Visto che nel post precedente mi è stata posta la domanda e che queste strutture sono al centro di un investimento in Tencent/Prosus (nonché in Alibaba, JD.com, …), mi sembra giusto dettagliare cosa sono e come funzionano le VIE (Variable Interest Entities).
Perché vengono utilizzate?
Alla riapertura dei mercati azionari nel 1990, la quasi totalità dell’attività economica in Cina era di proprietà statale: per riformare e ristrutturare l’economia era necessario aprire ai capitali esteri, ed infatti alcune società pubbliche cominciarono a quotarsi a Hong Kong e New York.
Piano piano cominciò anche a prosperare l’impresa privata: nel 2002 la quota del PIL prodotta dalle imprese statali era già scesa a due terzi. Ma le imprese private avevano grandi difficoltà ad accedere al capitale per lo sviluppo, inclusi i prestiti bancari. Il Partito Comunista Cinese decise pertanto di favorire lo sviluppo delle borse locali, inclusa la creazione del segmento per PMI alla borsa di Shenzhen e la nascita di ChiNext, la risposta cinese al Nasdaq.
Questo fu tuttavia insufficiente per molte imprese, soprattutto quelle orientate ai mercati esteri. Con gli investitori internazionali desiderosi di partecipare al miracolo economico cinese, alcune decisero di quotarsi direttamente sulle principali borse mondiali. Dovevano però superare un ostacolo: la Cina richiede alle aziende che vogliono quotarsi all’estero (in particolare quelle in settori considerati “sensibili”) di ottenere il permesso del Consiglio di Stato, il più alto organo esecutivo. Le grandi imprese statali come PetroChina non avevano difficoltà ad ottenerlo (il controllo rimaneva comunque in mano statale), ma era improbabile che un'azienda privata avrebbe avuto il via libera.
La soluzione identificata è stata quella di creare una società offshore alle Cayman che si sarebbe poi quotata sulla borsa estera portando il processo al di fuori della regolamentazione cinese. Questo ha creato però un ulteriore problema: la società offshore è di fatto un’azienda estera rispetto al mercato cinese, ma in molti settori (inclusi tecnologia ed Internet) l’operatività diretta in Cina è riservata alle aziende locali. Difficilmente le autorità avrebbero permesso eccezioni a questa regola.
È qui che nacque la struttura delle VIE, utilizzata per la prima volta da Sina.com per quotarsi al Nasdaq nel 2000. Si tratta in pratica di separare l’attività in due parti: le parti aperte alla proprietà straniera confluiscono in una wholly foreign owned enterprise (WFOE) posseduta dall’azienda nelle Cayman; le parti del business per le quali non è permessa la proprietà estera sono invece inserite in una società cinese di proprietà di individui cinesi (VIE). [Nota: la struttura VIE viene utilizzata solo da società private che vogliono quotarsi all'estero, non viene usata dalle società statali come PetroChina o China Life, anche quando quotate all'estero, né da società private quotate sulle borse cinesi.]
La sfida era pertanto quella di far rientrare nel perimetro di consolidamento la parte “vincolata”, considerato un requisito essenziale per la quotazione in borsa. Nel caso di Sina.com, PriceWaterhouse riuscì a convincere la SEC che la VIE (che possedeva la licenza Internet in Cina e le proprietà intellettuali) doveva essere consolidata in virtù di una serie di accordi che vincolavano la VIE al controllo della società offshore quotata. I principi contabili furono poi cambiati nel 2002 (post-Enron): oggi il consolidamento avviene se la società capogruppo ha nella VIE gli stessi rischi e benefici normalmente associati con la proprietà.
Perché vengono utilizzate?
Alla riapertura dei mercati azionari nel 1990, la quasi totalità dell’attività economica in Cina era di proprietà statale: per riformare e ristrutturare l’economia era necessario aprire ai capitali esteri, ed infatti alcune società pubbliche cominciarono a quotarsi a Hong Kong e New York.
