martedì 7 gennaio 2020

Performance portafoglio: cosa ho imparato nel 2019

Anno positivo per il portafoglio (+17,7%: nei 6 anni di esistenza solo il 2018 è stato negativo), ma ben lontano dai risultati di MSCI EMU Small/Mid caps (+28,3%).

Le spiegazioni di questo primo vero periodo di sottoperformance (-10,5%: doveva accadere, ed è meglio che sia successo quando il mercato fa +30% piuttosto che quando fa -20%) sono relativamente semplici:

  • Con un peso medio nel corso dell’anno di 8%, in un mercato che sale di 30% questo è di per sé un drag di almeno 2%.
  • Errori di selezione: non solo 6 titoli (su 19) hanno avuto un rendimento negativo in un mercato in forte aumento, ma altri 5 han restituito meno di +6%. Oltre metà portafoglio è stata mediocre, e la performance aggregata è stata “salvata” da pochi, eccezionali titoli.
  • La generale, perdurante debolezza delle strategie value
[Ricordo che il rendimento dell’indice è gross return, ovvero include il reinvestimento dei dividendi al massimo livello possibile per un residente nel paese di domicilio dell’azienda che lo paga, mentre il portafoglio include sia la tassazione su dividendi (che non sono reinvestiti ma si accumulano in liquidità) che sui capital gains.] 

Dal suo inizio, il portafoglio ha avuto una performance complessiva di +108%, che corrisponde a +13% annuo, quindi perfettamente in linea con il mio obiettivo assoluto di ottenere almeno inflazione +10%. Per le sue caratteristiche, il portafoglio è ben diverso dal benchmark (il tracking error è molto elevato, non solo per l’esposizione ai titoli non-euro che non sono nell’indice); è più “difensivo” con una volatilità più contenuta (e quindi Sharpe ratio superiore) ed un basso beta. Visti gli acquisti e le vendite dello scorso anno lo holding period medio si è ridotto a 2,9 anni, che rimane comunque nei mie parametri.
A livello di singoli titoli i migliori sono stati Eurobank Ergasias (+84%), Bakkafrost (+56%), Stabilus (+54%) e Vib Vermogen (+41%). Tra i nuovi titoli acquistati la scorsa estate, oltre a Stabilus sono andati bene anche Fuchs (+29%) e Shaftesbury (+23%), mentre Krones ed Indus Holding sono essenzialmente flat.
Infine, queste è la composizione attuale:

Doverosa anche una discussione dei titoli che sono andati male:
  • Raven Property (ordinarie +3%, preferred +12% inclusi dividendi): in realtà il 2019 non è stato un anno negativo per Raven grazie al riacquisto delle proprie azioni dai due principali azionisti (Invesco Asset Management e Woodford Asset Management), entrambi venditori forzati. Prima a giugno ha comprato il 13% detenuto da Woodford per 36 pence, poi tra ottobre e dicembre ha riacquistato il 29% detenuto da Invesco (di nuovo ad un prezzo medio di poco superiore a 36 pence), facendo salire il NAV da 48 pence lo scorso anno fino a 89 pence oggi. Nonostante il recupero nella seconda parte dell’anno, lo sconto sul NAV rimane di 44%.
  • Riverstone Energy (-59%): di gran lunga il principale detrattore, in parte per la diminuzione del prezzo del petrolio nel corso dell’anno ma anche di fattori specifici delle due principali partecipazioni, Hammerhead Resources (privata, 12% del NAV) e Centennial Development Resources (quotata, 27% del NAV). Nel primo caso, il motivo è stato il cap imposto dal governo canadese alla produzione nella provincia di Alberta; nel secondo è stata invece la decisione del management di rallentare i progetti di produzione. Non solo i multipli delle aziende quotate nell’intero settore energetico si sono compressi (l’indice S&P E&P tratta ad un EV/EBTDA di 5x rispetto a 12x di 3 anni fa), ma oggi il portafoglio di Riverstone è valutato ad un multiplo di quanto investito (MOIC, multiple of investment cost) di 0,7x rispetto a 1,4x di 12 mesi fa: per Centennial il prezzo corrente implica un valore negativo assegnato a tutte le riserve undeveloped. Dal lato positivo sono state dismesse alcune partecipazioni minori tutte a MOIC superiori a 2x, ed il board ha annunciato misure per ridurre lo sconto sul NAV: ma è chiaro che soluzioni più drastiche sono necessarie per ottenere risultati soddisfacenti.
  • JZ Capital Partners (-28%): altro investimento “difficoltoso” che ad ottobre ha perso un quarto del valore in un solo giorno in seguito all’annuncio che gli investimenti in real estate erano probabilmente sopravvalutati tra $50m e $150m (rispetto a $450m iscritti a bilancio, pari ad una riduzione del NAV tra 6% e 20%). Questi assets erano indicati come “relatively high quality sites for redevelopment”, quindi è stata una vera e propria sorpresa. A seguito di questo il board ha annunciato alcune iniziative strategiche: a) la riduzione degli impegni presi  per nuovi investimenti via via che quelli esistenti sono ceduti; b) con la dismissione di $150m-$170m dal portafoglio di US micro-caps, la priorità sarà data a ripagare il debito (anche per l’impairment del portafoglio immobiliare); c) altre iniziative che mirano a conservare ulteriori $100m di liquidità, principalmente investimenti programmati in fondi di private equity. Tutte queste iniziative sono ragionevoli, e lo sconto sul NAV oggi è 52%: ma il mandato “multiplo” (che all’inizio sembrava un plus) e la complicata struttura del capitale sono un peso continuo che grava sul prezzo.
  • Spice Private Equity (-15%): altro malato cronico, è passato da essere una possibile liquidazione ad un vero e proprio fondo concentrato in 4 aziende: è ormai chiaro che lo sponsor (GP Investments) non è intenzionato a liquidare il veicolo perché guadagna bene dalle commissioni di gestione. Unico contentino per gli azionisti, ha iniziato a pagare un dividendo di $5m, pari a 2% del NAV ed un dividend yield di 5%.
Cosa ho imparato nell’ultimo anno
Una delle realizzazioni principali del 2019 è molto semplice, anche se difficile da ammettere: so molto meno di quello che credevo di sapere sugli investimenti e sui business in generale. Non si è trattato di una rivelazione improvvisa, piuttosto qualcosa che è diventata ovvia negli ultimi mesi.

