martedì 21 aprile 2015

Fondi immobiliari chiusi (III) – Alpha Immobiliare

Alpha Immobiliare (QFAL:IM) è un altro dei fondi immobiliari evidenziati qualche tempo fa.

Il fondo è gestito da IDeaA FIMIT SGR, uno dei principali player sul mercato italiano con €10 miliardi in gestione distribuiti su 36 fondi. Di questi, 5 sono dedicati al mercato retail e quotati in Borsa: oltre ad Alpha, sono infatti disponibili Fondo Beta, Fondo Delta, Atlantic 1 ed Atlantic 2 (ex Fondo Berenice), con Alpha e Delta gli unici a trattare ad un sostanziale sconto rispetto al NAV. 

Alpha è costituito da 17 immobili con un valore contabile di €383 milioni, destinati prevalentemente ad uso uffici (60% del valore e 64% della superficie totale, il resto è logistica ed attività commerciali), situati nel Lazio (83%), in Lombardia (12%) ed Emilia Romagna (5%). Il fondo utilizza la leva finanziaria, ma per un ammontare contenuto: il totale dei finanziamenti in essere è di €52 milioni, per un loan-to-value (LTV) di solo di 14%. Il fondo possiede anche una partecipazione, del valore di €11,4 milioni, nel fondo Conero, veicolo riservato ad investitori qualificati e gestito dalla stessa IDeA FIMIT (conflitto di interessi?).

Dal punto di vista della struttura patrimoniale e della valutazione, Alpha sembra essere sia solido che a buon mercato: il gross rental yield è del 7%, lo sconto sul NAV è 66% ed il margine di sicurezza è 64%. Infine, considerando l’andamento storico del NAV e le varie distribuzioni effettuate, il tasso interno di rendimento (IRR) dalla costituzione è un accettabile 8,21%.

Questo per quanto riguarda gli aspetti positivi: ce ne sono altri negativi.

Il primo è senz’altro rappresentato dalla scadenza del fondo, che è stata prorogata al 27 giugno 2030, anche se la SGR ha manifestato l’intenzione di liquidarlo entro dicembre 2019. Il secondo è che il tasso di occupazione è solo del 64%: ad abbassarlo contribuisce l’immobile di dimensioni maggiori, liberato completamente dal Ministero dell’Interno già nel 2007 ed oggi interessato da un piano di recupero e riqualificazione sottoposto all’approvazione della Giunta Comunale di Roma.

Il terzo, più importante, riguarda la “qualità” dei locatari e dei contatti. Oltre il 56% della superficie locata è infatti al momento affittata alla Pubblica Amministrazione: in molti paesi avere lo stato come locatario sarebbe considerato un plus, perché è l’inquilino con il massimo standing creditizio possibile e spesso richiede contratti di lungo periodo. In Italia è esattamente il contrario: lo stato è il peggior locatario possibile ed Alpha fa fatica a riscuotere gli affitti. Come riportato a pagina 20 del report 2014:

“L’esposizione creditizia verso i conduttori del Fondo rimane elevata. Si conferma, quale componente principale, la morosità dei conduttori pubblici, mentre si continua a rilevare il ritardo nel pagamento dei canoni anche da parte dei conduttori privati che risentono della persistente sfavorevole situazione economica.”
Il fondo ha infatti crediti per fatture scadute da oltre 30 giorni di €8,5 milioni (70% dei quali da locatari pubblici) e per fatture scadute da oltre 90 giorni per €7,7 milioni: tutto questo rispetto a canoni di locazione totali lo scorso anno di €26,7 milioni, ovvero il 60% degli affitti è pagato con almeno 30 giorni di ritardo (quando va bene). Ed il locatario più moroso è il Ministero dell’Economia e delle Finanze! Il fondo si è attivato in maniera aggressiva per ottenere quanto dovuto:
“Perdura l’attività di credit management promossa dalla SGR, attraverso l’utilizzo sistematico del recupero coattivo dei crediti del Fondo, anche per via giudiziale. […]  Di tale importo risultano recuperati alla medesima data circa 45.121.850 euro, pari all’ 83,47% dell’importo oggetto di azione legale.
Questo rimane tuttavia un sistema lento, costoso e tutt’altro che ottimale di ottenere il pagamento delle fatture.