Piano piano cominciò anche a prosperare l’impresa privata: nel 2002 la quota del PIL prodotta dalle imprese statali era già scesa a due terzi. Ma le imprese private avevano grandi difficoltà ad accedere al capitale per lo sviluppo, inclusi i prestiti bancari. Il Partito Comunista Cinese decise pertanto di favorire lo sviluppo delle borse locali, inclusa la creazione del segmento per PMI alla borsa di Shenzhen e la nascita di ChiNext, la risposta cinese al Nasdaq.
Questo fu tuttavia insufficiente per molte imprese, soprattutto quelle orientate ai mercati esteri. Con gli investitori internazionali desiderosi di partecipare al miracolo economico cinese, alcune decisero di quotarsi direttamente sulle principali borse mondiali. Dovevano però superare un ostacolo: la Cina richiede alle aziende che vogliono quotarsi all’estero (in particolare quelle in settori considerati “sensibili”) di ottenere il permesso del Consiglio di Stato, il più alto organo esecutivo. Le grandi imprese statali come PetroChina non avevano difficoltà ad ottenerlo (il controllo rimaneva comunque in mano statale), ma era improbabile che un'azienda privata avrebbe avuto il via libera.
La soluzione identificata è stata quella di creare una società offshore alle Cayman che si sarebbe poi quotata sulla borsa estera portando il processo al di fuori della regolamentazione cinese. Questo ha creato però un ulteriore problema: la società offshore è di fatto un’azienda estera rispetto al mercato cinese, ma in molti settori (inclusi tecnologia ed Internet) l’operatività diretta in Cina è riservata alle aziende locali. Difficilmente le autorità avrebbero permesso eccezioni a questa regola.
È qui che nacque la struttura delle VIE, utilizzata per la prima volta da Sina.com per quotarsi al Nasdaq nel 2000. Si tratta in pratica di separare l’attività in due parti: le parti aperte alla proprietà straniera confluiscono in una wholly foreign owned enterprise (WFOE) posseduta dall’azienda nelle Cayman; le parti del business per le quali non è permessa la proprietà estera sono invece inserite in una società cinese di proprietà di individui cinesi (VIE). [Nota: la struttura VIE viene utilizzata solo da società private che vogliono quotarsi all'estero, non viene usata dalle società statali come PetroChina o China Life, anche quando quotate all'estero, né da società private quotate sulle borse cinesi.]
La sfida era pertanto quella di far rientrare nel perimetro di consolidamento la parte “vincolata”, considerato un requisito essenziale per la quotazione in borsa. Nel caso di Sina.com, PriceWaterhouse riuscì a convincere la SEC che la VIE (che possedeva la licenza Internet in Cina e le proprietà intellettuali) doveva essere consolidata in virtù di una serie di accordi che vincolavano la VIE al controllo della società offshore quotata. I principi contabili furono poi cambiati nel 2002 (post-Enron): oggi il consolidamento avviene se la società capogruppo ha nella VIE gli stessi rischi e benefici normalmente associati con la proprietà.
Partendo dall’alto, gli investitori hanno una partecipazione nella società offshore che è quotata in borsa: questa in genere non ha operatività e funge solo da holding company. WFOE è una sussidiaria di diritto cinese interamente di proprietà della società offshore: questa è l'entità convenzionalmente utilizzata dalle multinazionali per condurre affari in Cina. WFOE sono pesantemente regolamentate e devono condurre la propria attività nell'ambito della licenza commerciale concessa, che tipicamente consente di svolgere un'attività di consulenza con VIE come unico cliente. VIE è invece una società cinese di proprietà di un individuo di nazionalità cinese, in genere il fondatore e presidente della società quotata (oppure, se questo non è cinese, qualcuno di sua fiducia): questo consente a VIE di presentarsi come azienda locale quando richiede i permessi per svolgere un'attività in un settore vietato agli investitori esteri.
