giovedì 3 ottobre 2013

La parabola del toro



Nel 1906 il matematico Francis Galton era ad una fiera di paese ed osservò una competizione in cui si doveva indovinare il peso di un toro: chi si avvicinava di più al peso corretto vinceva il toro stesso. Ottocento persone parteciparono. Galton, da buon matematico, calcolò alcune statistiche e scoprì che la stima media del peso (542,9 kg) era praticamente identica al peso reale del toro (543,4 kg). Questo episodio reale è alla base di molte teorie sulla cosiddetta “saggezza delle masse (wisdom of crowds)”. Ma non tutti sanno cosa è accaduto in seguito…
 
Alcuni anni dopo, le bilance usate alla fiera divennero sempre meno accurate. Poiché ripararle era costoso, gli organizzatori ebbero un’idea: dato che i partecipanti alla gara erano così bravi a stimare il peso del toro, non era necessario riparare le bilance, ma bastava chiedere ad ognuno la propria stima e poi prenderne la media.

Emerse però un nuovo problema. Una volta che questa competizione divenne di moda, alcuni partecipanti tentarono di imbrogliare, cercando di ottenere informazioni privilegiate dal contadino che allevava il toro. Se alcune persone potevano avere questo vantaggio, molte altre non avrebbero partecipato alla competizione. Con soli pochi partecipanti, il processo per determinare il peso corretto sarebbe stato danneggiato.

Furono pertanto introdotte delle regole ferree. All’allevatore fu chiesto di preparare un bollettino trimestrale sugli sviluppi del toro; questi bollettini venivano poi affissi sulla porta della stalla perché tutti potessero leggerli. Se l’allevatore dava delle informazioni sul toro ai suoi amici, avrebbe dovuto metterle anche sulla porta della stalla. Chiunque avesse partecipato alla competizione con informazioni che non erano disponibili anche a tutti gli altri sarebbe stato espulso. In questo modo l’integrità del processo sarebbe stata mantenuta.

Gli analisti professionisti cominciarono ad scrutinare questi annunci ed a consigliare i propri clienti sulle loro implicazioni. Provarono anche a portare fuori a cena gli allevatori; ma quando questi furono obbligati ad essere prudenti con le informazioni che rivelavano, queste cene divennero poco redditizie per gli analisti. Alcuni analisti più brillanti si resero conto che cercare di capire il tipo di nutrizione e lo stato di salute del toro non era poi così rilevante. Quello che importava era in realtà anticipare le stime degli altri partecipanti. Poiché il toro non veniva più pesato, la chiave per vincere non era determinare il peso corretto, ma valutare le stime degli altri partecipanti. O quello che gli altri avrebbero stimato che i partecipanti avrebbero stimato. E così via.

Alcuni, come il contadino Buffett, obiettarono che i risultati di questo processo erano ogni giorno sempre più distanti dalla realtà dell’allevamento di tori, ma fu generalmente ignorato. Le bestie del contadino Buffett erano in effetti in salute e vigorose, e le sue finanze floride: tuttavia, fu ritenuto un sempliciotto di campagna che non capiva come funzionano i mercati dei tori. Il peso del toro fu ufficialmente definito come la media delle stime di tutti. 

Una delle difficoltà era però che alle volte c’erano poche stime, od addirittura nessuna. Ma anche questo problema fu subito superato. Le teste d’uovo dell’Università di Chicago svilupparono un modello con il quale era possibile stimare quale sarebbe stata, se ci fossero state nella realtà molte stime da diverse persone, la media di queste stime. Non c’era bisogno di nessuna conoscenza di zootecnia, tutto quello che serviva era un computer potente.

A questo punto si era già sviluppata un’ampia industria di stimatori professionisti del peso, di organizzatori di competizioni simili e di consulenti che aiutavano i partecipanti a perfezionare le proprie stime. Qualcuno provò a suggerire che forse sarebbe stato meno costoso riparare le bilance, ma furono subito derisi: perché tornare ad un sistema basato sulla conoscenza di un singolo pesatore quando si poteva trarre beneficio dalla saggezza aggregata di così tante persone intelligenti?

Ed alla fine il toro morì. In tutta questa frenesia, nessuno si era ricordato di dargli da mangiare. 

[Adattato da John Kay: “The parabole of the ox”, Financial Times, 24 luglio 2012]

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