Una delle domande
che mi viene fatta più spesso è di meglio definire cos’è il value investing.
La risposta tipica di
chi segue questo approccio è: “Comprare
qualcosa che vale €1 per 70 centesimi o meno”. Questa può sembrare una tautologia,
in quanto nessun investitore compra coscientemente qualcosa che ritiene
sopravvalutato (beh, forse tranne i gestori dei fondi comuni, ma questa è una
storia già ampiamente discussa).
Come spesso accade
nella vita, il modo migliore per spiegare qualcosa è descrivere cosa questa non
è. Ecco quindi una lista di considerazioni (alcune generiche, altre più
tecniche) che NON qualificano gli investitori di tipo value.
#10. Utilizzare grafici dei prezzi storici, soprattutto quando puntano verso l’alto. Se supporti, resistenze, medie mobili e termini simili fanno parte del vostro lessico, non siete investitori di tipo value. Il value investing non si preoccupa di dove il prezzo di un’azione o di un mercato è stato nel passato o quale livello abbia appena superato, quanto piuttosto sulla relazione tra prezzo di mercato e valore intrinseco.
#9.
Cercate di determinare quali saranno gli
utili dell’azienda tra tre mesi o decidete sulla base di previsioni
macroeconomiche (tassi d’interesse, andamento dell’economia, prezzo dell’oro,
…). È doveroso ed opportuno formarsi le proprie aspettative su come il
business evolverà e se in futuro creerà valore per gli azionisti, ma questo per
determinare se esiste un sufficiente margine di sicurezza, non per decidere se
l’azienda supererà le aspettative del mercato nei prossimi 6 mesi. Anche le
previsioni di tipo macroeconomico sono importanti, soprattutto per capire come
potrebbero impattare il business dell’azienda: ma non dovrebbero essere la base
delle scelte di comprare/vendere, perché nessuno è capace di prevedere correttamente
gli eventi macroeconomici. Al contrario, l’avverarsi di eventi negativi spesso
produce interessanti opportunità.
#8.
Le vostre decisioni sono prese sulla
base dei consigli degli analisti delle banche o di abbonamenti a newsletter,
piuttosto che leggere i bilanci aziendali degli ultimi 10 anni. Come
discusso molte volte, gli analisti del sell-side
sono portati a raccomandazioni di acquisto perché devono sostenere le aziende
con cui trattano. Inoltre sono troppo focalizzati sui risultati dei prossimi
mesi, consigliando le azioni che sono salite recentemente nella speranza che
continuino a farlo e dicendo di vendere quelle che invece sono scese negli
ultimi mesi. Per un investitore interessato ai fondamentali aziendali non
esiste una valida alternativa alla lettura e comprensione delle fonti
originarie delle informazioni, ovvero i bilanci aziendali.
#7.
Andate nel panico se vi dicono che il
mercato chiuderà per un anno. Se avete bisogno di un prezzo ogni giorno per
determinare il valore del vostro portafoglio, non siete un value investor. I mercati azionari non conferiscono valore alle
azioni: quello che fanno è piuttosto dare l’opportunità di comprare o vendere a
prezzi che spesso non hanno niente a che fare con il reale valore dell’azienda.
Come non avete bisogno di un prezzo giornaliero sulla vostra casa per sapere
quanto vale, allo stesso modo non dovreste vedere la liquidità di un’azione
come una caratteristica essenziale di un investimento. Gli investitori value guardano al valore del business,
non al mercato, per i rendimenti dei loro investimenti.
#6.
La vostra tesi è basata sull’espansione
dei multipli. Se prendete una decisione di investimento sull’assunto che il
mercato gli assegnerà presto un multiplo maggiore, ricadete in quello che
Keynes chiamava “beauty contest”,
ovvero un esercizio focalizzato sul comportamento degli altri investitori. Per
prendere una decisione consapevole ed informata, un investitore value determina il valore di un’azienda
indipendentemente da quello che altri partecipanti nel mercato possano
ritenere.
#5.
Usate la crescita attesa come base delle
vostre valutazioni. Se siete disposti a pagare un alto multiplo per
un’azienda a rapida crescita, siete probabilmente investitori di tipo growth o momentum, ma di sicuro non value.
Un vero investitore cerca di avere la crescita futura, qualsiasi essa sia, gratuitamente:
è disposto a pagare un prezzo ragionevole per i flussi di cassa che l’azienda
genera oggi, con la crescita attesa vista come un bonus piuttosto che una
necessità.
#4.
Investite sui consigli di altri (spesso
non esperti o in conflitto d’interesse) e la vostra tesi non ha un riferimento
al prezzo di mercato. Spesso per promuovere le virtù di un investimento si
utilizzano argomenti quali: “Questa azienda
sta guadagnando quote di mercato”, “Questo
settore è destinato ad esplodere”, oppure: “Il paese X dominerà il mondo” senza alcuna considerazione riguardo
il prezzo di mercato. Gli investitori value
non fanno mai un investimento senza considerare il prezzo da pagare. Mentre è
vero che in genere preferiscono comprare aziende di buona qualità ad un prezzo
“equo”, possono anche essere interessati a comprare un’azienda inferiore alla
media ad un prezzo di saldo. C’è un prezzo per ogni cosa.
