Total Produce (TOT:ID)
è un perfetto esempio del tipo di società che ricerco: un business facile da
capire e da gestire; utili e redditività per i prossimi anni che possono essere
stimati con sufficiente sicurezza; flussi di cassa stabili e che non richiedono
grossi investimenti solo per rimanere in attività; ed una valutazione modesta.
Manca un quinto elemento, ovvero un management che lavori per tutti gli
azionisti e capace di allocare il capitale (maggiori informazioni in seguito),
ma non si può avere tutto dalla vita…
TOT è
la principale azienda europea nel settore della distribuzione di frutta e
verdura, con oltre 250 milioni cassette di prodotti freschi vendute ogni anno
in 19 nazioni europee (47% nell’Eurozona, 29% in Scandinavia, 15% in UK ed il
resto in altri paesi).
TOT è
indipendente dal 2007 ed è nata come spin-off
di Fyffes, altra azienda irlandese a sua volta attiva nella produzione e
distribuzione di frutta. A differenza di questa, tuttavia, TOT non è integrata
verticalmente in attività capital intensive come la
coltivazione e il trasporto dei prodotti agricoli, ma si basa piuttosto su
relazioni stabili e di lungo periodo con i produttori diretti: questi ultimi sono
infatti responsabili per la consegna della frutta, mentre TOT tecnicamente si
occupa solo del suo commercio, ovvero compra e vende in un breve lasso di tempo.
Si tratta in pratica di una specie di supermercato all’ingrosso senza la
necessità di avere negozi sparsi sul territorio. Questa struttura le permette
di operare con poco capitale investito (meno del 20% delle attività totali sono
infatti costituite da immobilizzazioni materiali), generando quindi buoni
rendimenti sul capitale investito (ROIC).
La società è balzata ai
miei occhi nell’autunno del 2011, quando il prezzo era di circa €0,40 e
trattava ad un P/E di solo 6x. Oggi, anche dopo un rialzo di oltre il 100%,
rimane un eccellente investimento e soprattutto sottovalutato, con un P/E di
9x, P/BV di 1,1x e un dividend yield
di 2,7%. Una veloce analisi mostra dei fondamentali solidi.
Sotto
molti punti di vista, TOT sembra essere ancora
oggi sottovalutata. Nonostante sia un business con bassi margini operativi,
il livello di FCF è impressionante: TOT produce infatti regolarmente un FCF tra
5% e 6% degli assets ed uno
sbalorditivo 20% dei mezzi propri.
La domanda da porsi è
quindi: come ci riesce? Ed è sostenibile nel futuro? Analizziamo i FCF cumulati
dal 2007 rispetto al fatturato:
Il
capitale circolante non è un problema, anzi ha contribuito positivamente ai FCF
grazie ad una efficiente gestione: le scorte di prodotti rimangono in magazzino
in media per una settimana, come era facile prevedere data la deperibilità dei
prodotti freschi; i crediti verso clienti sono incassati in 38 giorni, e sono finanziati dai debiti verso fornitori,
pagati in 44 giorni. Poiché gli ammortamenti/accantonamenti sono dettati dai
principi contabili e le tasse dalla legislazione corrente, quello che determina i FCF sono dunque il margine operativo e le spese
in conto capitale in ogni singolo anno.
Per quanto riguarda i margini operativi, data la
natura del business l’andamento dei
costi è senz’altro la variabile principale da guardare per il futuro: anche
un piccolo aumento ha infatti un impatto significativo sui (risicati) margini. Tuttavia,
il costo dei prodotti destinati alla vendita è rimasto stabile attorno a 85%
nel periodo in esame, mentre le altre spese operative (compreso il costo del
lavoro) sono state solo leggermente più volatili ma sempre attorno a 12%-12,2%.
Sembra infatti che TOT abbia un buon pricing power, ovvero la capacità di
passare gli aumenti dei costi ai propri clienti: trattandosi di merci che questi
ricevono frequentemente (spesso su base giornaliera), il prezzo finale è in
grado di riflettere immediatamente eventuali incrementi all’origine.
Aspetti
negativi
Ci sono alcune aree in cui l’azienda è abbastanza carente,
a cominciare dalla corporate governance.
I 4 top managers sono stati pagati nel 2012 quasi €2,7 milioni, ovvero oltre il 7% dei profitti operativi quando
in aziende dello stesso settore, anche più grandi in termini di vendite, il top
management ha salari in media di 1% dei profitti operativi. Inoltre, negli
ultimi anni TOT ha dovuto svalutare alcuni
investimenti immobiliari collegati ad aziende legate al suo presidente
(dichiarati nella sezione “Related Party
Transactions”). In Sudafrica ha invece ceduto un appezzamento di terra
agricola all’azienda partner in una joint
venture locale, ma in cambio ha aumentato la quota di partecipazione nella
stessa azienda partner. Mi sfugge la logica
di tutto questo.
