venerdì 18 ottobre 2013

Value traps



Questo post è nato da uno scambio di opinioni nelle ultime settimane con un intermediario finanziario a proposito di un loro certificato basato su un paniere di azioni deep value, costruito con l’obiettivo di evitare le cosiddette value traps.

Gli investitori di tipo value sono molto più interessati alle aziende quando il loro prezzo è in calo di quando è in aumento, quello che spesso viene chiamato “trying to catch a falling knife”: se ci si riesce, si fa un colpo da maestro e si compra qualcosa per molto meno di quello che vale; se però si sbagliano i tempi o l’analisi, si rischia di farsi molto male. Uno degli errori principali in queste situazioni è quello di essere interessati ad una società il cui prezzo e multipli di mercato sembrano in saldo, ma i cui fondamentali si stanno anch’essi deteriorando velocemente, appunto una value trap. Un’interessante estensione di questo concetto, legato alle prospettive di crescita futura e a quanto si deve pagare per queste, è in questo post: Decline and Denial:Thoughts on Blackberry Endgame and Microsoft as Value Trap. 

Una value trap si può presentare sotto vari aspetti, ma per loro natura questi tendono ad avere alcune caratteristiche comuni. La principale è che la valutazione del business è inferiore rispetto al passato. L’azienda e/o il settore hanno spesso una lunga storia di operatività, quindi le valutazioni normalizzate danno un’idea abbastanza affidabile su quale possa essere il valore intrinseco. Quando i multipli si avvicinano al limite inferiore delle valutazioni storiche, gli investitori cominciano a considerarle interessanti. La trappola però scatta quando vi è un cambiamento secolare, ovvero quando i fondamentali economici del business o del settore stanno cambiando ed il mercato è lento nell’incorporare questi nuovi elementi nel prezzo. Questo è esattamente quello che è accaduto negli ultimi anni a molte aziende nel settore telecom&technology e ad alcune in quello dei media: sono il classico esempio di come le metriche di valutazione storiche non funzionano in un nuovo contesto.

Cosa si deve fare per evitare di essere risucchiati in queste trappole? Cominciamo elencando le caratteristiche degli investimenti di tipo value:
  • Valutazioni basse o almeno ragionevoli
  • Flussi di cassa prevedibili, stabili e costanti
  • Un business facilmente difendibile dagli attacchi dei concorrenti
  • Il loro successo non dipende dall’avere un management team fatto di guru, icone o star
  • Sono facilmente analizzabili e hanno un bilancio (struttura patrimoniale, conto economico e rendiconto finanziario) trasparente
  • Presentano un margine di sicurezza sufficiente usando varie metriche di valutazione 

Al contrario, le value traps hanno una o più delle seguenti caratteristiche: 
  1. Sono aziende cicliche e/o dipendenti da un singolo prodotto. Un normale ciclo economico può a volte essere molto lungo se non diventare secolare: casi tipici sono il settore dell’acciaio, delle automobili e le linee aeree. Una moda passeggera, per quanto straordinaria, non equivale ad un valore sostenibile: molte delle energie rinnovabili, come i pannelli solari e l’etanolo, rientrano in questa categoria. 
  2. Hanno avuto una rapida crescita negli esercizi recenti: ma ad un certo punto la legge dei grandi numeri prende il sopravvento, come ad esempio per le società di telefonia mobile. Quanti telefonini per persona si possono avere al mondo? 
  3. Sono soggette ad obsolescenza tecnologica: oltre a Blackberry/Research in Motion già citata, un altro esempio è quello del noleggio di DVD/videocassette (Blockbuster), soppiantato dallo streaming. Per queste aziende i flussi di cassa diminuiscono più rapidamente di quanto uno si aspetti; ad un certo punto, questi flussi incontrano un ostacolo insormontabile e crollano a precipizio. 
  4. Hanno management e/o investitori famosi.Spesso il nuovo CEO è visto come il salvatore dell’azienda, ignorando una delle massime di Warren Buffett: “When a management with a reputation for brilliance tackles a business with a reputation for bad economics, it is the reputation of the business that remains intact”. Potete mettere alla guida il miglior manager del mondo, ma aziende come Ferrovie Italiane, Alitalia e (probabilmente) Telecom Italia non saranno mai sufficientemente redditizie. Un caso ancora peggiore è quando il nuovo management guadagna qualsiasi cosa accada: testa, loro vincono e gli azionisti vincono; croce, loro vincono lo stesso ma gli azionisti ci rimettono la camicia. Infine, in ogni principale disastro o frode nel mercato azionario sono sempre stati presenti fino al capolinea uno o due investitori famosi. Enron, dot-com, le banche nel 2007-2008, … c’è sempre qualcuno molto bravo e molto intelligente che però rimane fregato. That’s life, anche i migliori fanno degli errori: non prendete niente come oro colato e fate i compiti a casa anche se tra gli azionisti è presente qualcuno che ammirate. 
  5. Il business sembra a sconto usando le metriche del management: tipico esempio è utilizzare EBITDA come approssimazione dei flussi di cassa. Qualsiasi business deve investire anche solo per coprire l’ammortamento ed il deterioramento delle immobilizzazioni. Se non considerate questo aspetto, state ingannando voi stessi. Un esempio è quello delle società TV via cavo: per anni non sono andate da nessuna parte perché citano sempre la crescita del loro EBITDA, ma il business è capital intensive ed i flussi di cassa non crescono allo stesso modo. Follow the (free) cash (flow)! 
  6. Infine, le value traps sono spesso delle vere e proprie frodi, identificabili da stranezze di tipo contabile. Ignorate le “spese eccezionali e non ripetibili” a vostro rischio e pericolo: queste spese sono molto reali e spesso tutt’altro che eccezionali, e le varie ristrutturazioni non riescono a salvare il business. Tuttavia per anni gli investitori, spinti dal management, continuano ad escluderle dalle loro analisi ignorando la reale situazione sottostante. Guardate Alcatel-Lucent: negli ultimi 28 trimestri ha regolarmente contabilizzato “spese eccezionali” ad una media di €200 milioni, ovvero un totale di circa €5,5 miliardi in questi 7 anni. Nonostante questo, non ha mai realizzato utili e la sua capitalizzazione attuale è di poco superiore a queste perdite. Altro caso tipico di artifici contabili sono quelli relativi alla crescita per acquisizioni. Cercate sempre di capire qual è la crescita organica del business escludendo eventuali acquisizioni, soprattutto se sono numerose, e se queste sono fatte con rendimenti attesi sufficienti o piuttosto solo per mostrare agli analisti una crescita costante ed ininterrotta.


