martedì 11 aprile 2017

Snap ed il DCF

Dopo il periodo di silenzio imposto a tutte le banche che seguono una IPO, lo scorso 27 marzo Morgan Stanley (MS) – che è stata con Goldman Sachs lead manager della quotazione di Snap Inc. (SNAP:US) – ha reso nota la sua prima ricerca “pubblica” sull’azienda con un target price di $28. Così come gran parte del sell-side, soprattutto le banche coinvolte nell’IPO, anche MS è ottimista sul futuro dell’azienda, e non sorprende che quel giorno il prezzo di Snap sia aumentato.

Fin qui tutto normale. Il giorno seguente, però, MS ha pubblicato una correzione al proprio modello. Anche questo non è né eccezionale né raro, se non per un piccolo particolare: nonostante la significativa riduzione degli utili attesi nei prossimi anni, il target price è rimasto invariato a $28

L’unico cambiamento nel secondo report riguardava un errore sulla tassazione prevista, che ha impatto solo dal 2021 in poi in quanto fino a quella data non è previsto che Snap abbia utili tassabili:

“We have corrected a tax calculation error in our model that overstated adjusted EBITDA in 2021-2025. We have updated the text and charts in the following note to reflect our estimate changes. Note that our revenue forecast and fundamental top-line drivers (DAUs, adload, etc.) remain unchanged.
Questa è la tabella che riassume le stime di MS nel primo report (scusate la scarsa leggibilità):

mentre questa è la stessa tabella nel secondo report:

Per il 2025 è prevista una riduzione di EBITDA da $6,6 miliardi (con un margine di 40%) a $4,9 miliardi (con un margine di “solo” 30%), mentre i FCF passano da $4 miliardi a $2,4 miliardi: sui 5 anni in questione la riduzione totale dei FCF è qualcosa come $4,6 miliardi.

Com’è possibile quindi che la stima del valore intrinseco sia rimasta la stessa? La risposta è data molto candidamente dalla stessa MS: basta abbassare il tasso di sconto e, voilà!, il valore presente non cambia.

“We have also corrected our discounted cash flow calculation so that it is consistent and comparable across our US Internet coverage. More specifically, we are lowering our SNAP equity risk premium from 5.59% (an estimated pre-IPO rate) to 4.29% (consistent with other companies in our group). This change lowers our WACC to 8% (from 10%). On an aggregate basis, our price target is unchanged at $28/share.”
Snap è stata prezzata all’IPO a $17, mentre il giorno della prima ricerca trattava a circa $24 (oggi è $21): non sorprende che MS avesse un target di almeno $28, perché sarebbe stato impossibile per il lead manager avere un obiettivo inferiore al prezzo corrente dopo solo un mese di contrattazioni (utilizzando il vecchio costo del capitale di 10% il prezzo scende a circa $19).

Questo esempio illustra molto bene gli enormi conflitti di interesse del sell-side, dove il dipartimento di ricerca è spesso indistinguibile da quello di investment banking. Ma soprattutto evidenzia tutti i limiti dei modelli come il DCF.

Altre banche che hanno pubblicato report su Snap nello stesso periodo hanno utilizzato i seguenti tassi di sconto:
-    Deutsche Bank: 16%
-    Jefferies: 12%
-    Credit Suisse: 11%
-    RBC Capital Markets: 11%

MS è quindi la più aggressiva, ma questa dispersione è normale. La cosa più sorprendente è che nonostante le differenze nel WACC (e nel tasso di crescita in perpetuo, che variava tra 3% e 5%), tutte queste banche arrivano agli stessi risultati, ovvero un target price tra $28 e $31 (quello “desiderato” per sostenere la IPO?). Ad esempio, questo è il modello di Credit Suisse che nonostante un WACC superiore ottiene un prezzo di $30.


Questo è esattamente il problema con le valutazioni basate sul DCF: in teoria, è corretto dire che il valore intrinseco di qualsiasi asset è la somma del valore presente di tutti i flussi di cassa che si otterranno da questo, ma “playing with the numbers you can justify any value” (ed è il motivo per quale Charlie Munger ha sempre detto di non aver mai visto Warren Buffett fare un DCF). 

A costo di ribadire l’ovvio, MS non ha “sbagliato” quando ha detto che i FCF di Snap sarebbero stati $4 miliardi nel 2025, nonostante l'errore nel file di Excel; e non ha avuto “ragione” quando li ha corretti a $2,4 miliardi. MS (e CS, DB, ...) non ha la minima idea di quali saranno i FCF di Snap tra 8 anni: l’azienda esiste da solo 5 anni e nel 2016 ha avuto FCF negativi per $710 milioni.

Attenzione a ricercare la perfezione in queste valutazioni, molto meglio assicurarsi di avere un sufficiente margine di sicurezza. Per ricordare un’altra massima di Buffett:

“I’d rather be roughly right than precisely wrong”

4 commenti:

  1. Chissà, magari tra 5 anni SNAP non esisterà più !
    A proposito . . . . . in questi giorni si fa un gran parlare di TSLA; ho tra le mani uno studio di UBS con target, da poco reiterato, a 160$. Nel frattempo le azioni sono salite ad oltre 300$. E' tornata la new economy? ?

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    1. Tutto è possibile, anche se più che sparita bisognerà vedere quale valutazione avrà tra 5 anni, un po’ come sta succedendo a Twitter.

      Tesla è una “story stock”, basata quasi esclusivamente sull’abilità di Elon Musk di realizzare tutto quello che ha promesso (e la corporate governance è molto carente). Le valutazioni attuali assumono una crescita enorme nel numero di veicoli venduti tra qualche anno: io sono da sempre scettico, ma fino ad oggi ha ragione chi è long.

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  2. Mi spiace dissentire. Il DCF è il metodo d'elezione per valutare qualsiasi investimento. E' come il binocolo per il cacciatore. Chiaro, se non viene messo a fuoco non permette di vedere un bel nulla.
    E' anche uno strumento molto sensibile: basta poco per modificare i risultati. Qualsiasi analista serio, che sia buy-side o sell-side, sà come padroneggiare lo strumento.
    Purtroppo non si può escludere che esistano analisti, ci si augura pochi, che ne facciano un uso distorto.

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    1. Assolutamente vero ed esattamente quello che ho detto io: in molti casi piccole variazioni nelle assunzioni portano a risultati completamente differenti ma tutti presumibilmente corretti (almeno in teoria).

      Ma se è così, il DCF diviene uno strumento poco affidabile sul quale basare le proprie decisioni (ed il perché Buffett/Munger non lo usano).

      PS: il "dissenso" è benvenuto.

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