Fino ad oggi, infatti, pensavo che fosse sufficiente leggere i libri giusti (incluse le lettere agli azionisti di Buffett e Munger), seguire i consigli dei migliori investitori ed analizzare qualche centinaio di aziende in svariati settori: di cos’altro avrei bisogno per fare meglio di un fondo indicizzato? In realtà sono sempre più le domande davanti alle quali ho la stessa espressione delle mucche che guardano passare i treni. 


Questi sono alcuni dei temi che credevo più o meno di sapere e che invece mi trovo costretto ad approfondire:

  • Venture capital: forse è anche troppo di moda, ma molte delle migliori opportunità saranno sempre più in private markets, quindi vorrei capire come potervi accedere: ci sono anche veicoli quotati, ne sto guardando ed analizzando alcuni, quindi vedremo cosa verrà fuori.
  • Il futuro dell’intero settore media: non certo una questione sorta negli ultimi 12 mesi, ma la domanda più frequente dall’introduzione di Disney+ (10 milioni di abbonati nel primo giorno di lancio) è se “content is still king”: quanto valgono le libraries/legacy intellectual properties in un mondo sempre più di “veloce” dominato da smartphones? Chi vincerà, Netflix o Disney? O magari Apple TV o Amazon Prime Video? O possono essere complementari?
  • Collegata al punto precedente: quanto forti sono alcuni moat esistenti? Le storie più interessanti degli ultimi anni sono aziende che se li sono costruiti quasi dal nulla, in genere sfruttando l’effetto network piuttosto che altre caratteristiche.
  • Cosa implica la Cina per la crescita organica del mondo intero?
  • Fino a qualche anno fa pensavo che tassi d’interesse negativi non fossero possibili, mentre oggi sembrano normali. Ancora 5 anni fa ritenevo che potessero solo aumentare, ed anche rapidamente, e così l’inflazione. Oggi non sono per niente sicuro che sarà così.


La frase più interessante trovata nel libro sulla storia di Netflix è proprio: “nobody knows anything” (presa da un altro libro di uno sceneggiatore di Hollywood). 

Come sempre, grazie a tutti quelli che passano di qui a leggere i post e commentare (a volte anche a distanza di mesi!): non faccio più promesse, soprattutto sulla frequenza dei post e sulle analisi di varie aziende, perché vedo che sono sempre meno capace di mantenerle…

20 commenti:

  1. Caro Matteo, leggo con estremo interesse il tuo blog da un sacco di tempo. Non essere troppo severo con te stesso, siamo padroni della barca, non del vento. Grazie per tutto il tempo che dedichi al blog e per le centinaia di belle idee, resoconti e suggerimenti. Come autore sei al top !!

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    1. Non sono severo, sono realista: che la sottoperformance dello scorso anno sia stata significativa è un dato di fatto, e che ci siano molte cose che conosco solo marginalmente è altrettanto palese.