Un altro aspetto da controllare è come sono
utilizzati i profitti generati nel corso degli anni. L’industria è caratterizzata da enormi economie di scala, ed è
facile aspettarsi che TOT, soprattutto grazie agli elevati FCF ed alla sua
posizione dominante in Europa, giocherà un ruolo chiave come acquirente, cosa
che infatti ha fatto nel corso degli ultimi anni. Qui la storia si fa però
complicata: negli ultimi 6 anni, TOT ha speso quasi €220 milioni in
acquisizioni ed altri investimenti (e solo €40 milioni in dividendi e buy-back: data la bassa valutazione, il miglior investimento sarebbe stato, ed
ancora è, in se stessa). E cosa hanno ottenuto gli azionisti in cambio? Il
fatturato è in effetti cresciuto di €850 milioni (+54% rispetto al livello di
partenza), mentre il NOPAT (Net Operating Profits After Tax) è
aumentato di €16 milioni (+94%). Questo sembrerebbe eccellente, ma guardando
meglio si traduce in un rendimento al netto delle tasse di poco superiore a
7%, ben inferiore al ROIC di TOT e sopratutto inferiore al costo del
capitale.
Il problema (rischio?) sembra essere che il
management è più interessato ad accrescere il proprio impero che ad
estrarre il massimo valore per gli azionisti. Questo è esattamente quello che è
avvenuto lo scorso anno con l’ingresso nel mercato americano attraverso
l’acquisizione in due fasi fino al 65% di The Oppenheimer Group, e nel 2011 del 50% di Frankort & Koning Group in Olanda.
Qualsiasi manager sa che è sempre meglio assumere il controllo completo delle
aziende acquisite: anche il boss più rilassato al mondo, ovvero Warren Buffett,
preferisce avere il pieno controllo sulle aziende collegate, altrimenti diventa
un mal di testa continuo dal punto di vista del consolidamento di flussi di
cassa, delle tasse, dei rapporti con gli azionisti di minoranza, …
Ok, prima di procedere a scaricare l’azienda vediamo
altri fatti: TOT (via Fyffes) ha una storia di oltre 125 anni, quindi possiamo
assumere che sappia come superare periodi di avversità. E nessuno ha inventato
(e presumibilmente potrà inventare) un metodo rivoluzionario di distribuire
frutta e verdura all’ingrosso, e nemmeno ci sono prodotti alternativi
all’orizzonte (anzi, si spera che la frutta diventi sempre più un elemento
imprescindibile della dieta di chiunque). Il miglior punto a favore di Total
Produce è ben sintetizzato in un’altra frase di Warren Buffett: “I try to buy businesses that are so
wonderful that an idiot can run them. Because sooner or later, one will.” Anche se un management capace di allocare il
capitale dove produce i migliori rendimenti è di importanza vitale, questo business
continua a funzionare da solo per forza di inerzia. Se qualcosa dovesse andare storto, si può pensare
che il management deciderà di interrompere la strategia di espansione, si rimboccherà
le maniche e cercherà di cavare ogni goccia di profitto dalle attività
esistenti. Quindi il downside dovrebbe essere
limitato.
In aggiunta, l’upside è alquanto invitante: TOT
è il sogno di qualsiasi società di private equity. Un investitore privato potrebbe
infatti aumentare moderatamente la leva finanziaria, focalizzarsi su
incrementare i margini operativi, spremere maggiori cash flows dal
business per poi rivenderlo a multipli superiori. Tutto quello che deve fare è
focalizzarsi sulla crescita organica e perseguire
acquisizioni solo se offrono delle sinergie immediate. Questo non vuol dire che la
possibilità di questo investitore si materializzerà domani. Ma se arriviamo ad
una valutazione conservativa del business, abbiamo una specie di opzione gratuita che sposta la
relazione tra rischio e rendimento decisamente in nostro favore.
Valutazione
All’ultima semestrale del 30 giugno 2013, TOT aveva
un debito netto di €135 milioni (dove il debito è calcolato in maniera
conservativa includendo anche il valore attuale dei leasing operativi e delle
passività per pensioni), rispetto ad equity
di €250 milioni, che tuttavia scende a €105 milioni se escludiamo goodwill ed altri intangibles. TOT ha inoltre €65 milioni di investimenti in real estate e società controllate. In
sintesi, ai prezzi attuali EV è di €400 milioni, con una capitalizzazione di €265
milioni.
Una delle metriche più utilizzate nel settore dei retailers è EV/sales: per un supermercato di alta qualità si può pagare fino a
0,5x (qualcosa in più per quelli che posseggono la maggior parte dei propri
negozi), mentre quando se ne trova uno che tratta ad un multiplo inferiore a
0,25x questo o è dannatamente cheap
oppure è vicino al fallimento [1].
