Sam Zell: “Am I being too subtle?”
Veloce da leggere, non è la classica biografia di un investitore – Sam Zell in questo caso, che ha costruito un impero nel real estate ma è anche un eccellente investitore in altri settori – per far vedere quanto è bravo, perché discute nei dettagli anche i suoi errori, come ad esempio l’acquisizione di Tribune. Consigliato a tutti i fan delle net-net di Graham e di tipo contrarian (“evitate la concorrenza; cercate di capire domanda ed offerta; minimizzate il rischio di downside”).
"The most reliable measure of our buildings’ value remained - and had always been, in my opinion - replacement cost. Replacement cost mattered more to me than rents or comparable prices or vacancies or economic growth or stock price. This was because replacement cost determined the price of future competition."
"This was my first experience listening to proposals about the great “synergies” of mergers. As an investor and a risk taker, my focus has to be on what is specifically attainable. Buying another company based on the perception of opportunities for cross-selling and other intangible benefits generally represents a much higher level of risk than I believe is justified."
John Carreyrou: “Bad Blood - Secrets and Lies in a Silicon Valley Startup”
Dal giornalista del WSJ che per primo ha iniziato ad indagare Theranos, uno dei tanti unicorni della Silicon Valley (con una valutazione di $9 miliardi) che poi è imploso e potrebbe anche portare la sua fondatrice in carcere per frode.
È la tipica storia che si ritrova dietro praticamente tutti i tracolli finanziari:
- Un fondatore carismatico: Elizabeth Holmes vestita sempre il maglioncino nero a collo alto come Steve Jobs, il suo idolo
- Un’idea che cambierà il mondo, almeno nelle slides di PowerPoint: ma le premesse scientifiche erano alquanto dubbie e la tecnologia di Theranos non era assolutamente pronta
- Un consiglio di amministrazione con nomi altisonanti ma poco esperti del settore: quando Lehman Brothers fallì, solo 2 dei 10 non-executive board members avevano un’esperienza diretta del mondo bancario e di prodotti complessi, gli altri erano stati manager di aziende di telecomunicazioni, chimiche ed energetiche (c’erano anche un produttore di musical a Broadway ed un ammiraglio della marina…)
- I primi investitori (in genere amici e familiari) non fanno alcuna due diligence; gli investitori successivi (anche prestigiosi) si fidano dei primi, ma nessuno di questi ha veramente un’esperienza diretta del business in questione
- L’insistenza dell’azienda a non divulgare i dettagli perché “segreti commerciali”
- Un elevato turnover dei dipendenti
“Things don’t go as quickly as planned, but to keep the momentum management overpromises and underdelivers on a constant basis. Then, caught into their own web of overpromising, management starts to lie and soon things get out of control. In order to cover up the many shortcoming, Theranos did everything to threaten and silence employees and anyone else who dared to say anything remotely negative about the company.”Jonathan Haskel: “Capitalism without Capital – The rise of the intangible economy”
Gli investimenti in intangibles sono oggi maggiori, in termini di dollari, di quelli in attività fisiche e determinano gran parte del valore delle aziende. Basta vedere Alphabet/Google: la sua capitalizzazione è di circa $730 miliardi (escludendo la liquidità netta), ma solo $64 miliardi (meno di 9%) sono ascrivibili ad attività materiali, mentre il rimanente è dato da brand, ricerca e capitale umano.
La crescita degli intangibles è cominciata negli anni 1940 e 1950 con i semiconduttori, ma software e R&D sono solo parte della storia perché vi rientrano anche la forza dei brand e le innovazioni organizzative (come il concetto di kaizen a Toyota o il programma Six Sigma a General Electric).