      Conoscere i propri limiti è una delle cose principali da comprendere per qualsiasi investitore.

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    2. un anno però non è assolutamente indicativo di nulla, vedasi buffett bel periodo della bolla internet. investire è una maratona, non uno sprint!

      anche io ti sono molto grato degli articoli di questi tanti anni, non vorrei che il blog venisse abbandonato, ma anzi sarebbe bello se fosse potenziato (c'era tempo fa l'idea del forum, sarebbe interessante!).

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  2. Leggo con immensa tristezza questo suo post.
    Non capisco come faccia ad essere così severo con sé stesso per un anno di sotto-performance rispetto all'indice che usa come benchmark e per qualche errori di valutazione su alcuni titoli.

    Lei mi è sempre parso bravo e preparato, e sebbene io dei suoi articoli c'ho sempre capito quasi nulla, invidio molto la sua capacità di stimare il valore/rendimento di un titolo azionario su un arco temporale futuro di 10 anni.

    Anche se il suo portafoglio sotto-performasse sempre, questa capacità le dà almeno la possibilità di restare investito in azionario con anche quote pesanti del proprio patrimonio. Mentre chi, come me, non è capace di fare alcuna stima, può investire una quota pesante del proprio patrimonio in azionario solo se è un impavido, altrimenti deve rassegnarsi a starne alla larga e condannarsi ad avere i risparmi erosi dall'inflazione.

    E poi non capisco 1 anno solo di sotto-performance cosa possa rappresentare. Quello che conta è il rendimento cumulato.
    Se il mio portafoglio in conto deposito nel 2019 avesse fatto il 2%, non mi abbatterei l'umore per per non avere preso i Titoli di Stato Area Euro a 8 anni (IE00B1FZS806) a inizio 2019. Certo gli Euro Govies nel 2019 ha fatto +7%, ma i rendimenti attesi netti (pagate tasse e bollo) di questi a inizio 2019 erano zero o negativi, e oggi lo sono ancora di più, quindi cos'è dovrei considerarmi "poco furbo" perché a inizio 2019 non ci ho fatto all-in?!

    Spero che lei continui con questo blog. Se non ha tempo/voglia di fare analisi complicatissime su titoli particolarissimi, potrà sempre fare analisi più semplici su titoli quality con earning più stabili come le large cap del settore consumer staples, healthcare, ecc. che sono comunque interessanti per chi capisce poco come me.

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  3. Buongiorno e grazie per le interessanti analisi. E complimenti in ogni caso per la performance, la differenza cumulata con il benchmark è comunque consistente.

    Volevo chiederle un suo parere sulla performance di BETT, se la performance negativa cumulata in questi anni è legata ad un deterioramento del business o una contrazione dei multipli dell'azione. Purtroppo le relazioni in tedesco, benchè il traduttore di Google funzioni discretamente, non rendono di facile comprensione le prospettive future.

    Grazie!

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    1. Gli utili contabili pre-2015 erano più alti, ma perché includevano i ricavi dalla vendita degli appartamenti. Escludendo questi, il fatturato core è salito (dati alla chiusura di ottobre 2018: se non sbaglio i risultati del 2019 saranno pubblicati a fine mese) ad un tasso annuo di 2%-5%, mentre gli utili operativi hanno fatto qualcosa peggio: la perfomance sottostante non è stata eccezionale, i venti contrari (CHF alto, …) hanno sicuramente influito.

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  4. Credo che dopo i messaggi ricevuti sia doverosa qualche spiegazione: evidentemente mi sono espresso male.

    Non sono né preoccupato né depresso per la sottoperformance del portafoglio nel 2019: dopo 6 anni era una possibilità anche solo statistica, e non è un problema che sia avvenuta in un anno nel quale il mercato ha fatto +30%. Anzi, per le sue caratteristiche è proprio nei periodi nei quali “sale tutto” che il portafoglio rimarrà – tendenzialmente – indietro: mi preoccuperei di più se sottoperformassi di 10% quando il mercato crolla di -20%.

    E non mi sembrava nemmeno di essere stato troppo severo: spiegare cosa ha funzionato, ma soprattutto cosa NON ha funzionato, è imperativo per qualsiasi investitore serio, tutti sono bravi a dire “ti avevo detto di comprare Amazon nel 2010”. E soprattutto è importante per me per capire dove migliorare e cosa eventualmente cambiare.