Tuttavia, per consolidare VIE nel bilancio della società quotata si devono soddisfare determinati requisiti, in particolare: 1) la capogruppo deve avere il potere di dirigere le attività dell'entità che hanno un significativo impatto sulla performance economica; 2) l'obbligo di assorbire le perdite attese dell'entità; e 3) il diritto di ricevere i rendimenti residui attesi dell'entità. Quando VIE è inizialmente costituita, nessuna di queste condizioni è presenti: affinché sia possibile consolidarla vengono firmati una serie di accordi per soddisfare tali requisiti. Il concetto alla base della struttura VIE è che il controllo si ottiene attraverso accordi legali piuttosto che attraverso la proprietà delle azioni.
Ad esempio, Tencent Holdings (domiciliata alle Cayman) ha stipulato una serie di contratti con Tencent Computer e Shiji Kaixuan, che sono invece registrate in Cina e possiedono le licenze per fornire contenuti Internet, servizi di informazione ed altri servizi nel campo delle telecomunicazioni e dei media. In base a questi contratti, Tencent ha diritto al pieno beneficio economico delle attività e delle operazioni di queste entità.
Senza entrare nelle minuzie legali, gli accordi sono sostanzialmente cinque:
Gli avvocati che hanno ideato questa struttura affermano che sia assolutamente legale, ma con dozzine di caveat che la legge cinese non è chiara e che le autorità potrebbero non essere d'accordo. Come la maggior parte dei paesi, la Cina ha una regola che dice che i contratti che sono contrari alla politica pubblica non sono applicabili: i regolatori e i giudici locali potrebbero decidere che i contratti VIE sono contrari alla politica pubblica.
Con alcune eccezioni (nel 2011 Buddha Steel fu costretta a cancellare la sua IPO quando i regolatori nella provincia di Hebei hanno dichiarato che la sua struttura VIE violava le normative cinesi relative alle imprese a capitale straniero: le acciaierie sono uno dei settori vietati agli investimenti esteri), dopo due decadi di utilizzo nessuno di questi accordi è stato veramente messo alla prova in un tribunale o soggetto alle ire del governo cinese.
L’unico caso significativo pre-data la soluzione ideata da Sina.com: a partire dal 1995 la magnate di Hong Kong Nina Wang aveva utilizzato una struttura simile a VIE per controllare una banca cinese. Il proprietario della simil-VIE decise però di ignorare i contratti stipulati per dare il controllo alla signora Wang, che si rivolse ad un tribunale. Nel 2012 la Corte Suprema cinese ha dichiarato invalidi gli accordi contrattuali perché erano chiaramente destinati ad aggirare le restrizioni cinesi sugli investimenti esteri. Dall’altro lato, nel sistema di diritto civile cinese le decisioni della Corte Suprema non sono precedenti vincolanti da seguire in casi futuri, e gli avvocati sostengono che gli accordi di VIE attuali sono diversi dal caso Wang.
Tuttavia, per consolidare VIE nel bilancio della società quotata si devono soddisfare determinati requisiti, in particolare: 1) la capogruppo deve avere il potere di dirigere le attività dell'entità che hanno un significativo impatto sulla performance economica; 2) l'obbligo di assorbire le perdite attese dell'entità; e 3) il diritto di ricevere i rendimenti residui attesi dell'entità. Quando VIE è inizialmente costituita, nessuna di queste condizioni è presenti: affinché sia possibile consolidarla vengono firmati una serie di accordi per soddisfare tali requisiti. Il concetto alla base della struttura VIE è che il controllo si ottiene attraverso accordi legali piuttosto che attraverso la proprietà delle azioni.
Ad esempio, Tencent Holdings (domiciliata alle Cayman) ha stipulato una serie di contratti con Tencent Computer e Shiji Kaixuan, che sono invece registrate in Cina e possiedono le licenze per fornire contenuti Internet, servizi di informazione ed altri servizi nel campo delle telecomunicazioni e dei media. In base a questi contratti, Tencent ha diritto al pieno beneficio economico delle attività e delle operazioni di queste entità.
Senza entrare nelle minuzie legali, gli accordi sono sostanzialmente cinque:
- Prestito: serve a capitalizzare VIE ed è fornito da WFOE (poiché è in renminbi, se fosse fornito dalla società offshore ci sarebbero problemi con State Administration of Foreign Exchange), spesso senza interessi e per un lungo periodo. Questo “prestito” trasferisce gran parte dei diritti da VIE a WFOE, conferendo a WFOE il potere di votare le azioni del VIE, incassare dividendi e prendere altre importanti decisioni aziendali.