I vantaggi degli intangibles sono racchiusi nelle 4 S, ben illustrate dalla storia di EMI:
- I diritti musicali hanno una elevata scalabilità (scalability): un disco dei Beatles può essere riprodotto a costi marginali trascurabili
- Questo permise ad EMI di investire per sviluppare la prima apparecchiatura TAC, salvo poi abbandonare il business e recuperare ben poco degli investimenti in R&D perché “costi persi” (sunkness)
- Tuttavia GE e Siemens beneficiarono delle “ricadute” (spillover) riuscendo ad utilizzare la tecnologia di EMI per creare un business redditizio
- Gli intangibles acquistano infatti maggior valore quando sono combinati: lo sviluppo della TAC dal calderone di ricerche di EMI divenne un vero business quando fu unito all’expertise dei dottori. Queste sinergie (synergies) sono spesso difficili da prevedere.
Chrystia Freeland: “Sale Of The Century: The Inside Story of the Second Russian Revolution”
Non certo nuovo (è del 2000, con un’aggiunta finale in questa edizione del 2005 sul caso Yukos), è comunque un ottimo libro per capire cosa è successo negli anni 1990 in Russia (introduzione del capitalismo, privatizzazioni selvagge, nascita degli oligarchi) culminato con il default dell’estate 1998, che è stato dovuto a ben più dell’onda lunga che aveva colpito l’anno precedente i mercati asiatici.
Richard Bookstaber: “The End of Theory: Financial Crises, the Failure of Economics, and the Sweep of Human Interaction”
L’uso di modelli matematici in economia risale al 1862, con l’introduzione del concetto di utilità marginale da parte di William Stanley Jevons: il loro abuso seguì poco dopo. Jevons tentò di collegare l’andamento dei cicli economici alle macchie solari, ma il fallimento di questo modello esoterico non ebbe molte conseguenze. Al contrario, le ripercussioni dell’uso smodato dell’ingegneria finanziaria si fanno ancora sentire una decade dopo la crisi del 2008.
Dall’autore dell’eccellente “A demon of our own design” di qualche anno fa, la prima metà del libro è abbastanza tecnica e descrive perché l’approccio attuale non è strutturato per resistere alle crisi finanziarie, e la risposta è di sostituire i modelli complessi con regole spannometriche (“rules of thumb”).
Per convincerci, Bookstaber fa ricorso alla biologia: “Lo scarafaggio segue una regola molto semplice: quando i peletti che ha sulle zampe vibrano (ad esempio dallo sbuffo di aria di un predatore che si avvicina), scappa via in maniera frenetica. Questo è tutto quello che fa.” Una soluzione magari sub-ottimale nella maggior parte delle circostanze, “ma essere ottimali in ogni singola situazione può non essere la scelta migliore nel lungo periodo.” Una soluzione più semplice può rivelarsi più robusta quando si verifica uno shock: l’obiettivo di risk management è la sopravvivenza, non maggiori profitti.
Ancora sul comodino per le prossime settimane:
Maureen O`Hara: “Something for Nothing: Arbitrage and Ethics on Wall Street”
Michael Batnick: “Big Mistakes: The Best Investors and Their Worst Investments”
Christian Davenport: “The Space Barons: Elon Musk, Jeff Bezos, and the Quest to Colonize the Cosmos”
Annie Duke: “Thinking in Bets: Making Smarter Decisions When You Don’t Have All the Facts”
Annie Duke non è una investitrice, quanto piuttosto una giocatrice professionista di poker: in comune con gli investimenti c’è il fatto che nella maggior parte dei casi vi è un elemento di fortuna che nessuno può controllare.
Duff McDonald: “The Firm: The Inside Story of McKinsey, The World's Most Controversial Management Consultancy”
Seth Stephens-Davidowitz: “Everybody Lies”
Scott Wapner: “When the Wolves Bite: Two Billionaires, One Company, and an Epic Wall Street Battle”
Sullo scontro tra Bill Ackman (short) e Carl Icahn (long) su Herbalife.
Scott Galloway: “The Four: The Hidden DNA of Amazon, Apple, Facebook and Google”
David Leinweber: “Nerds on Wall Street: Math, Machines and Wired Markets”
Come ricordato altre volte, consigli e suggerimenti su letture sono sempre benvenuti: sono meno interessato a libri “tecnici” (come identificare il prossimo grande investimento o come implementare una strategia vincente) e sono più attratto da biografie, scandali & frodi e storie “alternative”.
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