    Riguardo le cose che non so, anche questo è un dato di fatto: vorrei poter sapere tutto, ma mi accorgo sempre più che sono invece molte le cose che non conosco a pieno. Non è necessariamente un male, negli investimenti come nella vita in generale è sempre bene conoscere i propri limiti perché ci permette di sopravvivere (o di investire per un altro anno).

    Infine, non ho intenzione di mollare il blog, che come detto più volte mi serve per mettere in ordine le mie idee e le mie tesi, non per farmi bello. Quanto scritto si riferisce al fatto che nei primi 3 anni ho postato una media di 60 messaggi l’anno, incluse varie analisi di titoli, mentre negli ultimi tre la media si è dimezzata a 30 con poche sporadiche analisi. “Non faccio promesse” si riferisce al fatto che ho promesso più volte di scrivere di più ma poi altri impegni mi impediscono di farlo, compreso il famoso forum.

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    1. Complimenti come sempre per le analisi e gli spunti! E anche per i risultati dei 5 anni, che sono ottimi!

      Forse alla tua domanda/riflessione sulla quantita' di informazioni e di studio che servono per poter prendere decisioni consapevoli che portino a fare meglio del benchmark mi verrebbe da rispondere con la domanda: vale davvero la pena tutto questo studio e lavoro, rispetto a fare un pac sul wsci world o sullo S&P500, come suggeriva Buffett alla moglie, e agli investitori non professionali?
      Non ho una risposta, neppure per me stesso, che sono estremamente meno capace di te con gli investimenti! Forse quello che conta e' che facendo queste analisi ci si diverte e ci si sente piu' consapevoli nella gestione del denaro. E anche questo conta!

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    2. Ad essere precisi, Buffett ha detto che per un “know-nothing investor” è molto meglio comprare un fondo passivo su S&P500 ed otterrà rendimenti decenti: quando un know-nothing investor ammette di essere ad uno svantaggio, paradossalmente, ribalta il suo svantaggio. E questo è assolutamente corretto.

      Ma anche il fondo passivo (nota: Buffett non ha mai detto ETF, che sono una cosa diversa perché usati per fare trading) deve essere tenuto per 20 anni.

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    3. Si, ero stato poco preciso, intendevo prendere un fondo passivo (io pensavo ad un ETF, quali sono altri fondi passivi?) da tenere per lungo tempo 20/30/40 anni.

      La mia domanda era: quanto deve sapere un investitore, e quanto tempo deve investire per fare meglio del know-nothing investor che prende il fondo passivo? E questo investimento in tempo, vale la pena del guadagno in piu'?

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    4. I fondi passivi tradizionali sono nella stessa forma dei fondi comuni attivi: poi sono nati gli ETF, che sono fondi passivi trattati in borsa come le azioni.

      Quanto tempo dedicarci, e se alla fine ne vale la pena, è una questione soggettiva: è difficile dare una risposta univoca.

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  5. Una minore performance del portafoglio in un anno fortemente rialzista è più che normale per una strategia value. Vedendo l'indice MSCI, basta allargare l'orizzonte a 2 anni e si nota come l'andamento del portafoglio sia migliorativo. La differenza si amplifica su un orizzonte di 5 anni. Inoltre in valore assoluto un 13% medio annuo mi sembra un gran risultato, anche perché ottenuto in un periodo con i tassi a 0 o negativi in taluni casi. Magari l'"avrei" avuto io, come direbbe Checco Zalone.
    Sul blog, ritengo che sia uno dei pochi se non l'unico di altissima qualità da cui tirare sempre fuori spunti e riflessioni. Quindi mi tengo stretti i 30 post medi annui, anche 20....
    Se non altro per leggere i commenti sempre ficcanti del buon Otto!....si scherza eh...siamo toscani..

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  6. Non sono né preoccupato né depresso per la sottoperformance del portafoglio nel 2019: dopo 6 anni era una possibilità anche solo statistica, e non è un problema che sia avvenuta in un anno nel quale il mercato ha fatto +30%. Anzi, per le sue caratteristiche è proprio nei periodi nei quali “sale tutto” che il portafoglio rimarrà – tendenzialmente – indietro: mi preoccuperei di più se sottoperformassi di 10% quando il mercato crolla di -20%.

    come è andata la performance del portafoglio rispetto al mercato? Ci puoi dare un aggionamento?

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    1. Abbastanza male: YTD a fine febbraio il portafoglio perdeva -13% rispetto a -8% dell'indice

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  7. Preferisci aziende del mercato europeo, ma il mercato americano ha corso di più. Perchè?

    Chi ha investito in società americane come Visa, Apple e tantissime altre molti anni fa le ha viste correre come le società europee non hanno corso e cio' si riflette sugli indici. Perchè?

    usa girls suck morer?

