I prodotti
finanziari che hanno avuto maggior successo negli ultimi anni sono stati
sicuramente gli investimenti passivi e gli ETF. Molti sostengono, non senza
ragione, che gli ETF hanno avvicinato gli investitori, soprattutto quelli retail, a mercati e strategie che prima
non erano accessibili. Negli US, stime di Morningstar indicano che la
percentuale di attività gestite in modo passivo è passata da 11% nel 2003 ad
oltre 26% nel 2012. Anche gli investitori istituzionali fanno sempre più uso di
questi strumenti, ad esempio in un approccio di tipo “core-satellite”.
In maniera molto semplificata, l’idea alla base del
successo delle strategie passive è la seguente: tutti sappiamo che la
stragrande maggioranza dei gestori attivi non riesce a battere il mercato, e
quindi perché pagare di più per una gestione che non ha rendimenti sufficienti
per compensare i costi? Molto meglio scegliere l’alternativa low cost degli ETF! [Ripeto comunque che la
maggioranza dei fondi non battono i benchmark di riferimento non perché i
mercati siano efficienti, bensì perché il tipico fondo comune NON è creato e
gestito per sovraperformare o almeno selezionare le migliori opportunità per i
clienti, quanto piuttosto per massimizzare i rendimenti della società di
gestione stessa.]
Questo ragionamento
è strettamente legato alle teorie sull’efficienza dei mercati: un mercato è
efficiente quando i prezzi correnti incorporano tutte le informazioni passate e
presenti. Quindi, a meno di avere informazioni confidenziali - che è illegale -
cercare di battere il mercato è una sfida persa in partenza ed è meglio
comprare un ETF. Purtroppo, i promotori di queste strategie fanno poi un
ulteriore passo, spingendo gli investitori a comprare e vendere gli ETF (che
sono trattati come le azioni, non come i fondi comuni) in maniera frenetica nel
tentativo di anticipare il prossimo trend di mercato, una contraddizione implicita
in questo approccio: da un lato ritengono che i mercati siano efficienti,
mentre dall’altra sono convinti di riuscire comunque a far meglio… [*]
Questo però porta
ad una domanda: se una percentuale sempre maggiore degli investitori (sia retail che istituzionali) ritiene che i
mercati siano efficienti, allora nessuno si impegnerà più a fare gestione
attiva, ed in tal modo rallenterà la diffusione delle informazioni che hanno un
impatto sui prezzi, diminuendo l’efficienza complessiva del mercato, che
adesso non sarà più così efficiente. Di conseguenza, se più e più investitori
ritengono che il mercato sia efficiente, questa loro convinzione agirà come una
sorta di maledizione e curiosamente renderà l’assunzione iniziale falsa, ovvero
un paradosso.
Anche se non
so esattamente quando giungeremo al punto di non ritorno, se questo trend
continuerà ai ritmi attuali i mercati finanziari in futuro rimarranno inefficienti, presentando – di
quando in quando – interessanti opportunità di investimento per noi eretici.
Quindi, a
tutti i sostenitori degli investimenti passivi e degli ETF dico: grazie mille di cuore! Per favore continuate a diffondere la nozione che l’unica cosa che conta
è l’asset allocation tattica: vi auguro la miglior fortuna
nel rovinare la stessa verità che promuovete.
[*] Uno svantaggio degli ETF è che investono in quello che è
“disponibile”, non in quello che avrebbe senso dal punto di vista delle
valutazioni. Inoltre gli ETF devono sempre fornire liquidità immediata ai
compratori e venditori del prodotto: gli ETF possono infatti essere venduti con
un click del mouse, ma i titoli sottostanti hanno spesso dei problemi di liquidità.
Nessun veicolo può rendere liquido un mercato che è illiquido, e periodicamente
il prezzo degli ETF devia dal NAV sottostante, come è successo ad esempio lo
scorso maggio per molti fondi dedicati al debito dei mercati emergenti.
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