Oltre a tutti i settori impattati dalle nuove tecnologie e dal passaggio ad un mondo sempre più digitale (quindi non solo i vecchi PC ma anche, ad esempio, le TV commerciali), al momento l’area che presenta un particolare rischio di trasformarsi in una value trap è quella delle società energetiche integrate (ovvero quelle presenti verticalmente nell’intera catena del petrolio/gas, dalla sua estrazione passando per la raffinazione e poi la vendita all’ingrosso ed al dettaglio). Nel settore energetico la struttura dei costi è cresciuta in maniera drammatica: il costo medio complessivo di estrazione è oggi attorno a $40/barile, ma questo è distorto dai bassi costi dei maggiori produttori mondiali in Arabia Saudita e Medio Oriente (inferiore a $20/barile), mentre in altre aree il costo è più vicino a $60/barile ed arriva anche ad oltre $80/barile. Il gas naturale, al contrario, ha il problema opposto: le recenti innovazioni tecnologiche che hanno dato il via a quella che si chiama shale-gas revolution hanno aumentato enormemente la produzione e depresso i prezzi, ma questo non ha impedito a molte majors di fare acquisizioni ed investimenti a prezzi elevati (Exxon ha acquistato XTO Energy per $31 miliardi). Ancora peggiore è la situazione per i cosiddetti campioni nazionali (in Russia, Cina, Brasile, Venezuela, …): i governi utilizzano queste società come il loro porcellino salvadanaio ed il capitale è allocato a discrezione dei politici, non secondo i costi/rendimenti dei progetti.

Altro settore a rischio è quello delle materie prime. Per molte commodities si continua a sostenere che siamo in un super-ciclo e molte aziende sembrano estremamente cheap, ma la situazione cambia se si guarda ai prezzi storici. Il minerale di ferro (iron ore), ad esempio, era salito fino a $200/tonnellata, per poi scendere in un range di $100-$130 e quindi sembrare a buon mercato; ma fino al 2002 era stato sotto $10/tonnellata per oltre 20 anni, e nel 2006 era ancora a $30/tonnellata.

Due esempi illustrano bene questa situazione: Petrobras e Vale. Entrambe brasiliane, entrambe sembrano a sconto, ma in Brasile, che non è esattamente il miglior amico degli azionisti (di minoranza).