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    1. Mi chiedo perchè debba ripetere sempre le stesse cose.

      Il portafoglio che è dettagliato nel blog è focalizzato su small/mid-cap europee, ma è solo parte dei miei investimenti: c'è anche una parte di azioni large-cap che include, tra le altre, Visa, PayPal, Nike e Tiffany.

      Sul perchè gli US abbiamo fatto meglio le risposte sono varie: in primo luogo l'economia US ha recuperato megliod alla crisi, che ha permesso alle banche di riprendersi mentre in EU i finanziari sono stati un semi-disastro. In secondo luogo, a livello di indici in US pesa molto di più il settore tecnologico, che è quello che è salito di più: in EU la tecnologia è molto più limitata, ma i titoli che ci sono (SAP) hanno fatto altrettanto bene. Dove l’Europa (ed anche l’Italia) sono tradizionalmente più forti (lusso) è andata anche meglio di US (LVMH, L’Oreal).

      Ed esattamente, cosa dovrebbe significare: “usa girls suck more(r)”?

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  8. Mi riferivo ad un immagine pubblicata su questo blog. Infatti qui, alla luce della tua risposta, la conclusione è: american business sucks more.

    Infatti gli americani ci considerano, quando vengono in Italia, un po' degli indigeni riguardo al business. Se parli di business, fanno un'espressione tipo.. “si certo parlo di queste cose con te, cosa voi che tu capisca...“

    Al momento sembra che i mercati diano loro ragione

    Alla luce del coronavirus intendi mantenere le posizioni del portafoglio con gestione passiva? Prevedi ulteriori acquisti che vadano a incrementare le posizioni del tuo portafoglio secondo quello che è una filosofia di investimento contrarian oppure prevedi ordini di vendita per ricomprare poi a prezzi più bassi così come fanno i fondi a gestione attiva?

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    1. “american business sucks more”: no, direi di no, quella immagine si riferiva a cheap perché il business è pessimo vs. cheap perché il mercato lo sottovaluta, non c’era alcun riferimento geografico (che a me importa poco: ho detto dozzine di volte che per le small cap preferisco concentrarmi in europa perché possono conoscere e valutare meglio le aziende, mentre su quelle US ho pochi vantaggi).

      L’affermazione sugli americani è un po’ generalista, è vero che sono molto più “aggressivi” ma io non ho mai avuto esperienze particolarmente negative.

      La mia gestione non è passiva, è al contrario molto attiva (=molto selezionata e concentrata): attiva non vuol dire “compra e vendi ogni giorno”. Avrei dovuto qualcosa che già non andava bene, adesso come reazione al trend non ha molto senso: ho invece ancora un po’ di liquidità (circa 9%) che penso di investire quando si presenteranno le opportunità giuste (i nomi da seguire li ho).

      Se tu pensi che i fondi attivi siano in grado di vendere per poi ricomprare a prezzi più bassi con continuità, hai inventato una macchina per fare soldi facili e garantiti…

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  9. per me è la prima volta che vedo una cosa del genere, e ancora nessuno sa di preciso dove andranno i mercati.

    Guardando al mio portafoglio non mi va di vendere niente, perchè mi piace avere in portafoglio le azioni dei business che ho scelto, con diversificazione minima ed essenziale su mercati europei. Non ho investimenti in altre parti del mondo.

    In definitiva la penso come Warren Buffet. In un ottica di lungo periodo (5 - 10 anni) cambia poco per una società. Perciò si stanno presentando chiaramente ora delle buone opportunità per comprare, in pieno panico dei mercati.

    Il problema è che oltre a non essere preparato psicologicamente non lo ero nemmeno tecnicamente, perchè la liquidità che ho serve a me personalmente e non la posso impiegare.

    Quando finirà questo periodo, se ne sarò uscito indenne, dovrò piano piano ridurre l'azionario per incrementare la liquidità, in modo da essere preparato per qualsiasi tipo di periodo.

    Che strumenti finanziari ritieni più appropriati? Anche un semplice conto deposito visto che le obbligazioni non rendono più niente?

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    1. Sarà la prima volta che vedi una cosa del genere in prima persona, ma doveresti sapere che solo negli ultimi 20 anni ci sono state due crisi anche peggiori di questa (rispetto al 2007-2008 per adesso è una passeggiata di salute...) ed altre crisi più limitate (2011).

      Se la liquidità ti serve per le tue esigenze giornaliere, non è liquidità intesa come parte del portafoglio investimenti non allocata ad altro. In genere la liquidità è impiegata in qualche forma di deposito a breve termine (3/6 mesi max).

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