mercoledì 30 ottobre 2013

Total Produce: una mela al giorno…


Total Produce (TOT:ID) è un perfetto esempio del tipo di società che ricerco: un business facile da capire e da gestire; utili e redditività per i prossimi anni che possono essere stimati con sufficiente sicurezza; flussi di cassa stabili e che non richiedono grossi investimenti solo per rimanere in attività; ed una valutazione modesta. Manca un quinto elemento, ovvero un management che lavori per tutti gli azionisti e capace di allocare il capitale (maggiori informazioni in seguito), ma non si può avere tutto dalla vita…

TOT è la principale azienda europea nel settore della distribuzione di frutta e verdura, con oltre 250 milioni cassette di prodotti freschi vendute ogni anno in 19 nazioni europee (47% nell’Eurozona, 29% in Scandinavia, 15% in UK ed il resto in altri paesi).

TOT è indipendente dal 2007 ed è nata come spin-off di Fyffes, altra azienda irlandese a sua volta attiva nella produzione e distribuzione di frutta. A differenza di questa, tuttavia, TOT non è integrata verticalmente in attività capital intensive come la coltivazione e il trasporto dei prodotti agricoli, ma si basa piuttosto su relazioni stabili e di lungo periodo con i produttori diretti: questi ultimi sono infatti responsabili per la consegna della frutta, mentre TOT tecnicamente si occupa solo del suo commercio, ovvero compra e vende in un breve lasso di tempo. Si tratta in pratica di una specie di supermercato all’ingrosso senza la necessità di avere negozi sparsi sul territorio. Questa struttura le permette di operare con poco capitale investito (meno del 20% delle attività totali sono infatti costituite da immobilizzazioni materiali), generando quindi buoni rendimenti sul capitale investito (ROIC).

La società è balzata ai miei occhi nell’autunno del 2011, quando il prezzo era di circa €0,40 e trattava ad un P/E di solo 6x. Oggi, anche dopo un rialzo di oltre il 100%, rimane un eccellente investimento e soprattutto sottovalutato, con un P/E di 9x, P/BV di 1,1x e un dividend yield di 2,7%. Una veloce analisi mostra dei fondamentali solidi.


Sotto molti punti di vista, TOT sembra essere ancora oggi sottovalutata. Nonostante sia un business con bassi margini operativi, il livello di FCF è impressionante: TOT produce infatti regolarmente un FCF tra 5% e 6% degli assets ed uno sbalorditivo 20% dei mezzi propri. 

La domanda da porsi è quindi: come ci riesce? Ed è sostenibile nel futuro? Analizziamo i FCF cumulati dal 2007 rispetto al fatturato:
Il capitale circolante non è un problema, anzi ha contribuito positivamente ai FCF grazie ad una efficiente gestione: le scorte di prodotti rimangono in magazzino in media per una settimana, come era facile prevedere data la deperibilità dei prodotti freschi; i crediti verso clienti sono incassati in 38 giorni, e sono finanziati dai debiti verso fornitori, pagati in 44 giorni. Poiché gli ammortamenti/accantonamenti sono dettati dai principi contabili e le tasse dalla legislazione corrente, quello che determina i FCF sono dunque il margine operativo e le spese in conto capitale in ogni singolo anno. 

Per quanto riguarda i margini operativi, data la natura del business l’andamento dei costi è senz’altro la variabile principale da guardare per il futuro: anche un piccolo aumento ha infatti un impatto significativo sui (risicati) margini. Tuttavia, il costo dei prodotti destinati alla vendita è rimasto stabile attorno a 85% nel periodo in esame, mentre le altre spese operative (compreso il costo del lavoro) sono state solo leggermente più volatili ma sempre attorno a 12%-12,2%. Sembra infatti che TOT abbia un buon pricing power, ovvero la capacità di passare gli aumenti dei costi ai propri clienti: trattandosi di merci che questi ricevono frequentemente (spesso su base giornaliera), il prezzo finale è in grado di riflettere immediatamente eventuali incrementi all’origine. 

Aspetti negativi 
Ci sono alcune aree in cui l’azienda è abbastanza carente, a cominciare dalla corporate governance. I 4 top managers sono stati pagati nel 2012 quasi €2,7 milioni, ovvero oltre il 7% dei profitti operativi quando in aziende dello stesso settore, anche più grandi in termini di vendite, il top management ha salari in media di 1% dei profitti operativi. Inoltre, negli ultimi anni TOT  ha dovuto svalutare alcuni investimenti immobiliari collegati ad aziende legate al suo presidente (dichiarati nella sezione “Related Party Transactions”). In Sudafrica ha invece ceduto un appezzamento di terra agricola all’azienda partner in una joint venture locale, ma in cambio ha aumentato la quota di partecipazione nella stessa azienda partner. Mi sfugge la logica di tutto questo.

