentali di SOL. Questo potrebbe effettivamente accadere: nel mese di luglio il prezzo è sceso precipitosamente fino a €4,5 per poi recuperare a €5,5 in soli 10 giorni. Non sono riuscito a trovare una spiegazione per questo ottovolante, l’unica potrebbe essere l’uscita di un azionista di peso che, data l’esigua liquidità del titolo, ha causato un rapido declino del prezzo.

Quindi, alla domanda se comprare o non comprare, la mia risposta (che so non vi soddisferà) è: non lo so…

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