#3.
Avete un turnover annuo del portafoglio
del 50% o più. I veri investimenti value
non sono quasi mai scommesse di breve termine. Alle volte si è fortunati ed il
valore viene realizzato velocemente, ma nella maggior parte dei casi queste
idee hanno bisogno di 3-5 anni per concretizzare il loro potenziale.
#2.
Non discutete nel dettaglio i rischi di
un investimento, e non avete un processo strutturato (ma non complicato) per
prendere una decisione. Uno dei principi fondamenti del value investing è di non perdere soldi,
che è però ben diverso dal dire che non si faranno mai errori: negli
investimenti non esistono rendimenti certi e sicuri. Quello che un value investor cerca di fare è di
identificare almeno i rischi più ovvi e prezzarli, ovvero cercare
protezione nel prezzo pagato in caso di errore nell’analisi.
#1. Utilizzate gli utili e/o fatturato dello
scorso anno più previsioni sul futuro come base dell’investimento (sia per
comprare che per vendere). Questo
è uno dei peggiori errori che un investitore possa fare. I risultati dello
scorso anno possono essere il punto di partenza per una ulteriore analisi, ma
ogni azienda è la somma di tutto quello che ha fatto nel passato: guardare solo
allo scorso anno è come giudicare un libro dalla copertina.
Per concludere, ci
sono molti modi di avere successo nel campo degli investimenti e sicuramente
più di uno di essere investitori value.
Ma al cuore della definizione, le caratteristiche fondamentali di questo
approccio sono:
▪
Una
passione per una dettagliata analisi fondamentale
▪
Avversione
al rischio e la ricerca di protezione del downside,
più che il potenziale upside
▪
Un
orizzonte temporale di lungo periodo
▪
Pazienza
e disciplina
Buongiorno,
RispondiEliminaritiene che l'investimento in aziende in crisi (e quindi con prezzi distressed) sia una strategia di value-investing prudente?
Il concetto che io sostengo è il seguente:
-In caso di ristrutturazione aziendale positiva l'upside potenziale è superiore al 1.000% (ma anche 5.000%)
-In caso di ristrutturazione aziendale negativa la perdita si limita, per definizione, al 100%.
Una strategia di questo tipo a prima vista può non sembrare "prudente" ma in realtà il profilo rischio/rendimento è quello dell'acquisto di un'opzione Call la cui perdita massima ammonta al premio pagato.
Cosa ne pensa?
Gli investimenti distressed sono per definizione di tipo value: si compra qualcosa che il mercato valuta al momento X ma che riteniamo abbia un valore intrinseco pari a 2X, 3X, …
EliminaQualsiasi investimento azionario è paragonabile ad un’opzione call, in cui il prezzo del sottostante è il valore delle attività e il prezzo strike dell’opzione è il valore del debito. Mentre questo metodo di valutazione è inutile per aziende sane e con poco debito (l’opzione call è molto “in-the-money”), è invece un’ottima metodologia per valutare aziende in distress (l’opzione è “out-of-the-money” perché il valore del debito è superiore a quello delle attività, ma l’opzione=equity ha comunque un qualche valore).
Il rischio di un investimento dipende dalla differenza tra prezzo pagato e valore intrinseco, e quindi non è possibile definirlo prudente o meno senza conoscere la situazione specifica. Certamente i rendimenti attesi sono elevati, ma il punto cruciale è determinare bene la valutazione di quello che si acquista: quanto vale realmente questa attività? Quali fattori influenzano questa valutazione? La società ha un prodotto buono ed è gestita male, oppure ha un prodotto scarso, è in un settore in declino, subisce la concorrenza, …? Chi si occupa della ristrutturazione, il management attuale o uno nuovo? Mi fido di loro? Etc…
Se si analizzano bene questi elementi è possibile prendere una decisione ponderata: in qualsiasi investimento azionario la perdita massima è il 100% di quanto investito, non solo con le opzioni, ma acquistare una call e dire “be’, al massimo perdo il premio pagato” mi sembra più simile a comprare un biglietto della lotteria che a value investing.
Ritengo interessante cercare di "scovare" aziende dalle seguenti caratteristiche:
Elimina- business semplici (es. consumer staples)
- zero o poco indebitamento (per far sì che riesca a sopravvivere per un periodo di tempo abbastanza lungo di crisi)
- crisi dovuta essenzialmente a ciclicità di mercato
Un esempio concreto: Select Comfort (ticker SCSS) nel 2009
Il problema? Ad oggi non trovo praticamente con queste caratteristiche.
oggi i mercati azionari non sono in situazione di panico come nel 2008-2009, ed opportunità simili sono più rare (qualcosa che tratta a prezzi ragionevoli c'è comunque sempre)
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