Guardando le statistiche sulle masse in gestione sembrerebbe che gli investitori abbiano deciso da che parte stare: miliardi di dollari sono spostati ogni mese dalle gestioni attive a quelle passive, un trend che non sembra subire rallentamenti. Gli assets degli ETF sono aumentati del 25% annuo dal 2000 al 2014, un successo dovuto non solo agli investitori retail: oggi il 60% degli ETF sono posseduti da investitori istituzionali, quindi la scelta non è solamente dovuta ai loro costi inferiori.
Per meglio inquadrare la questione, ecco alcuni numeri sulla performance relativa:
Fonte: Manning & Napier.
Studiando questo grafico si può dire che le strategie attive hanno una performance migliore:
- quando la correlazione tra le singole azioni è bassa
- quando il rendimento dei mercati azionari è “ampio” e l’azione media ha una performance simile al benchmark
- quando sono i fondamentali (valutazioni, utili, crescita, etc…) a determinare i risultati
- nella prima parte di un mercato rialzista o appena all’inizio di una fase ribassista
- quando la correlazione tra le singole azioni è alta
- quando il rendimento dei mercati azionari è “ristretto” e la maggioranza delle azioni ha una performance inferiore all’indice
- quando sono le emozioni a prevalere
- nella fase speculativa di un mercato bull o nella parte finale di un mercato bear
Le mie personalissime opinioni:
- La performance relativa è molto ciclica, e con una marcata tendenza di mean reversion: la domanda da porsi è quando potrebbe invertirsi la tendenza attuale
- Dalla fine della crisi economica, le “condizioni di mercato” prevalenti sono state di alte correlazioni e rendimenti non determinati dai fondamentali, quanto piuttosto dalle azioni delle banche centrali, dalla ricerca di yield più alti, dal sentimento di risk-on/risk-off, …. Questo è in sintesi quello che ha reso le strategie passive superiori
- Stiamo tuttavia entrando in una fase nella quali i paesi (ed i settori) cominciano a “scollegarsi” in termini di posizione nel ciclo economico, politiche monetarie e valutazioni. Questo dovrebbe portare a maggiore differenziazione tra winners & losers, e quindi a ridurre la correlazione tra singole azioni. In questa situazione, le buone strategie attive dovrebbero ribaltare la classifica degli ultimi anni (ma occorre saper distinguere i gestori veramente attivi dai closet indexers)
- Il vero rischio di una strategia passiva per un investitore di lungo periodo è di “bloccare” rendimenti attesi mediocri a causa delle valutazioni non certo economiche di molti mercati
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