giovedì 28 novembre 2019

Retail apocalypse?

Visto che siamo nel periodo di Black Friday e pre-natalizio, mi sembrava interessante cominciare una discussione su eventuali opportunità nel settore retail.

Il punto di partenza è questo tweet di qualche giorno fa (BBBY è Bed, Bath and Beyond):


martedì 26 novembre 2019

Inflazione e multipli: i mercati emergenti sono così a buon mercato come sembra?

Un’allocazione ai mercati azionari dei paesi emergenti è tipicamente consigliata su una tesi molto semplice: i migliori trend demografici ed economici di questi paesi, in aggiunta a miglioramenti nella governance, salute pubblica ed educazione, li rendono un investimento di lungo periodo superiore. 

A questa viene spesso aggiunta un’altra considerazione: i mercati emergenti sono molto meno costosi di quelli occidentali. In una recente ricerca, GMO afferma infatti:

“Broad emerging stocks look reasonably priced and are attractive relative to other markets. From the end of 2009 through June 2019, the MSCI Emerging CAPE ratio declined from 20x to 15x as compared to U.S. price multiples, which rose from an 18x CAPE to a lofty 29x.”
In realtà non è così semplice e non tutte queste ipotesi sono universalmente valide.

giovedì 7 novembre 2019

Don’t cry for me Argentina (continued...)

Sembra che qualcuno potrebbe finire (di nuovo!) per “piangere” per l’Argentina….

Da un articolo del Financial Times, “Bondholders warn Argentina not to make debt ‘uninvestable’”  

“Some of Argentina’s biggest bondholders say they are ready to negotiate with the incoming government led by Alberto Fernández over roughly $50bn they are owed in sovereign debt, but warn that too harsh a restructuring would make the country uninvestable.”

The group is pushing for a deal in which bondholders give the government more time to pay back its debts without so-called haircuts, or losses on the face value of the bonds — an approach previously endorsed by Mr Fernández. Investors see this as a good starting point, but warn there is a limit to what they will endure.

“If they attempt a major haircut or a deep restructuring on the debt like they did back in 2005, they are risking Argentina becoming really uninvestable,” said Carl Ross, a partner at fund manager GMO. “There may come a point where a lot of international bondholders may say there is no price at which they can own Argentina.”

lunedì 4 novembre 2019

Don’t cry for me Argentina

[Nota: questi non sono consigli di investimento: i titoli citati in questo post sono illiquidi, non sempre facili da reperire e soprattutto adatti solo ad investitori sofisticati. Ognuno è pregato di fare le proprie analisi e considerazioni.]

Lo scorso 11 agosto, il presidente uscente Mauricio Macri fu sorprendentemente battuto alle primarie per le elezioni in Argentina: sorpresa non per l’esito, in quanto i sondaggi davano il suo partito di centro-destra in svantaggio di 4%, bensì per lo scarto di ben 15 punti (47% a favore del centro-sinistra di Alberto Fernandez vs. 32% per Macri). Ribadendo i risultati delle primarie, il primo round del 27 ottobre ha consegnato la presidenza a Fernandez, risultato vincitore questa volta con il 48% dei voti rispetto al 40% di Macri ed al 6% di Roberto Lavagna: secondo la legge argentina un candidato risulta vincitore al primo turno se ottiene almeno il 45% dei voti.

Quello che i sondaggi (e con questi i mercati finanziari) hanno sottovalutato è stato il malcontento della popolazione per l'inflazione elevata e l'economia debole. Esattamente gli stessi motivi che avevano portato all’elezione di Macri nel 2015: sembra che gli argentini abbiano detto, “abbiamo provato le tue politiche economiche e non hanno funzionato, adesso proviamo qualcos'altro”.