mercoledì 12 luglio 2017

Letture per l’estate

Un riassunto dei libri più interessanti letti negli ultimi mesi, non tutti di recente uscita. 

Amazon – The everything store 
È del 2014, e quindi molte cose sono già cambiate, ma rimane un’eccellente introduzione al mondo di Amazon e soprattutto alla mentalità di Jeff Bezos. Altamente consigliato.


Dream Big 
Contrariamente a tutte le lodi che ha ricevuto, io sono rimasto deluso: non che sia pessimo, ma è purtroppo caduto nel rischio di tutte le biografie, ovvero l’esaltazione dei personaggi. È sicuramente interessante conoscere la storia dietro i fondatori di 3G Capital, soprattutto l’ascesa di Garantia copiata sulla struttura di Goldman Sachs, mentre la storia di AmBev è trattata in maniera più marginale. Quello che mi sarei aspettato (ed avrei gradito) sono maggiori dettagli - anche e soprattutto finanziari - sulle varie transazioni fatte nel corso degli anni.

Shoe Dog 

Altra biografia, anzi auto-biografia, in questo caso di Phil Knight, il fondatore di Nike. Molto più bella ed appassionante, anche se finisce proprio al momento dell’IPO: racconta le origini del nome, del marchio, del successo e della passione delle persone coinvolte. Fondata inizialmente come Blue Ribbon Sports con un capitale di soli $1.000 (e con l’allenatore Bill Bowerman come socio al 49%), nei primi anni di vita Nike è stata costantemente sull’orlo della bancarotta: una volta fu salvata da un prestito dei genitori di un dipendente, ed un’altra da una trading company giapponese. Un investitore value probabilmente non avrebbe mai considerato l’azienda, perché per i primi 10-15 anni è sempre stata piena di debiti, con flussi di cassa negativi e senza un reale vantaggio competitivo. Leggendo questo libro si ha l’impressione che la storia di Nike sia stata definita più dagli errori commessi che dai successi.

Mr. China
Altro libro datato (è del 2004 e riporta eventi avvenuti tra il 1995 ed il 2002), racconta le “avventure” - spesso divertenti - di uno dei primi investitori esteri in Cina negli anni 1990. L’approccio “occidentale” al private equity è basato su due principi: a) un sistema di leggi e controlli per dissuadere i manager dall’appropriarsi delle risorse aziendali, e b) che il management lavori duro per raggiungere chiari obiettivi. Nei molteplici esempi reali riportati nel libro, questi due principi non sembrano valere un granché in Cina (per lo meno all’epoca, ma molti esempi simili sono discussi anche in “What would Ben Graham do now?”): nel Middle Kingdom un contratto non è molto più che una serie di accordi più o meno formali che esistono in un particolare momento, e magari non valgono più il giorno dopo.

A man for all markets 
Ed Thorp è per gli investimenti quantitativi quello che Benjamin Graham è per quelli value. La prima parte del libro, che racconta la sua gioventù ed i suoi studi, è la meno interessante ma serve per introdurre un elemento importante: poiché Thorp ha appreso la maggior parte delle nozioni da solo, è stato sempre motivato a pensare in maniera differente e testare empiricamente le varie teorie.
Il suo contributo al mondo degli investimenti (ma prima ancora a quello del black jack) è la necessità di avere sempre un “edge” assieme ad un processo di risk management che ti consenta di continuare a giocare.
Alcune cose che si trovano nel libro:

  • Fu il primo a sviluppare un sistema scientifico per battere il banco a black jack: fino ad allora la nozione comune era che è impossibile battere un casino
  • Creò assieme a Claude Shannon, il padre della information theory, il primo wearable computer per calcolare in tempo reale dove la pallina si sarebbe potuta fermare nella ruota della roulette
  • Ideò una formula per prezzare le opzioni prima di Black e Scholes: secondo il libro, i due gli scrissero per dirgli che avevano preso spunto da Beat the market, il libro – oggi introvabile - che seguì Beat the dealer
  • Uno dei suoi primi investimenti, quando conosceva ancora molto poco del mercato azionario e non aveva sviluppato le sue strategie quantitative, fu Electric Autolite, un’azienda che produceva batterie per auto per Ford e GM. Aveva infatti letto che gli “esperti” si aspettavano un futuro radioso: innovazione tecnologica, contratti con altre case automobilistiche e fatturati record. Il prezzo si dimezzò velocemente da $40 a $20, ma Thorp decise di mantenerlo finché non fosse tornato almeno al valore iniziale (comportamento tipico anche dei giocatori d’azzardo quando perdono…). Ci vollero 4 anni prima che il prezzo tornasse a $40. Tempo dopo usò queste parole per riassumere il suo errore: “Ho comprato qualcosa che in realtà non conoscevo bene, e quindi non avevo probabilità migliori che tirare freccette ad una lista di azioni. Pensavo che la storia dietro Electric Autolite la rendesse un buon investimento: ho imparato a mie spese che molte delle storie ed i relativi consigli di stock-picking sono completamente senza alcun valore.”
  • Creò il primo quant hedge fund quando passò dal gioco d’azzardo al più grande casino al mondo (Wall Street, sue parole), e nelle decadi seguenti ha avuto uno dei migliori track record di tutti i tempi
  • Nonostante il suo ruolo di professore di matematica, non ha mai creduto alla teoria dei mercati efficienti (EMH). La domanda che si poneva non era: “Is the market efficient?”, quanto: “In what ways and to what extent is the market inefficient? How can we exploit this?
  • Incontrò Buffett negli anni 1960 e poi investì in Berkshire Hathaway nel 1983 quando il prezzo era oltre $900 ed era già salito di 23x in 14 anni. Raccomandò BRK ad amici e conoscenti come investimento di lungo termine che poteva avere periodi di elevata volatilità, ma solo a quelli che riteneva avrebbero compreso le motivazioni dell’acquisto e non si sarebbero spaventati da un calo del prezzo.
  • All’inizio degli anni 1980 rifiutò il nascente “value-at-risk” (VaR) proprio perché ignora le code della distribuzione
  • Dimostrò ad un cliente già nel 1991 che Bernie Madoff era un truffatore
  • Offrì il suo sistema di statistical arbitrage a Ken Griffin di Citadel, che a sua volta ha creato uno degli hedge fund di maggior successo dei giorni nostri basandosi sui consigli di Thorp
In sintesi, un altro libro sicuramente raccomandato (anche se alcune parti finali sulla pianificazione finanziaria sono ridondanti), con alcune perle contenute nell’introduzione a cura di Nassim Taleb:
“As we saw, academics are paid by administrators via colleagues to make life complicated, not simpler. They invented something useless called utility theory (tens of thousands of papers are still waiting for a real reader). And they invented the idea that one could get to know the collective behavior of future prices in infinite detail - things like correlation, that could be identified today and would never change in the future. (More technically, to implement the portfolio construction suggested by modern financial theory, one needs to know the entire joint probability distribution of all assets for the entire future, plus the exact utility function for wealth at all future times. And without errors!)”