La tabella sottostante, ripresa da pagina 85 del report 2014, mostra la situazione attuale delle proprietà e le loro caratteristiche principali:


In essa è ben evidente un altro problema collegato a quanto già detto: il 66% della superficie locata ha contratti in scadenza entro un anno (soprattutto quelli affittati alla P.A.), ed 80% entro 3 anni. Questo potrebbe portare ad una ulteriore diminuzione del tasso di occupazione nei prossimi anni e/o canoni più bassi se i contratti saranno rinnovati a prezzi inferiori.

Per quanto riguarda le commissioni pagate alla SGR per la gestione del fondo, da contratto queste sono pari a 1,6% annuo “del valore complessivo netto del Fondo quale risulta dal Rendiconto annuale, determinato al netto delle plusvalenze non realizzate rispetto ai valori di acquisizione dei beni immobili, dei diritti reali di godimento sui beni, immobili e delle partecipazioni detenute dal Fondo”. Per il 2014 i costi operativi sono riportati nella seguente tabella, rielaborata da quella a pagina 80:


Pagare 1,13% del NAV per la gestione è tutto sommato accettabile; ma il rovescio della medaglia di ricorrere al sistema giudiziario per incassare i crediti è l’elevato costo di gestione delle posizioni, che porta il TER del fondo ad un enorme 5,10% (considerando anche i costi del finanziamento).

Conclusioni
Il fondo Alpha sembra presentare un’interessante opportunità di investire nel mercato immobiliare italiano: il significativo sconto sul NAV e la leva molto contenuta sono fattori che dovrebbero mitigare il rischio di downside nell’investimento. Negli ultimi 12 mesi ci sono state varie offerte da parte di investitori esteri per fondi immobiliari italiani: Blackstone ha acquistato il 39,5% del fondo Atlantic 1 ad uno sconto di circa 26% sul NAV al momento della transazione, mentre Capstone ha rilevato il 33% di Vegagest Europa Immobiliare 1 ad uno sconto di circa 30% sul NAV. Se nel corso del tempo anche Alpha arrivasse a livelli simili, il rendimento per un investitore paziente sarebbe invero eccellente.

Occorre tuttavia notare che il fondo non possiede proprietà prestigiose (“prime”) con locatari di elevato standing. Al momento queste generano una rendita sufficiente, ma la situazione potrebbe cambiare: non soltanto lo stato italiano è un pessimo inquilino dal punto di vista della puntualità dei pagamenti, ma la spending review alla quale sono sottoposte tutte le amministrazioni pubbliche potrebbe portare a liberare alcuni immobili (data la breve durata residua dei contratti in essere) o comunque a spingere per affitti molto più bassi di quelli attuali. Se aggiungiamo che l’immobile principale per valore è attualmente sfitto ed in attesa di una decisione sulla sua riqualificazione (con i tempi biblici delle amministrazioni italiane non sappiamo se e quando potrebbe arrivare), il rischio è che queste proprietà debbano subire ulteriori write-down del loro valore.

Infine, come detto anche per Valore Immobiliare Globale, l’appetibilità dell’investimento dipende da quando il NAV sarà realizzato: un conto infatti è se la SGR riuscirà a cedere gli immobili, in maniera ordinata ed in un mercato in ripresa, entro il 2019; un altro è se le condizioni economiche costringeranno gli investitori ad aspettare altri anni, potenzialmente fino al 2030. Il rischio in questo caso è che la SGR preferisca continuare a “mungere” il fondo incassando le commissioni di gestione piuttosto che affrettarsi a restituire il capitale agli investitori.

Considerando tutti questi elementi, e nonostante il significativo sconto sul NAV, il rapporto rischio/rendimento complessivo non mi sembra così attraente.

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