Quest’articolo di Bloomberg sull’industria dello shipping illustra in maniera eccellente il ciclo del capitale.
Si tratta di un settore con significativi benefici di scala: più le navi diventano grandi, minori sono i costi unitati. Ed infatti questo è proprio quello che è successo nelle ultime tre decadi grazie alla globalizzazione ed all’aumento dei commerci. Ma come per (praticamente tutti) i fenomeni economici, esiste il problema dell’utilità marginale decrescente:
“A study last year by the OECD found that economies of scale from today’s mega-boats are four to six times smaller than those in previous periods of upsizing. Around 60 percent of cost savings now comes from engine technologies. In other words: Building smaller boats with better engines would offer more savings than going bigger.”
Come spesso accade in finanza, non esiste una formula univoca per determinare chi è un buon capital allocator, ma è più facile definire chi non lo è.
Oltre a Capital Returns, un altro famoso libro su come le aziende allocano il capitale è The Outsiders di William Thorndike.
Capital allocation si riferisce a come il management impiega i profitti generati dall’attività operativa, ed è uno degli elementi più importanti (se non il principale) nella creazione di valore nel lungo periodo.
“The lack of skill that many CEOs have at capital allocation is no small matter: after ten years on the job, a CEO whose company annually retains earnings equal to 10% of net worth will have been responsible for the deployment of more than 60% of all the capital at work in the business. (Warren Buffett)”