- Equity pledge: come collaterale del prestito, il proprietario di VIE mette la sua partecipazione nella stessa VIE. Poiché questo impegno è a tutti gli effetti un titolo, deve essere registrato presso le rilevanti autorità cinesi: in caso contrario potrebbe essere inapplicabile. A un VIE è vietato distribuire profitti ai proprietari registrati e al proprietario registrato di un VIE è vietato trasferire la propria partecipazione nei VIE senza il previo consenso di WFOE/società offshore.
- Opzione call: consente a WFOE di acquistare VIE ad un prezzo prefissato, tipicamente l’ammontare del prestito concesso. Ma poiché VIE in genere opera in settori riservati, questa opzione non può essere esercitata da WFOE ma deve essere trasferita ad altro individuo cinese.
- Contratto di servizi esclusivi: la sfida principale è il requisito che la società capogruppo abbia diritto agli utili residui di VIE. Ciò si ottiene attraverso una serie di accordi che nominano WFOE come fornitore esclusivo di servizi tecnici per VIE, servizi che includono la manutenzione del sito web, il supporto alle vendite, i servizi di evasione degli ordini, etc. Gli accordi danno a WFOE il potere di fissare il prezzo di questi servizi, prevedendo esplicitamente che WFOE possa pertanto estrarre tutti i profitti della VIE (anche se in pratica questo non sempre avviene).
- Procura: VIE assegna a WFOE tutti i normali diritti degli azionisti, incluso il voto, la partecipazione alle assemblee degli azionisti e gli atti necessari per eseguire l'accordo di opzione call.
- Rischi normativi. L’essenza di VIE è “aggirare” la regolamentazione. Le aziende che la utilizzano raccontano due storie incoerenti: ai regolatori cinesi dicono che l'attività è di proprietà cinese e non straniera; agli investitori stranieri dicono invece che quest’ultimi posseggono il business. Non sorprende quindi che VIE debbano affrontare molte sfide normative. All’inizio, i regolatori cinesi hanno ignorato l'uso crescente delle VIE, e la maggior parte del settore Internet cinese si è sviluppato secondo questo modello. Tuttavia, nessun organismo di regolamentazione ha mai ufficialmente approvato una struttura VIE, anche se molti investitori ritengono di avere una sorta di tacita approvazione per utilizzarla.
- Rischi di appropriazione degli azionisti. Mentre i contratti con WFOE sono più o meno standardizzati, non c’è una struttura unica per la proprietà di VIE. Tipicamente è controllata dal fondatore dell’impresa, ma possono esserci anche partecipazioni per dipendenti, familiari o fondi di venture capital. Il mix di proprietari crea diversi livelli di rischio. La regola empirica è che dovrebbe esserci un allineamento tra gli interessi degli azionisti VIE e gli azionisti della società quotata: questo è più facile da ottenere quando ci sono partecipazioni significative in entrambe le entità da parte delle stesse persone, motivo per cui molti promuovono il fondatore come azionista di VIE. Tuttavia, l'interesse non è mai completamente allineato, perché il fondatore possiede il 100% di VIE ma una percentuale inferiore della società quotata: l’incentivo potrebbe quindi essere di “fuggire” con la VIE, nella quale è tutto il valore del gruppo. Un altro problema è cosa accadrebbe se qualcuno tentasse di estromettere il fondatore dalla sua posizione, o anche semplicemente quando va in pensione.