Al momento, TOT tratta ad un EV/sales di 0,15x. Questo valore può sembrare
estremamente basso, ma occorre considerare che mentre i supermercati hanno
margini operativi del 5%, per TOT sono sotto il 2% (vedere anche la discussione
nelle note finali). Aggiustando quindi per i diversi livelli di redditività, le
attività operative di TOT
giustificano un multiplo EV/Sales di circa 0,2x. Questo implicherebbe un EV di
€550 milioni, ovvero un valore dell’equity
di €415 milioni, a cui aggiungere anche i €65 milioni di investimenti
finanziari (assumendo che possano essere liquidati al valore contabile), per un
valore intrinseco per azione di circa €1,45 rispetto al prezzo corrente di
€0,83, per un upside di 75%. Questo è quello che TOT potrebbe valere per
un investitore privato che si concentrasse sull’estrarre maggiori margini e FCF
dal business corrente: anche un minimo incremento dei margini farebbe
infatti esplodere il valore intrinseco.
Per sicurezza, vediamo cosa
succede utilizzando altre metriche. Quanto dovremmo essere disposti a pagare in
termini di P/E per gli utili (ovvero quanto valgono se proiettati nel futuro)
dipende dalla crescita degli utili stessi e dal tasso di sconto utilizzato per
attualizzarli ad oggi. Nel 2012 gli utili di TOT sono cresciuti del 10%, mentre
per il 2013 sono previsti in aumento di un ulteriore 11%: questi dati sono però
influenzati dalle varie acquisizioni, mentre la crescita organica del business
nel lungo periodo può essere stimata in qualcosa di più dell’inflazione (visto
che TOT riesce facilmente a scaricarla sui suoi clienti), quindi in un range di
2%-3%.
Anche a bassi livelli di crescita organica e con un
costo dell’equity di 10% (molto
conservativo per un’azienda come TOT), questo business merita un multiplo P/E
di almeno 11x-13x. Nell’ultima semestrale, il
management ha dichiarato che: “Trading conditions are satisfactory and the
Group is revising upwards its full year earnings target into the upper half of
the range between 8.00 to 8.80 cent per share, with the current EPS run-rate
already at EUR 8.38 cents”. Utilizzando questa stima sugli utili (€0,084) ed il
punto medio dei multipli (12x), si ottiene un valore appena superiore a €1.
Anche dal punto di vista degli utili vi è una sufficiente protezione nel downside, nonché un potenziale upside per qualsiasi crescita oltre
quella ipotizzata.
Infine, concludiamo la
triangolazione utilizzando i FCF. Negli ultimi 6 anni TOT ha prodotto in media
€31 milioni di FCF, inclusi solo €9 milioni nel 2011. Capitalizzando questi FCF
a diversi tassi di crescita ed attualizzandoli al costo del capitale, e poi sottraendo il valore del debito netto, si
ottengono le valutazioni sottostanti.
Ad un costo del capitale di 9% (di nuovo,
conservativo) TOT può avere un valore
compreso tra €1,16 e €1,40 per azione (tra +40% e +70% rispetto al prezzo
attuale).
Conclusioni
Dal punto di vista operativo, l’immagine è quella
di un’azienda molto solida e molto stabile. Questo è sensato: è difficile
trovare un business più semplice di un distributore pan-europeo (e sempre più
globale) di frutta e verdura che può passare la volatilità nei prezzi dei
prodotti ai suoi clienti finali quasi in tempo reale. Questo è un enorme
vantaggio rispetto ad esempio ai supermercati tradizionali, che in periodi di
inflazione e/o recessione sono costretti a combattere un’agguerrita guerra sui
prezzi: è sempre bene diffidare dei retailers
con bassi margini che non hanno il potere di cambiare i prezzi velocemente e di
frequente.
TOT produce
al momento un livello di FCF che è mis-priced dal mercato, soprattutto per
un’azienda leader nel suo mercato di riferimento e con interessanti (anche
se assolutamente non scontate) prospettive di sviluppo in mercati come US,
India, Cina e Sudafrica.
Ci sono chiaramente alcuni punti (dettagliati nella
sezione sugli aspetti negativi) che chi volesse procedere ad un investimento
dovrebbe approfondire. Complessivamente, tuttavia, TOT sembra un investimento
dal rischio contenuto secondo la trinità del rischio di James Montier: dal
punto di vista operativo (business risk),
finanziario (financial risk) ed anche
della valutazione (valuation risk).
[1] La logica dietro questi
numeri è la seguente. I supermercati sono business con margini di 4%-5%. Su
€100 di vendite un multiplo EV/sales di 0,5x significa un EV di €50 con un
margine operativo di €5 (cioè il 5% di €100 di vendite). Se il supermercato non
ha debito (unlevered) ed assumendo
una tassazione di 30%, questo si traduce in profitti di €3,5 (€5 * (1-30%)).
Poiché anche la capitalizzazione di mercato è €50 (non c’è debito), si ottiene
un multiplo P/E di 14x. Pagare di più di 0,5x EV/sales vuol dire assumere che
c’è un significativo potenziale di crescita o che i margini sono non solo
superiori alla media ma soprattutto sostenibili (ad esempio in una situazione
di oligopolio).
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