mercoledì 18 febbraio 2015

Scommettiamo che…?

Nel 2008 Warren Buffett ha scommesso con Protégé Partners che su un orizzonte temporale di 10 anni un fondo passivo che replica l’indice S&P 500 avrebbe battuto la performance di un paniere di hedge funds scelti da Protégé. Una organizzazione no-profit scelta dal vincitore riceverà nel 2017 il premio di $1 milione messo in palio dalle due parti.

Dopo sette anni dall’inizio, Buffett è in ampio vantaggio: più precisamente, la performance cumulata del fondo passivo scelto da Buffett (Vanguard Admiral Shares) è stata alla fine del 2014 di 63,5% mentre il paniere di Protégé Partners ha al momento una performance di 19,6%. Non solo: con l’eccezione del primo anno (2008), nel quale il fondo Admiral perse 37% mentre il paniere di hedge funds solo 24%, l’investimento passivo ha battuto quello attivo in ciascuno dei 6 anni successivi.

La tesi di Buffett, dettagliata all’inizio della scommessa, era la seguente:
“Costs skyrocket when large annual fees, large performance fees, and active trading costs are all added to the active investor’s equation. Funds of hedge funds accentuate this cost problem because their fees are superimposed on the large fees charged by the hedge funds in which the funds of funds are invested. A number of smart people are involved in running hedge funds. But to a great extent their efforts are self-neutralizing, and their IQ will not overcome the costs they impose on investors.”
Dall’altro lato, la proposizione di Protégé era:
"There is a wide gap between the returns of the best hedge funds and the average ones. This differential affords sophisticated institutional investors, among them funds of funds, an opportunity to pick strategies and managers that these investors think will outperform the averages."
Simili argomentazioni sono già state esposte in un post precedente, nel quale affermavo:
“Quello che dozzine di hedge funds hanno invece dimostrato è che fare trading su titoli azionari ed obbligazionari liquidi, andando sia long che short con l’obiettivo di offrire “un rendimento competitivo in mercati rialzisti e migliore in mercati ribassisti (o comunque rendimenti non correlati con i mercati)” non è così semplice come sembra, che sia misurato al netto delle commissioni o meno. In aggiunta, molte delle strategie proposte possono essere replicate con versioni anche semplici di una asset allocation bilanciata che persino i promotori finanziari riescono a fare (alle volte…). Se a questo aggiungiamo un ulteriore livello di costi per i fondi di fondi/multi-manager, ed ecco che l’inutilità di queste strutture cresce in maniera esponenziale.”
Buffett promuove investimenti passivi?
Volendo si potrebbe riassumere la scommessa nella tradizionale dicotomia tra un approccio passivo ed uno attivo, con Buffett che ha puntato sul primo. Questo potrebbe sembrare in aperto contrasto con il modo in cui è stata da sempre gestita Bershire Hathaway: gestione attiva e portafogli molto concentrati, ovvero l’esatto contrario di un fondo passivo indicizzato a S&P 500. In realtà l’opinione di Buffett su questo argomento è ben nota, ed è stata da lui stesso spiegata più volte:

“[…] the ‘know-nothing’ investor who both diversifies and keeps his costs minimal is virtually certain to get satisfactory results. Indeed, the unsophisticated investor who is realistic about his shortcomings is likely to obtain better long-term results than the knowledgeable professional who is blind to even a single weakness.
[...] My advice to the trustee could not be more simple: put 10% of the cash in short-term government bonds and 90% in a very low-cost S&P 500 index fund. (I suggest Vanguard’s.) I believe the trust’s long-term results from this policy will be superior to those attained by most investors – whether pension funds, institutions or individuals – who employ high-fee managers.” (Lettera agli azionisti 2013)

Come spiegato varie volte anche da Charlie Munger, un know-nothing investor è uno che non ha il tempo, la voglia,  la capacità o il temperamento di analizzare singoli business ed investire solo in quelli migliori. Questa non è né una critica né qualcosa di cui vergognarsi: al contrario, poichè ognuno ha le proprie caratteristiche e circolo di competenze, semplicemente ammettere di essere un know-nothing investor può permettere di battere anche gli investitori professionali.
"By periodically investing in an index fund, the know-nothing investor can actually out-perform most investment professionals. Paradoxically, when 'dumb' money acknowledges its limitations, it ceases to be dumb."
Dall’altro lato, “[…] those who are able to understand business economics and to find five to ten sensibly-priced companies that possess important long-term competitive advantages, can do just fine”.