- Rischi operativi. Mentre i rischi normativi e quelli di appropriazione indebita ottengono la maggiore visibilità, c'è una crescente preoccupazione che la struttura VIE sia impraticabile per alcune società. Con la maggior parte delle attività dell'azienda condotte in VIE, le leggi fiscali e commerciali cinesi rendono difficile e costoso gestirle. I problemi sono maggiori per le aziende asset-heavy, ovvero dove la maggior parte degli asset è in VIE. Per le società tecnologiche è più semplice, perché mettono solo le licenze in VIE, mantenendo in WFOE tutta la programmazione, le vendite pubblicitarie, etc. Di conseguenza, in VIE rimane un profitto minimo, che può essere facilmente estratto attraverso gli accordi di servizio. In altri casi, tuttavia, le autorità fiscali cinesi potrebbero mettere in dubbio il motivo per cui una società dovrebbe pagare il 100% dei suoi guadagni ad un'altra società per i servizi ricevuti, in particolare quando tali servizi hanno un valore dubbio. Le autorità potrebbero apportare un adeguamento dei prezzi di trasferimento, aumentando in modo significativo l'onere fiscale di VIE, oppure finire per considerarlo come un dividendo (e non un pagamento).
Gli avvocati che hanno ideato questa struttura affermano che sia assolutamente legale, ma con dozzine di caveat che la legge cinese non è chiara e che le autorità potrebbero non essere d'accordo. Come la maggior parte dei paesi, la Cina ha una regola che dice che i contratti che sono contrari alla politica pubblica non sono applicabili: i regolatori e i giudici locali potrebbero decidere che i contratti VIE sono contrari alla politica pubblica.
Con alcune eccezioni (nel 2011 Buddha Steel fu costretta a cancellare la sua IPO quando i regolatori nella provincia di Hebei hanno dichiarato che la sua struttura VIE violava le normative cinesi relative alle imprese a capitale straniero: le acciaierie sono uno dei settori vietati agli investimenti esteri), dopo due decadi di utilizzo nessuno di questi accordi è stato veramente messo alla prova in un tribunale o soggetto alle ire del governo cinese.
L’unico caso significativo pre-data la soluzione ideata da Sina.com: a partire dal 1995 la magnate di Hong Kong Nina Wang aveva utilizzato una struttura simile a VIE per controllare una banca cinese. Il proprietario della simil-VIE decise però di ignorare i contratti stipulati per dare il controllo alla signora Wang, che si rivolse ad un tribunale. Nel 2012 la Corte Suprema cinese ha dichiarato invalidi gli accordi contrattuali perché erano chiaramente destinati ad aggirare le restrizioni cinesi sugli investimenti esteri. Dall’altro lato, nel sistema di diritto civile cinese le decisioni della Corte Suprema non sono precedenti vincolanti da seguire in casi futuri, e gli avvocati sostengono che gli accordi di VIE attuali sono diversi dal caso Wang.
Grazie per questi content di grande valore.
RispondiEliminaLa mia idea e' che al governo Cinese faccia comodo far entrare in Cina capitali esteri, ma vincolati, in modo da avere un'arma in piu' di ricatto qualora le proprie politiche siano messe in discussione dai governi esteri (vedi le questioni Hong Kong e soprattutto Taiwan)
concordo con quanto scritto, e aggiungerei questo: la Cina è diventata ipercapitalista, forse più degli Usa.
EliminaQuesto nel totale spregio dei diritti umani nel lavoro, del territorio, delle minime regole di tutela della proprietà intellettuale (brevetti copiati ecc.), della minima correttezza contabile.
Ma la dignità politica impone il rispetto delle proprie origini; da qui le storture di certi meccanismi di controllo societario.
Uan società tra Cayman e Shanghai non è male come schizofrenia societaria.
ciao e grazie anche da parte mia.
OT: conosci Legal&General? https://www.legalandgeneralgroup.com/investors/
RispondiEliminaChe te ne sembra? Ti incuriosisce abbastanza per farci un post?
Certo che la conosco, ma non è mai rientrata tra i miei "interessi" in quanto un ibrido di assicurazioni e asset management.
EliminaA parte gli investimenti passivi, cosa c'è in L&G che ti piace particolarmente?
Sono generalmente interessato alle aziende "British" con alti dividendi perche' non c'e' withholding tax. Poi ho notato che non ha tagliato il dividendo durante il 2020-2021, al contrario di molte altre aziende similari in UK. E' un business che dovrebbe far bene in un contesto inflattivo. Comunque l'ho solo notata qualche giorno fa, non la conosco: dovrei studiare.
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