giovedì 18 settembre 2014

Fortuna vs. bravura

Il gestore di un hedge fund raddoppia il capitale dei propri investitori in un anno. Il prezzo di un’azione quadruplica in soli 6 mesi. Questi eventi non sono certo comuni, ma non sono nemmeno rari ed eccezionali, e sollevano da sempre una domanda: è stata bravura o solo fortuna?

La risposta è importante. Se si è trattato solo di fortuna, non dovremmo pagare al gestore commissioni di “2&20” (2% del capitale e 20% dei profitti). Se invece è stata bravura, sia il gestore che i manager della società meritano non solo un enorme grazie ma anche un’adeguata ricompensa. 

Come spesso succede in finanza, sull’argomento ci sono due visioni opposte. Da un lato ci sono quelli che ritengono che una performance superiore sia effettivamente indice di capacità non comuni; dall’altro, coloro che ritengono invece che i gestori non abbiano in realtà nessuna abilità speciale. Gli studi ed i dibattiti accademici su queste due posizioni sono quasi infiniti e difficilmente si arriverà mai ad una conclusione univoca. 

Il punto cruciale del problema è che nel mondo degli investimenti è difficile distinguere un vincitore fortunato da uno di talento. Per capire perché, facciamo riferimento ad un settore in cui è più facile differenziare tra fortuna e bravura: lo sport. Anche coloro ai quali non piacciono Maradona, Tiger Woods, Michael Jordan o Roger Federer, devono ammettere che hanno delle qualità che il resto delle persone non hanno e che il loro successo non può essere attribuito al caso.

In campo sportivo si possono separare bravura e fortuna perché:

  • Il successo è chiaramente definito: nel basket, o si fa canestro o non lo si fa; nel tennis, o si manda la palla in campo o la si manda fuori. Un palo in una partita di calcio può suscitare discussioni interminabili tra i tifosi, ma non conta ai fini del risultato.
  • È difficile avere successo con la sola fortuna: la stragrande maggioranza delle persone non riuscirebbe infatti a fare canestro sulla sirena in una finale NBA o chiudere un set con una volée a Wimbledon. Quelli che ci riescono hanno un talento che la maggior parte di noi non ha.
  • C’è un elevato numero di tentativi: gli sportivi professionisti hanno centinaia di occasioni per mostrare le proprie capacità. Tutti noi possiamo fare canestro da metà campo in palestra o buca in un colpo giocando a golf; ma se dovessimo provarci centinaia di volte i nostri limiti sarebbero subito evidenti. Ma non è certamente per fortuna che Tiger Woods ha messo a segno decine di colpi vincenti, che Michael Jordan ha realizzato molteplici canestri decisivi o che Maradona segnava nelle partite che contano.
Nel campo degli investimenti, questa differenziazione non è invece così netta: 
  • Il successo è non chiaramente definito: un gestore che ottiene un risultato positivo dal suo portafoglio può essere considerato un successo? E se fa meglio del benchmark? Una società il cui prezzo di mercato aumenta più delle altre è automaticamente un buon investimento? Il solo fatto che dobbiamo riflettere prima di rispondere a queste domande ci dice qualcosa sul concetto stesso di successo in campo finanziario. Il primo elemento da considerare è infatti il risultato aggiustato per il rischio incorso; sotto questo aspetto lo stesso gestore può essere considerato un successo da un investitore ed un fallimento da un altro. Con alcune strategie (hedge funds, private equity) la questione è ancora più spinosa, perché la loro reale esposizione è difficile da misurare.
  • È più facile avere successo per pura coincidenza: è infatti assolutamente possibile fare tutte le cose giuste (raccogliere i dati, analizzarli, fare stime prudenti, …) e fallire; ed allo stesso modo, come in un casinò, è possibile puntare a caso e vincere.
  • Ci sono troppi pochi “tentativi”: si può essere fortunati con un singolo investimento? Certamente. E con quattro? Anche. E per 10 anni di fila? Questo è meno facile, ma con migliaia di gestori che ci provano qualcuno ci dovrà pur riuscire… [1]
Quanto detto finora non vuol dire tuttavia che gli investitori devono perdere ogni speranza di poter identificare i gestori con capacità superiori: la caratteristica principale da ricercare è la consapevolezza e competenza del processo di investimento. Un gestore che fa meglio del mercato ha fatto qualcosa che migliaia di altri partecipanti non riescono a fare. Se questo non è dovuto alla fortuna, deve dimostrare che ha qualcosa che lo differenzia dagli altri: migliori informazioni (???), migliori capacità di analizzare i dati, un orizzonte temporale più lungo, un approccio diverso, … Se non riesce a spiegare perché, state sicuri che non continuerà nella sua performance a lungo. I migliori investitori sono infatti quelli che non solo hanno una buona consapevolezza sia del proprio talento che dei propri limiti, ma soprattutto non hanno nessun problema a discutere la propria filosofia d’investimento.

Si può essere riservati sui singoli investimenti, ma si deve essere aperti a spiegare almeno la propria filosofia. Evitate quei prodotti, gestori o investimenti che basano il loro appeal semplicemente sulla buona performance recente.  




[1] Per chi è interessato alla statistica: assumendo che i rendimenti del portafoglio siano distribuiti secondo una normale (non lo sono, ma semplifichiamo), un test veloce per capire se l’extra-performance prodotta dal gestore del fondo è statisticamente significativa (ovvero, se alpha è effettivamente dovuto a bravura e non al caso) è dato da:

dove TE è il tracking error rispetto al benchmark, N è il numero di osservazioni e z è il valore soglia: per un livello di significatività di 1%, z è pari a 2,326.
Ribaltando la formula, si può determinare il numero di osservazioni minime necessarie a determinare se alpha è significativo: per un fondo che ha generato un alpha di 3% con un tracking error di 3%, il numero minimo di osservazioni è di 65 mesi (oltre 5 anni); per un tracking error di 5%, N sale a 180 mesi (15 anni!). Quando invece alpha è basso (1% viene sbandierato da molte SGR come un gran successo…), anche con un tracking error contenuto del 3% servono quasi 50 anni per essere sicuri che non sia stato dovuto solo al caso.

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