giovedì 6 aprile 2017

Alcune considerazioni dalla "JP Morgan Guide to the Markets (Q2 2017)"

Un po’ di grafici per misurare la “temperatura” dei mercati: semplici considerazioni, nessuna indicazione operativa e men che meno da utilizzare per fare market timing.

1. Molto lentamente, ma le condizioni economiche in Europa continuano a migliorare
Nonostante i catastrofismi (Brexit inclusa), la crescita del PIL in Europa non è drammatica, e rispetto ai crolli di 2007-2009 e 2011-2012 le banche continuano a supportare le economie. Continuano tuttavia ad esserci enormi differenze tra i vari paesi che compongono l’Eurozona.


2. I mercati azionari continuano ad essere costosi
Non solo il P/E forward del’indice S&P 500 (17,5x oggi) è aumentato dalla fine dello scorso anno (16,8x), ma è soprattutto superiore alla sua media sugli ultimi 25 anni (15,9x). Conclusioni simili possono essere fatte per CAPE e P/CF.
La situazione in Europa è meno estrema, soprattutto per quello che riguarda le valutazioni “normalizzate” (ma, come si può vedere nel grafico in basso a sinistra, la media storica del cyclically-adjusted P/E ratio è molto distorta dalla bolla Internet).
Tralasciando le difficoltà di comparare i multipli in periodi molto differenti (per tassi di interesse, composizione degli indici, etc…), continua a sorprendermi l’uso molto diffuso dei multipli forward. Secondo S&P, alla fine di marzo il P/E calcolato sugli utili del 2016 dell’indice S&P 500 era 23,7x mentre quello sugli utili attesi per il 2017 era 17,5x: questo implica una crescita attesa degli utili per quest’anno di +35% (?!?). [Stessi risultati si ottengono usando l’indice S&P Developed ex-US, per il quale i multipli sono, rispettivamente, 21,3x e 15,8x, sempre per una crescita attesa degli utili di +35%.]

3. A livello settoriale le differenze sono marcate
Rispetto ai P/E storici, negli US sembrano a buon mercato tecnologia, telecom ed healthcare, mentre il settore energetico appare caro (nota: P/E può non essere il multiplo migliore per confrontare settori molto diversi tra loro, ma rimane quello più semplice ed intuitivo).

In Europa, nonostante le valutazioni più contenute, praticamente tutti i settori trattano a premio rispetto alle medie storiche, in particolare consumer staples ed energia. L’unico settore a sconto sono i consumer discretionary.
4. Negli ultimi sette anni ci sono stati almeno 7 “correzioni”
Utilizzando come riferimento il mercato americano, dal 2010 ad oggi ci sono state almeno 7 ristorni del mercato in risposta ad eventi politici e/o economici:

  1. Luglio 2010: flash crash, incidente di BP nel Golfo del Messico, crisi in Grecia (-16%)
  2. Ottobre 2011: downgrade del credito di US, stress nei mercati periferici europei (-19%)
  3. Giugno 2012: preoccupazioni su ulteriore recessione in Europa (-10%)
  4. Giugno 2013: taper tantrum (il rallentamento del QE della Fed) (-6%)
  5. Ottobre 2014: preoccupazioni su rallentamento crescita globale (-7%)
  6. Agosto 2015: svalutazione di renmimbi, incertezza sulle azioni della Fed (-12%)
  7. Febbraio 2016: prezzo del petrolio, paura di recessione in US (-13%).
Nonostante questo, nessuno sembra preoccuparsene ed i mercati hanno continuato a salire…

5. Siamo nel secondo mercato bull più lungo di sempre, ma con la ripresa economia più debole

Con una durata di oltre 8 anni (98 mesi), quello attuale è il secondo mercato rialzista più lungo della storia…
… ma è quello supportato dalla minore espansione economica.

6. Con qualche difficoltà, ma US Oil&Gas riesce a convivere con il petrolio a $50
Le aziende energetiche americane hanno fatto i dovuti aggiustamenti al loro capex e dopo 6 trimestri sono tornate redditizie anche con il petrolio a $50. Resta da vedere se le attese per il 2017 (in verde) saranno rispettate, soprattutto in termini di produzione vs. domanda.

7. Alcuni paesi sembrano a buon mercato. Oppure no?
Tra quelli sviluppati, Italia, Spagna ed UK sono hanno le valutazioni più allettanti, ma non sono particolarmente cheap rispetto alle medie storiche.
 

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