È difficile non essere d’accordo: la stragrande maggioranza degli investitori farebbe di gran lunga meglio a comprare in maniera periodica e sistematica fondi passivi, esattamente quello che consiglia anche John Bogle. L’idea di base è di puntare sulla crescita del valore intrinseco nel corso del tempo e sull’effetto del compounding, piuttosto che cercare di essere più furbi della massa: per molti investitori è semplicemente stupido cercare di fare il market timing (e questo vale anche a livello di singole azioni), anche se questa lapalissiana verità sembra non scoraggiare tutti quelli che continuano a provarci.

La difesa di Protégé Partners
La tesi di Buffett implicava che un investimento passivo avrebbe fatto meglio del paniere di fondi per un ammontare approssimativamente uguale alle commissioni pagate agli hedge funds ed al fund of funds. La scomposizione dei rendimenti delle due strategie dopo 7 anni suggerisce tuttavia che l’extra-rendimento del mercato è ben superiore a quello che i costi suggerirebbero.



Le commissioni di gestione sul paniere di fondi sono di 1,5% del NAV per gli hedge funds sottostanti e di 1% per il fondo di fondi; le commissioni di performance sono invece di 20% e 5%, rispettivamente, entrambe soggette a high water mark.

Oltre metà della sottoperformance del fund of hedge funds può essere attribuita direttamente alle commissioni. Il calcolo è il seguente:
- sottoperformance attuale: 63,5% - 19,6% = 43,9%
- di questa: 18,2% + 6,2% = 24,4% è dovuta alle commissioni
- pertanto: 24,4% / 43,9% = 55,6% della sottoperformance totale è dovuta alle commissioni.

Ma la rimanente sottoperformance (pari a 43,9% - 24,4% = 19,5%, ovvero 2,6% per anno) è stata causata da qualcos’altro. Inoltre, come detto, il primo anno della scommessa è stato decisamente a favore del fund of hedge funds, quindi questo “qualcos’altro” è stato ancora più marcato negli ultimi 6 anni. 

Cosa sia questo qualcos’altro può essere determinato suddividendo il rendimento di un qualsiasi fondo nelle sue componenti di base:

  • Il beta implicito nella strategia (in parole semplici, le asset class / mercati nei quali è investito)
  • Il rendimento della parte mantenuta in liquidità (che il fondo passivo non ha)
  • L’alpha che il gestore è in grado di ottenere attraverso la selezione dei singoli investimenti
  • Ed infine le spese e commissioni sostenute.
Secondo l’analisi prodotta da Protégé Partners, le cause principali della sottoperformance sono due: 1) la miglior performance dell’indice S&P500 negli ultimi anni rispetto ai mercati azionari globali; 2) l’impatto negativo delle politiche delle banche centrali sugli hedge funds rispetto ad altri veicoli di investimento. Aggiustando per questi due fattori, la sottoperformance del fund of hedge funds non è così marcata come sembrerebbe a prima vista: e quindi la scommessa rappresenterebbe un paragone di mele con pere…
Fonte: Protégé Partners. 

In particolare, il paniere di fondi avrebbe avuto una performance in linea con l’indice MSCI All-Country World Index: la sottoperformance è stata causata, per 2,3%/anno, dalla miglior performance di S&P500, anche se il fondo ha beneficiato di 0,5%/anno per l’allocazione alle small-caps. Inoltre, il paniere di fondi è stato in media net long solo per 40%-60%, aggiungendo quindi un ulteriore 1,8% di sottoperformance rispetto ad un indice long-only in un mercato rialzista: il costo di prendere a prestito le azioni da shortare per questi fondi è anche aumentato negli ultimi anni, in parte per i bassi tassi d’interesse ed in parte per la competizione nel mercato. 

Mettendo tutto assieme, Protégé ha stimato che dopo aver contabilizzato queste variabili, il paniere di fondi ha avuto una sottoperformance pari più o meno all’ammontare dei costi. E per questo motivo dichiarano di non essere in svantaggio bensì in sostanziale pareggio! [E comunque le commissioni eccessive rimangono…]

Avete capito bene: se gli hedge funds fanno delle scommesse al di fuori del mercato riferimento e queste si rivelano corrette, allora sono dei geni e si ricompensano con laute commissioni di performance. Se invece queste puntate si rivelano sbagliate, allora dicono che - ceteris paribus - avrebbero fatto più o meno come il mercato, e quindi non è colpa loro (e si tengono comunque le commissioni di gestione). Non fatevi incantare: questo è esattamente lo stesso che fanno i fondi flessibili o pseudo-absolute return che oggi vanno tanto di moda e sono comunemente venduti a tutti gli investitori.

