giovedì 9 ottobre 2014

“Euroglut”

Il neologismo Euroglut (glut significa eccesso, surplus) è stato coniato qualche giorno fa da un analista di Deutsche Bank per riferirsi allo squilibrio creato a livello globale dall’enorme surplus delle partite correnti dei paesi europei. [Il resto del post riporta gli elementi principali di questo report.]

Ci sono due principali linee di pensiero nel mondo economico post-crisi, quelle che sono spesso identificate come “new normal”. La prima è quella della stagnazione secolare, con trend di crescita molto contenuti e tassi d’interesse molto bassi. L’altra è quella della normalizzazione, secondo la quale la crescita tornerà prima o poi ad essere sostenuta e le politiche monetarie torneranno presto al loro normale corso. Secondo il report, entrambe queste visioni sono incomplete, ed Euroglut sarà invece la variabile chiave nel prossimo futuro: anche se può sembrare simile all’ipotesi di stagnazione, le conseguenze sui prezzi delle attività finanziarie sono molto differenti.

Euroglut è dovuto alla mancanza di domanda interna in Europa e la sua evidenza più lampante è data dalla combinazione di elevata disoccupazione e record surplus delle partite correnti. Entrambi sono infatti il riflesso dello stesso problema: un eccesso di risparmio rispetto alle opportunità di investimento. Ed Euroglut è molto, molto grande: a circa $400 miliardi (€300 miliardi) è maggiore del surplus della Cina a metà degli anni 2000.
 


Una delle conseguenza di questi squilibri è che una politica monetaria volta ad indebolire il tasso di cambio non sarà efficace, perché l’Eurozona non ha bisogno di un maggior surplus commerciale. Il dilemma dell’Europa è la domanda interna, non quella esterna (quest’ultima, a sua volta, comunque ostaggio delle crescita globale). Il Giappone è riuscito a deprezzare il 50% lo yen vs. il dollaro, eppure le esportazioni non sono affatto ripartite. Questo non vuol dire tuttavia che la BCE non debba impegnarsi: senza l’intervento della politica fiscale (che la BCE non può fare), non rimane molto se non spingere i tassi d’interesse ed il tasso di cambio verso il basso. Il QE sarà inefficiente nello stimolare la crescita (un film che abbiamo già visto), ma sarà fatto lo stesso perché è l’unico strumento rimasto alla BCE per proteggere il proprio mandato.

Euroglut vuol anche dire che i maggiori risparmiatori al mondo (gli europei) determineranno i flussi di capitale nel resto della decade: l’Europa sarà un esportatore di capitali, ovvero un acquirente netto di assets non domestici. Il ruolo delle BCE in questo processo è centrale: spingendo i tassi reali verso il basso creerà una carenza di attività domestiche nelle quali investire ed incentiverà a cercare rendimenti superiori al di fuori dell’Europa.  

Le conseguenze di tutto questo potrebbero essere molto significative:

  1. Debolezza dell’euro: quando i flussi di capitali in uscita aumenteranno, ci sarà molta pressione sull’euro e Deutsche Bank stima che il cambio €/$ potrebbe scendere a €0,95 alla fine del 2017.
  2. Curve dei tassi “flat: con lo spread tra i bund ed i Treasury americani ai massimi, le obbligazioni denominate in USD saranno le prime a beneficiare della (maggiore) domanda da parte degli europei, contribuendo a mantenere i tassi bassi e la curva dei rendimenti piatta. La stagnazione secolare implica che i tassi d’interesse rimarranno bassi perché la Fed non potrà aumentarli; Euroglut suggerisce invece che le decisioni della Fed non sono importanti, sarà piuttosto la domanda a mantenere i tassi ancora bassi.
  3. I “buoni assets” nei mercati emergenti dovrebbero trarne beneficio. A partire dalla crisi finanziaria abbiamo sperimentato una rotazione dei surplus delle partite correnti dai mercati emergenti verso l’Europa. All’apparenza questo dovrebbe rendere i paesi emergenti più vulnerabili; ma il riciclo del surplus europeo dovrebbe significare anche che la domanda marginale per assets in EM dovrebbe aumentare, non diminuire.
Così come il surplus cinese ha influenzato le politiche monetarie in tutti i paesi asiatici negli anni 2000, così quello europeo determinerà le sorti negli altri paesi europei. Non c’è infatti molto che questi possano fare: Svizzera e Repubblica Ceca hanno già fissato bande minime di variazione per combattere la debolezza dell’euro, mentre un la Danimarca ha imposto tassi d’interesse negativi.

Queste sono le ipotesi e le conclusioni di Deutsche Bank: come tutte le previsioni di carattere economico, anche queste hanno solide basi sia nelle teorie accademiche che nelle realtà passate. Tuttavia leggendo il report mi sono venute in mente alcune considerazioni che questa teoria sembra non spiegare o valutare:

  • L’analisi è corretta nell’estrapolare le variabili attuali sulla storia passata, ma ignora il contesto sociale e politico in cui avvengono: al contrario della Cina, le opinioni delle persone in Europa (anche se frustate e disilluse) sono ancora tenute in considerazione, e le convinzioni politiche potrebbero cambiare anche velocemente.
  • Euroglut è in realtà un termine fuorviante: dei $400 miliardi di surplus sopra identificati, nel 2013 $260 miliardi sono venuti dalla Germania, $65 miliardi dall’Olanda e $40 miliardi dalla Svezia, quindi non è propriamente Euro ma un suo sottoinsieme molto ristretto.
  • Questi tre paesi sono anche quelli con il minor tasso di disoccupazione, quindi la conclusione che questo fenomeno è la combinazione di disoccupazione + surplus non sembra essere valida in generale.
  • Oltre ai paesi in surplus, occorre guardare anche quelli in deficit (US, UK, Brasile, Turchia, Russia solo per nominare alcuni dei principali partner commerciali dell’Europa): la Germania infatti continua a fornire vendor financing per tutti gli stranieri che comprano le sue BMW…
Detto questo, è molto probabile (ma non garantito) che l’euro continuerà a deprezzarsi vs. il dollaro nei prossimi mesi e che i tassi d’interesse rimarranno bassi per ancora qualche tempo: ma attenzione a basare una strategia di investimento su un singolo scenario macroeconomico.

1 commento:

  1. Dalle famose parole di Draghi del luglio 2012 (Faremo tutto ciò che serve per ecc. ecc.) si è capito che non stiamo esattamente giocando una partita di Monopoli con regole certe e chiare a tutti i partecipanti. Qui chi tiene il banco le può cambiare a sua discrezione in ogni istante. Come può cambiare anche l'aritmetica. Gli scenari su cui fondare le scelte d'investimento sono imprevedibili temo. Peggio ancora se ci sono di mezzo le divise.Che comunque vale la pena di tenere in considerazione come diversificazione. L'unico punto fermo rimane la ricerca alla Graham/Buffett e MrMarket...
    Michael M.

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