martedì 27 maggio 2014

Mercati emergenti: Cina via Hong Kong (e Singapore)?

Con un approccio contrarian ai mercati emergenti, se pensiamo a quali di questi hanno al momento la peggiore reputazione – a parte Russia ed Ucraina – i primi che vengono in mente sono sicuramente Turchia e Cina. Per quest’ultima, in particolare, il focus rimane sempre sulla velocità di crescita della sua economia.

In termini generali, sono molto scettico su alcuni miti che circondano l’economia cinese, spesso manifestamente falsi ma che continuano ad essere ripetuti: il fatto che dominerà il mondo, che cresce a tassi superiori a moltissimi paesi, che ha enormi riserve valutarie, che compra tutte le materie prime disponibili, … Pur essendo tra coloro che sono bearish sull’Impero Celeste (principalmente per i motivi di corporate governance discussi nel post precedente), devo ammettere che la sua economia si è mantenuta in buona forma più a lungo di quanto mi aspettassi, almeno stando alle statistiche ufficiali (per una molteplicità di opinioni sull’argomento: qui, qui, qui e qui). 

Una rapida occhiata all’andamento dei mercati mostra come negli ultimi 10 anni l’indice Hang Seng China Enterprises (linea blue) abbia avuto lo stesso rendimento del DAX (linea verde) ma superiore ad S&P500 (linea rossa). Inoltre, a differenza degli altri due mercati, quello cinese è ancora a meno della metà del picco raggiunto nel 2007: l’enorme crescita economica “ufficiale” dell’economia non si è tradotta affatto in una migliore performance azionaria.



In termini di valutazione, il mercato cinese oggi non è costoso, anche se non a prezzi di saldo:

                            MSCI China    Hang Seng China Enterprises
P/E                          9,4x                            7,5x
P/B                          1,4x                            1,4x
Dividend yield          3,5%                            4,4%


Per il mio livello di conoscenza attuale, esiste un’unica eccezione che sono disposto a fare alla mia posizione contraria sulla Cina: ovvero, alcune conglomerate quotate ad Hong Kong e Singapore.

Hong Kong è stato un protettorato inglese fino al 1997, quando fu “ceduto” alla Cina. Quello che è più importante è che il sistema legale sia ad Hong Kong che a Singapore è di derivazione britannica. Secondo l’ultimo report sulla competitività del World Economic Forum, i due paesi figurano sistematicamente ai primi posti per caratteristiche quali il rispetto della proprietà privata (incluse quelle intellettuali), l’uso dei fondi pubblici, l‘efficienza del sistema giudiziario nel risolvere le dispute, i comportamenti etici delle aziende, la solidità dei principi contabili, la protezione degli azionisti di minoranza, etc (molto meglio della Cina ma anche di paesi come Italia e Francia e, sotto alcuni aspetti, Germania).

Nonostante la loro eredità britannica, i due paesi rimangono comunque di estrazione tipicamente asiatica, con tutti i relativi vantaggi ma anche qualche trappola. Molte delle principali aziende sono controllate e gestite da tycoons locali (“Tai-Pans”), personaggi con una connotazione patriarcale e forti legami politici e finanziari tra i vari gruppi industriali. Per chi fosse interessato ad approfondire questi aspetti, molto interessante è la lettura di questo report (“Guide on fighting abusive related party transactions in Asia”) pubblicato da OECD.

Anche Hong Kong, inoltre, ha avuto la sua dose di frodi da parte di aziende cinesi, ma le conglomerate quotate e domiciliate a HK/Singapore possono essere tranquillamente considerate investibili. Ed i loro bilanci annuali sono redatti secondo elevati standard di trasparenza. 