Un altro aspetto da controllare è come sono utilizzati i profitti generati nel corso degli anni. L’industria è caratterizzata da enormi economie di scala, ed è facile aspettarsi che TOT, soprattutto grazie agli elevati FCF ed alla sua posizione dominante in Europa, giocherà un ruolo chiave come acquirente, cosa che infatti ha fatto nel corso degli ultimi anni. Qui la storia si fa però complicata: negli ultimi 6 anni, TOT ha speso quasi €220 milioni in acquisizioni ed altri investimenti (e solo €40 milioni in dividendi e buy-back: data la bassa valutazione, il miglior investimento sarebbe stato, ed ancora è, in se stessa). E cosa hanno ottenuto gli azionisti in cambio? Il fatturato è in effetti cresciuto di €850 milioni (+54% rispetto al livello di partenza), mentre il NOPAT (Net Operating Profits After Tax) è aumentato di €16 milioni (+94%). Questo sembrerebbe eccellente, ma guardando meglio si traduce in un rendimento al netto delle tasse di poco superiore a 7%, ben inferiore al ROIC di TOT e sopratutto inferiore al costo del capitale.

Il problema (rischio?) sembra essere che il management è più interessato ad accrescere il proprio impero che ad estrarre il massimo valore per gli azionisti. Questo è esattamente quello che è avvenuto lo scorso anno con l’ingresso nel mercato americano attraverso l’acquisizione in due fasi fino al 65% di The Oppenheimer Group, e nel 2011 del 50% di Frankort & Koning Group in Olanda. Qualsiasi manager sa che è sempre meglio assumere il controllo completo delle aziende acquisite: anche il boss più rilassato al mondo, ovvero Warren Buffett, preferisce avere il pieno controllo sulle aziende collegate, altrimenti diventa un mal di testa continuo dal punto di vista del consolidamento di flussi di cassa, delle tasse, dei rapporti con gli azionisti di minoranza, …

Ok, prima di procedere a scaricare l’azienda vediamo altri fatti: TOT (via Fyffes) ha una storia di oltre 125 anni, quindi possiamo assumere che sappia come superare periodi di avversità. E nessuno ha inventato (e presumibilmente potrà inventare) un metodo rivoluzionario di distribuire frutta e verdura all’ingrosso, e nemmeno ci sono prodotti alternativi all’orizzonte (anzi, si spera che la frutta diventi sempre più un elemento imprescindibile della dieta di chiunque). Il miglior punto a favore di Total Produce è ben sintetizzato in un’altra frase di Warren Buffett: “I try to buy businesses that are so wonderful that an idiot can run them. Because sooner or later, one will.” Anche se un management capace di allocare il capitale dove produce i migliori rendimenti è di importanza vitale, questo business continua a funzionare da solo per forza di inerzia. Se qualcosa dovesse andare storto, si può pensare che il management deciderà di interrompere la strategia di espansione, si rimboccherà le maniche e cercherà di cavare ogni goccia di profitto dalle attività esistenti. Quindi il downside dovrebbe essere limitato.

In aggiunta, l’upside è alquanto invitante: TOT è il sogno di qualsiasi società di private equity. Un investitore privato potrebbe infatti aumentare moderatamente la leva finanziaria, focalizzarsi su incrementare i margini operativi, spremere maggiori cash flows dal business per poi rivenderlo a multipli superiori. Tutto quello che deve fare è focalizzarsi sulla crescita organica e perseguire acquisizioni solo se offrono delle sinergie immediate. Questo non vuol dire che la possibilità di questo investitore si materializzerà domani. Ma se arriviamo ad una valutazione conservativa del business, abbiamo una specie di opzione gratuita che sposta la relazione tra rischio e rendimento decisamente in nostro favore. 

Valutazione 
All’ultima semestrale del 30 giugno 2013, TOT aveva un debito netto di €135 milioni (dove il debito è calcolato in maniera conservativa includendo anche il valore attuale dei leasing operativi e delle passività per pensioni), rispetto ad equity di €250 milioni, che tuttavia scende a €105 milioni se escludiamo goodwill ed altri intangibles. TOT ha inoltre €65 milioni di investimenti in real estate e società controllate. In sintesi, ai prezzi attuali EV è di €400 milioni, con una capitalizzazione di €265 milioni.

