mercoledì 19 ottobre 2016

Pensieri sparsi su mercati europei ed implicazioni per il futuro

[Aggiunta in fondo una slide da una presentazione di BNP Paribas]

Non è una situazione eccezionale, ma il mercato azionario europeo sembra essere al momento particolarmente “biforcato”: in termini di prezzo (senza quindi includere i dividendi), l’indice EuroStoxx50 registra da inizio anno una perdita di poco meno di 7%, ma esattamente la metà delle azioni che lo compongono – 25 su 50 – hanno perdite maggiori di -15% o guadagni superiori a +15% (e tra i maggiori losers non ci sono solo banche, ma anche utilities ed aziende del settore auto). Solo 10 azioni hanno, ad oggi, una performance per il 2016 compreso tra 0% e 7%, in linea con i rendimenti dei mercati azionari nel lungo periodo: in termini statistici sarebbe una funzione poco concentrata sulla media e molto dispersa sulle code estreme.
 
Suppongo che questo sia uno dei motivi principali per voler investire attraverso ETF e fondi passivi (diversificazione?), ma questi numeri dimostrano anche che i fondi indicizzati, per quanto in crescita esponenziale, non sono ancora così influenti come molti pensano: se lo fossero le performance delle singole azioni non sarebbero così differenziate, e c’è ancora spazio per una gestione attiva di stock-picking. [Nota: l’azione migliore da inizio anno tra quelle che compongono l’indice è Adidas con +76%, chiaramente ho fatto un errore grossolano nel pesare i pro ed i contro due anni fa] 

Ancora più distinta è la performance a livello settoriale (calcolata utilizzando il rendimento degli ETF di iShares basati sull’indice Europe Stoxx 600, quindi non solo più ampio ma contenente anche aziende al di fuori dell’Eurozona).


E qui l’interpretazione dei risultati si fa più complessa: dalle decisioni di investimento sembrerebbe che il mercato stia implicitamente dicendo che ci stiamo spostando da un periodo di disinflazione verso uno di reflazione. Ci stiamo forse lasciando alle spalle tre anni di crescita debole in Europa, bassa inflazione e tassi d’interesse in discesa, per entrare in uno nel quale la politica fiscale prevarrà su quella monetaria (goodbye monetary easing?), con un dollaro debole ed un ridotto eccesso di offerta nelle materie prime che porteranno ad un rimbalzo della crescita economica, dell’inflazione e dei tassi d’interesse?

A supporto di aspettative di maggiore inflazione vi sono proprio i rendimenti dei settori delle commodities e del petrolio, di gran lunga i migliori del 2016, ed in parte la performance negativa dei retailers (l’inflazione riduce la capacità di spendere dei consumatori). Anche i “costosi” settori che trattano come bond-proxies (healthcare, food&beverages, telecom, technology) non stanno andando bene quest’anno.

A contrastare questa opinione vi è però il fatto che il real estate è nel complesso ancora positivo (tradizionalmente è invece uno dei settori che soffre di più gli aumenti nei tassi d’interesse) e che le ultime notizie sui risultati delle aziende industriali sono state abbastanza deludenti (molte aziende hanno riportato fatturati in calo nel terzo trimestre e ridotto la guidance per il prossimo anno: alcuni esempi qui, qui e qui).

È possibile essere in un mondo nel quale ci si aspetta un’accelerazione nell’inflazione ma crescita mediocre e tassi d’interesse ancora ai minimi per molto tempo? Suppongo che nell’era di ZIRP/NIRP sia assolutamente possibile, ma è una cosa da tenere d'occhio nei prossimi mesi. 

 

2 commenti:

  1. Domanda da ignorante, ha scritto: "il real estate è nel complesso ancora positivo (tradizionalmente è invece uno dei settori che soffre di più gli aumenti nei tassi d’interesse)"

    Ma non capisco. Scusi se torna l'inflazione il real estate non dovrebbe beneficiarne?

    Se compro una casa e torna l'inflazione, la casa dovrebbe aumentare di valore.

    Grazie

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    1. E' vero, scritto così potrebbe essere fuorviante.

      Il real estate tipicamente beneficia dall'inflazione (gli immobili valgono di più, gli affitti sono indicizzati all'inflazione). Ma soffrono da un aumento dei tassi d'interesse, perchè sono pieni di debito.

      E' quest'ultima cosa che volevo dire: se inflazione in aumento = tassi d'interesse in aumento --> real estate potrebbe andare male

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