4 commenti:

  1. Chiaro, condivisibile ...e anche noto.

    Come giustifica il suo servizio chi come lei vive di consigli sugli investimenti?

    Scusi se la domanda è diretta ma è tanto che la volevo fare a qualcuno del campo e questo articolo me ne offre l'opportunità.

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  2. ...intendiamoci, i suoi articoli sono davvero quanto di meglio abbia trovato in italiano e quindi la prego di non prendere la domanda diretta di cui sopra come una provocazione in quanto si tratta in effetti di semplice curiosità.

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    1. Nessun problema: domandare è lecito, rispondere cortesia.

      Se ho capito bene, il punto è: perché pagare qualcuno per farsi dire dove investire se chiunque può farlo da solo come suggerisce anche Buffett? La risposta è molto diretta: se si sa cosa si fa, non si deve pagare nessuno. Io sono assolutamente per il “fai-da-te”, ed investire è molto più semplice di quello che l’industria del risparmio vuol farci credere.

      Il problema è che non tutti sanno quello che fanno, oppure non hanno ben chiari i loro obiettivi o il funzionamento dei mercati, e quindi anche creare solamente l’asset allocation migliore per la propria situazione diventa complicato. La cultura finanziaria in Italia (ma anche in altri paesi) è ad un livello infimo, e quindi è facile fare degli errori. L’investitore “know-nothing” non è uno che non sa letteralmente niente, ma uno che non sa quali siano le strategie migliori e quindi piuttosto che provare questo o quello si affida (giustamente) ad una strategia passiva.

      Ancora peggio è quando entra in gioco la psicologia degli investitori: magari siamo in grado di stabilire un piano ben ponderato, ma poi arriva il 2000, o il 2008, o la Grecia di turno, ed allora andiamo nel panico (o, al contrario, nell’euforia). Oppure cerchiamo di fare market timing o seguiamo la moda del momento. Lo stesso Buffett ha detto: "Investire è semplice, ma non facile."

      In questi casi, essere affiancati da qualcuno che fa questo mestiere, si spera in maniera professionale, può essere di aiuto: che non vuol dire necessariamente fare performance superiori al mercato o non sbagliare mai, quanto piuttosto cercare di evitare gli errori più comuni (compresi i prodotti inefficienti e costosi), avere investimenti in linea con i propri obiettivi finanziari e non solo, reagire in maniera razionale ai movimenti di mercato, etc…

      D’altronde, se lei ha un raffreddore non credo vada dal dottore: bastano una sciarpa, una spremuta d’arancia ed in due giorni passa. Ma se ha un problema al cuore penso che cerchi un esperto e non credo che vada a digitare su Google: “Come operarsi al cuore da solo”. Lo stesso vale per li investimenti: quando si sa come affrontare i problemi di base, si può benissimo far da se. Ma quando si ha bisogno di qualcosa di più sofisticato, o non si è sicuri di essere in grado di fare da soli, allora forse è meglio rivolgersi ad un professionista.

      Quelli dai quali non dovrebbe mai accettare un consiglio nemmeno gratuito (opinione personale) sono quelli che vogliono venderle qualcosa (promotori), chi millanta performance eccezionali o strategie infallibili, o chi non ha le competenze per farlo (sportellisti delle banche).

      Se volesse continuare la discussione può contattarmi: prometto che non proverò a venderle niente!

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    2. Aggiungo un altro commento, preso parola per parola dall’ultima lettera agli azionisti di Berkshire Hathaway resa nota nello scorso week-end:

      “Investors, of course, can, by their own behavior, make stock ownership highly risky. And many do. Active trading, attempts to “time” market movements, inadequate diversification, the payment of high and unnecessary fees to managers and advisors, and the use of borrowed money can destroy the decent returns that a life-long owner of equities would otherwise enjoy. Indeed, borrowed money has no place in the investor’s tool kit: Anything can happen anytime in markets. And no advisor, economist, or TV commentator – and definitely not Charlie nor I – can tell you when chaos will occur. Market forecasters will fill your ear but will never fill your wallet.

      The commission of the investment sins listed above is not limited to “the little guy.” Huge institutional investors, viewed as a group, have long underperformed the unsophisticated index-fund investor who simply sits tight for decades. A major reason has been fees: Many institutions pay substantial sums to consultants who, in turn, recommend high-fee managers. And that is a fool’s game.”

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