La “value story” per Petrobras (PBR:US) è la seguente: ha scoperto enormi giacimenti off-shore nell’Atlantico, ma nonostante questo il prezzo in dollari è sceso del 70% da gennaio 2010 ed oggi tratta ad un P/E di 8x ed EV/EBITDA di 5x. Il problema è che per sfruttare questi nuovi giacimenti avrà bisogno di un programma di investimenti di $240 miliardi nei prossimi 10 anni, incluse dismissioni di altre attività per $15 miliardi e debito aggiuntivo di $85 miliardi. L’intervento del governo (che possiede, direttamente ed indirettamente, il 46% del capitale) riduce il valore della società: per legge Petrobras deve acquistare almeno il 65% di beni e servizi da imprese locali; deve costruire (da zero!) un’industria locale di cantieristica navale; e vi è un tetto al prezzo del carburante nelle stazioni di servizio brasiliane. Tutto questo ovviamente non va a beneficio degli azionisti di minoranza, ed infatti dopo il pagamento dei dividendi Petrobras registra regolarmente flussi di cassa negativi.

Per Vale (VALE:US) la situazione non è molto diversa: il suo P/E attuale è di circa 7x, e misurata sui risultati al picco del ciclo sembra molto a buon mercato. La domanda dei suoi metalli è molto esposta alla crescita dell’economia cinese (la Cina consuma il 60% del ferro a livello mondiale), ma anche l’estrazione di questo minerale sta diventando sempre più costosa, e richiede investimenti in ferrovie, porti e nella produzione di energia per sfruttare i nuovi giacimenti. Per meglio trasportare i minerali dal Brasile alla Cina, Vale sta costruendo una sua propria flotta, un progetto che per stessa ammissione della società non avrà un rendimento positivo (!). Di nuovo, però, il governo spinge perché Vale agisca da volano per l’economia locale, poiché l’esportazione di iron ore pesa per circa il 17% di tutte le esportazioni del paese.

2 commenti:

  1. Complimenti per l'articolo; per quanto riguarda l'articolo linkato io credo che sia davvero ingeneroso nei confronti di MSFT.
    Uno degli assunti: "To me, this is the key to understanding “value traps”, companies that look cheap on every metric but stay cheap forever. To offer you three examples, consider Cisco, Microsoft and Merck’s stock prices over the last decade"; almeno per quanto riguarda MSFT e CSCO direi che nel periodo 2003/2008 erano sicuramente molto più care che nel periodo 2008/2013 (ho preso un multiplo p/fcf).
    continua con "These are companies that I have seen tagged as cheap companies repeatedly over the last ten years, but none of them would have delivered much in terms of returns." io direi non per mancanza di miglioramento dei conti ma per "assimilazione sbornia dot.com" nei multipli.
    poi in "Cisco on acquisitions and Microsoft on “new” products. I know that I have the benefit of hindsight here, but I would wager that investors in these companies would have been better served, if they had lowered their sights on growth and focused on delivering the most earnings from existing investments and returning the cash back to stockholders." La politica di acquisizioni di CSCO le ha comunque permesso di mantenere una leadership di settore e di mantenere margini molto più alti dei competitors, per quanto rigarda MSFT sono stati fatti diversi errori ma per esempio l'acquisizione di Nokia è dovuta sopratutto, a mio parere, come arma difensiva per l'egemonia dell'ecosistema MSFT (windows, office, x box etc etc). Non dimentichiamoci cmq che gli utili per azione delle due società sono saliti molto in uqesto arco di tempo (es anche il cash flow). Comunque su questo passaggio in parte concordo, per esempio IBM ha creato molto più valore per gli azionisti in questo arco di tempo.

    inoltre nel passaggio "This may explain the horrific reaction that the market had to Microsoft's announcement that it would acquire Nokia for $7.2 billion, and Microsoft's market capitalization dropped by more than $15 billion. " Non condivido assolutamente il tentare di dare una giustificazione di carattere "fondamentale" per spiegare la reazione emozionale dei traders che in apertura hanno venduto MSFT in seguito all'acquisizione!!

    p.s.
    ci sono aziende che storicamente hanno trattato a multipli depressi ed in mercati declinanti ma hanno garantito ottime rese per gli azionisti. Sto pensando al settore del tabacco (dove tutti erano pessimisti).
    a tal proposito mi permetto di linkare un articolo relativo ad intel, in parte lo condivido, in parte mi lascia perplesso. Mi piacerebbe sapere, se possibile, il suo parere: http://www.forbes.com/sites/moneybuilder/2013/01/15/my-favorite-tobacco-stock-is-intel/

    un saluti
    Claudio

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    1. in linea di principio l'articolo è condivisibile, e le stesse considerazioni si possono applicare a CSCO e MSFT. Non sono così esperto di tecnologia per avere un'idea chiara di dove saranno queste aziende ed i loro prodotti tra 10 anni: non capisco molto di servers, cloud e tablets. Preferisco concentrarmi su merendine, dentifricio, birra & liquori e simili.

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