Una delle metriche più utilizzate nel settore dei retailers è EV/sales: per un supermercato di alta qualità si può pagare fino a 0,5x (qualcosa in più per quelli che posseggono la maggior parte dei propri negozi), mentre quando se ne trova uno che tratta ad un multiplo inferiore a 0,25x questo o è dannatamente cheap oppure è vicino al fallimento [1]. Al momento, TOT tratta ad un EV/sales di 0,15x. Questo valore può sembrare estremamente basso, ma occorre considerare che mentre i supermercati hanno margini operativi del 5%, per TOT sono sotto il 2% (vedere anche la discussione nelle note finali). Aggiustando quindi per i diversi livelli di redditività, le attività operative di TOT giustificano un multiplo EV/Sales di circa 0,2x. Questo implicherebbe un EV di €550 milioni, ovvero un valore dell’equity di €415 milioni, a cui aggiungere anche i €65 milioni di investimenti finanziari (assumendo che possano essere liquidati al valore contabile), per un valore intrinseco per azione di circa €1,45 rispetto al prezzo corrente di €0,83, per un upside di 75%. Questo è quello che TOT potrebbe valere per un investitore privato che si concentrasse sull’estrarre maggiori margini e FCF dal business corrente: anche un minimo incremento dei margini farebbe infatti esplodere il valore intrinseco. 

Per sicurezza, vediamo cosa succede utilizzando altre metriche. Quanto dovremmo essere disposti a pagare in termini di P/E per gli utili (ovvero quanto valgono se proiettati nel futuro) dipende dalla crescita degli utili stessi e dal tasso di sconto utilizzato per attualizzarli ad oggi. Nel 2012 gli utili di TOT sono cresciuti del 10%, mentre per il 2013 sono previsti in aumento di un ulteriore 11%: questi dati sono però influenzati dalle varie acquisizioni, mentre la crescita organica del business nel lungo periodo può essere stimata in qualcosa di più dell’inflazione (visto che TOT riesce facilmente a scaricarla sui suoi clienti), quindi in un range di 2%-3%. 


Anche a bassi livelli di crescita organica e con un costo dell’equity di 10% (molto conservativo per un’azienda come TOT), questo business merita un multiplo P/E di almeno 11x-13x. Nell’ultima semestrale, il management ha dichiarato che: “Trading conditions are satisfactory and the Group is revising upwards its full year earnings target into the upper half of the range between 8.00 to 8.80 cent per share, with the current EPS run-rate already at EUR 8.38 cents”. Utilizzando questa stima sugli utili (€0,084) ed il punto medio dei multipli (12x), si ottiene un valore appena superiore a €1. Anche dal punto di vista degli utili vi è una sufficiente protezione nel downside, nonché un potenziale upside per qualsiasi crescita oltre quella ipotizzata. 

Infine, concludiamo la triangolazione utilizzando i FCF. Negli ultimi 6 anni TOT ha prodotto in media €31 milioni di FCF, inclusi solo €9 milioni nel 2011. Capitalizzando questi FCF a diversi tassi di crescita ed attualizzandoli al costo del capitale, e poi sottraendo il valore del debito netto, si ottengono le valutazioni sottostanti. 

Ad un costo del capitale di 9% (di nuovo, conservativo) TOT può avere un valore compreso tra €1,16 e €1,40 per azione (tra +40% e +70% rispetto al prezzo attuale). 

Conclusioni
Dal punto di vista operativo, l’immagine è quella di un’azienda molto solida e molto stabile. Questo è sensato: è difficile trovare un business più semplice di un distributore pan-europeo (e sempre più globale) di frutta e verdura che può passare la volatilità nei prezzi dei prodotti ai suoi clienti finali quasi in tempo reale. Questo è un enorme vantaggio rispetto ad esempio ai supermercati tradizionali, che in periodi di inflazione e/o recessione sono costretti a combattere un’agguerrita guerra sui prezzi: è sempre bene diffidare dei retailers con bassi margini che non hanno il potere di cambiare i prezzi velocemente e di frequente. 

TOT produce al momento un livello di FCF che è mis-priced dal mercato, soprattutto per un’azienda leader nel suo mercato di riferimento e con interessanti (anche se assolutamente non scontate) prospettive di sviluppo in mercati come US, India, Cina e Sudafrica.

Ci sono chiaramente alcuni punti (dettagliati nella sezione sugli aspetti negativi) che chi volesse procedere ad un investimento dovrebbe approfondire. Complessivamente, tuttavia, TOT sembra un investimento dal rischio contenuto secondo la trinità del rischio di James Montier: dal punto di vista operativo (business risk), finanziario (financial risk) ed anche della valutazione (valuation risk). 

[1] La logica dietro questi numeri è la seguente. I supermercati sono business con margini di 4%-5%. Su €100 di vendite un multiplo EV/sales di 0,5x significa un EV di €50 con un margine operativo di €5 (cioè il 5% di €100 di vendite). Se il supermercato non ha debito (unlevered) ed assumendo una tassazione di 30%, questo si traduce in profitti di €3,5 (€5 * (1-30%)). Poiché anche la capitalizzazione di mercato è €50 (non c’è debito), si ottiene un multiplo P/E di 14x. Pagare di più di 0,5x EV/sales vuol dire assumere che c’è un significativo potenziale di crescita o che i margini sono non solo superiori alla media ma soprattutto sostenibili (ad esempio in una situazione di oligopolio).

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