lunedì 2 settembre 2013

Il paradosso dei mercati efficienti



I prodotti finanziari che hanno avuto maggior successo negli ultimi anni sono stati sicuramente gli investimenti passivi e gli ETF. Molti sostengono, non senza ragione, che gli ETF hanno avvicinato gli investitori, soprattutto quelli retail, a mercati e strategie che prima non erano accessibili. Negli US, stime di Morningstar indicano che la percentuale di attività gestite in modo passivo è passata da 11% nel 2003 ad oltre 26% nel 2012. Anche gli investitori istituzionali fanno sempre più uso di questi strumenti, ad esempio in un approccio di tipo “core-satellite”.


In maniera molto semplificata, l’idea alla base del successo delle strategie passive è la seguente: tutti sappiamo che la stragrande maggioranza dei gestori attivi non riesce a battere il mercato, e quindi perché pagare di più per una gestione che non ha rendimenti sufficienti per compensare i costi? Molto meglio scegliere l’alternativa low cost degli ETF! [Ripeto comunque che la maggioranza dei fondi non battono i benchmark di riferimento non perché i mercati siano efficienti, bensì perché il tipico fondo comune NON è creato e gestito per sovraperformare o almeno selezionare le migliori opportunità per i clienti, quanto piuttosto per massimizzare i rendimenti della società di gestione stessa.]
Questo ragionamento è strettamente legato alle teorie sull’efficienza dei mercati: un mercato è efficiente quando i prezzi correnti incorporano tutte le informazioni passate e presenti. Quindi, a meno di avere informazioni confidenziali - che è illegale - cercare di battere il mercato è una sfida persa in partenza ed è meglio comprare un ETF. Purtroppo, i promotori di queste strategie fanno poi un ulteriore passo, spingendo gli investitori a comprare e vendere gli ETF (che sono trattati come le azioni, non come i fondi comuni) in maniera frenetica nel tentativo di anticipare il prossimo trend di mercato, una contraddizione implicita in questo approccio: da un lato ritengono che i mercati siano efficienti, mentre dall’altra sono convinti di riuscire comunque a far meglio… [*]
Questo però porta ad una domanda: se una percentuale sempre maggiore degli investitori (sia retail che istituzionali) ritiene che i mercati siano efficienti, allora nessuno si impegnerà più a fare gestione attiva, ed in tal modo rallenterà la diffusione delle informazioni che hanno un impatto sui prezzi, diminuendo l’efficienza complessiva del mercato, che adesso non sarà più così efficiente. Di conseguenza, se più e più investitori ritengono che il mercato sia efficiente, questa loro convinzione agirà come una sorta di maledizione e curiosamente renderà l’assunzione iniziale falsa, ovvero un paradosso.
Anche se non so esattamente quando giungeremo al punto di non ritorno, se questo trend continuerà ai ritmi attuali i mercati finanziari in futuro rimarranno inefficienti, presentando – di quando in quando – interessanti opportunità di investimento per noi eretici.
Quindi, a tutti i sostenitori degli investimenti passivi e degli ETF dico: grazie mille di cuore! Per favore continuate a diffondere la nozione che l’unica cosa che conta è l’asset allocation tattica: vi auguro la miglior fortuna nel rovinare la stessa verità che promuovete.
[*] Uno svantaggio degli ETF è che investono in quello che è “disponibile”, non in quello che avrebbe senso dal punto di vista delle valutazioni. Inoltre gli ETF devono sempre fornire liquidità immediata ai compratori e venditori del prodotto: gli ETF possono infatti essere venduti con un click del mouse, ma i titoli sottostanti hanno spesso dei problemi di liquidità. Nessun veicolo può rendere liquido un mercato che è illiquido, e periodicamente il prezzo degli ETF devia dal NAV sottostante, come è successo ad esempio lo scorso maggio per molti fondi dedicati al debito dei mercati emergenti.

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