Cosa è disponibile 
Molte delle aziende più grandi e famose quotate sono appunto conglomerate, sviluppatesi tipicamente sui settori del trasporto marino e del real estate e poi allargatesi a quelli finanziario, della telefonia, delle utilities, etc…

Personalmente preferisco concentrarmi su quelle aziende che hanno le seguenti caratteristiche:
- bilanci trasparenti e una lunga storia di attenzione verso gli azionisti (dividendi, buybacks, allocazione del capitale, …)
- holding company con la maggioranza delle società controllate anch’esse quotate (NAV come somma delle parti)
- valutazioni più a buon mercato rispetto ad aziende simili in US/Europa o con sufficiente margine di sicurezza rispetto alla somma delle parti
- per il momento preferisco mettere da parte le aziende di puro real estate (compito non facile…): non perché non siano business interessanti (al contrario), piuttosto perché rivalutano le loro proprietà nel conto economico, e quindi il P/E – se non aggiustato – può risultare artificialmente basso; questi investimenti hanno bisogno di un’analisi tecnica più dettagliata.

Da un primo screening, le aziende che mi interessano di più e che cercherò di approfondire nei prossimi mesi sono:

  • Hutchison Whampoa (13:HK): attiva nei settori delle infrastrutture (attraverso Cheung Kong Infrastructure, quotata ad Hong Kong), dell’energia (attraverso Husky Energy, quotata in Canada e con giacimenti in Canada, US, Indonesia e Groenlandia), delle telecomunicazioni (presente sia in Asia/Australia che in Europa con il marchio 3), dei trasporti e servizi portuali (attraverso Hutchison Port Holdings Trust, quotata a Singapore), immobiliare e retail (oltre 10,500 negozi in 25 paesi per prodotti di bellezza, compreso il brand Marionnaud). È posseduta al 50% da Cheung Kong Holdings.
  • Cheung Kong Holdings (1:HK): in aggiunta alla partecipazione in Hutchison Whampoa, opera direttamente nei settori del real estate e della life science.
  • Swire Pacific (19:HK): attiva nel real estate, nell’aviazione (attraverso la partecipazione in Cathay Pacific), nelle bevande (è il distributore dei prodotti Coca-Cola ad Hong Kong , Taiwan e parte della Cina), infrastrutture e servizi marini, più varie aziende industriali.
  • Shun Tak Holdings (242:HK): la holding della potente famiglia Ho è presente soprattutto nel real estate ma anche nei trasporti, hospitality (Mandarin Oriental Macau e Westin Resort Macau) più altri investimenti finanziari diretti.
  • Guoco Group (53:HK): oltre ad alcuni investimenti finanziari diretti, opera nel real estate (attraverso GuocoLand, quotata a Singapore), nell’hospitality (attraverso GuocoLeisure, anch’essa quotata a Singapore e con investimenti nel settore alberghiero e dei casino in Europa), e nei servizi finanziari (attraverso Hong Leong Financial Group, in Malesia).
  • Melco Crown Entertainment (6883:HK): operatore di casino nel sud-est asiatico, possiede la licenza per la loro gestione a Macau (su 6 rilasciate) e nelle Filippine (su 4 esistenti).
  • China Merchants Holdings (144:HK): focalizzata sul settore delle infrastrutture dei porti, con una presenza in sette dei 10 principali porti cinesi, oltre a India, Africa, US ed Europa.
  • First Pacific Holding (142:HK): quotata ad Hong Kong ma con attività principalmente nelle Filippine (investimenti nelle telecomunicazioni, utilities e risorse naturali) ed Indonesia (agricoltura e cibo).
  • Jardine Matheson (JM:SP): holding che controlla investimenti non quotati in vari paesi asiatici, oltre a real estate (Hongkong Land), hotel di lusso (Mandarin Oriental), supermercati (Dairy Farm), settore automobilistico (Jardine Cycle & Carriage), assicurazioni (Jardine Lloyd Thompson, quotata a Londra) ed una quota della conglomerata indonesiana Astra International
Per chi volesse approfondire in particolare le tematiche del mercato di Hong Kong, questo sito ha un’enorme mole di informazioni su aziende e persone. 

2 commenti:

  1. A parte Hutchison Whampoa e Melco Crown Entertainment, le altre in banca è molto dura che le trovi.

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    1. è vero, con le banche italiane è difficili trovarli, con le piattaforme/broker esteri è più facile

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