“So the world today is divided into two groups using distinct methods. The first method is that of the economists who tend to blow up routinely or get rich collecting fees for managing money, not from direct speculation. Consider that Long-Term Capital Management, which had the crème de la crème of financial economists, blew up spectacularly in 1998, losing a multiple of what they thought their worst-case scenario was. The second method, that of the information theorists as pioneered by Ed, is practiced by traders and scientist-traders. Every surviving speculator uses explicitly or implicitly this second method (evidence: Ray Dalio, Paul Tudor Jones, Renaissance Technologies, even Goldman Sachs!).”
Billion dollar lessons 
Grazie a Luca Buffi per averlo segnalato in un commento di qualche tempo fa, è più un libro di strategia che di investimenti ma discute 7 caratteristiche che spesso portano ad un flop:
  1. Sinergie: l’idea che “l’insieme vale più delle parti” porta a sovrastimare i benefici delle acquisizioni. Le sinergie sono spesso illusorie e solo 1 azienda su 3 riesce ad ottenere quanto previsto: solo il 30% delle operazioni di M&A genera le sinergie previste sul lato vendite, e 60% sul lato costi. Esempio classico: AOL-Time Warner.
  2. Financial engineering: inteso non necessariamente come frode, bensì come utilizzo legittimo ma aggressivo di meccanismi finanziari e contabili.
  3. Roll-ups: ci sono dozzine di esempi di aziende che hanno avuto problemi nel “consolidare” piccoli business locali per trasformarsi in giganti nazionali o mondiali, ed in moltissimi casi si è trattato di vere e proprie frodi.
  4. Non far niente: non la mera inerzia, ma non reagire ai cambiamenti del mercato. Esempio: Kodak e la fotografia digitale.
  5. Muoversi in mercati adiacenti: molto pericoloso perché spesso il nuovo mercato è “vicino” solo dal punto di vista semantico e non del business.
  6. Cavalcare le nuove tecnologie: troppo nuove e non testate.
  7. Consolidamento: quando un settore diviene maturo ed i profitti aggregati cominciano a ridursi, la soluzione più diretta è acquisire i concorrenti più deboli, pensando così di essere in grado di risolvere i propri problemi. Spesso la soluzione migliore sarebbe invece vendere e lasciare che siano gli altri a “provare” a risolvere i problemi.
Dead Companies Walking 
In maniera simile a “Billion dollar lessons”, l’idea centrale del libro è che il fallimento è una caratteristica inevitabile nel mondo degli affari e degli investimenti. L’interesse dell’autore (gestore di un hedge fund) è identificare candidati per posizioni short, spesso accumunati da una delle seguenti 6 condizioni:

  1. Guardano solo al passato recente
  2. Hanno fatto troppo affidamento su una singola “formula” per il successo
  3. Non hanno ascoltato i propri clienti, o hanno fatto qualcosa che li ha alienati
  4. Sono finiti vittime di una mania
  5. Non si sono adattati ai cambiamenti strutturali del mercato
  6. I manager erano fisicamente o emotivamente separati dall’operatività del business
Weapons of Math Destruction 
Gran parte della nostra vita è oggi “gestita” da modelli matematici che sono però mal costruiti. Un modello non è altro che la rappresentazione astratta di un processo: che giri nel nostro cervello o in un computer, utilizza quello che conosciamo per predire le possibili risposte in differenti situazioni. Ci saranno però sempre degli errori, perché per definizione un modello è una semplificazione che non può ridurre ad un singolo algoritmo il comportamento umano: inevitabilmente, qualche informazione verrà sempre lasciata fuori. In aggiunta, non solo troppo spesso i dati utilizzati da questi modelli sono statisticamente insufficienti per giungere a conclusioni certe, ma sono anche poco rilevanti per l’obiettivo che il modello si pone.

The Index Revolution: Why investors should join it now
L’idea e le conclusioni di questo libro sono ovvie fin dal titolo: la teoria economica supporta da ben 50 anni la superiorità degli investimenti passivi, ed i cambiamenti strutturali avvenuti nei mercati finanziari hanno reso praticamente impossibile battere le medie (= indici) con la gestione attiva. Le eccezioni che permettono ad una minoranza di gestori di battere costantemente i mercati sono poche, difficili da identificare a priori e saranno con ogni probabilità sostituite da altre regole in futuro.
Nonostante l’esperienza nel settore dell’autore, non concordo al 100% con le sue conclusioni: è comunque sempre utile ascoltare anche l’altra campana, e questo libro è molto esaustivo nella copertura dei temi trattati (con una critica: manca una discussione del concetto di active share).

Frontier Investor: How to Prosper in the Next Emerging Markets  
Secondo Marko Dimitrijevic (e molti altri) le migliori opportunità di investimento nella prossima decade verranno dai mercati di frontiera, che includono 70 delle 75 economie a più alto tasso di crescita (c’è anche un sito dedicato al libro). Così come i mercati emergenti (almeno fino a qualche anno fa), anche quelli di frontiera presentano opportunità uniche a chi è disposto a guardare oltre la superfice: il principio cardine del libro è che per capire i mercati di frontiera è necessario studiare la loro situazione macroeconomica, ma non è sufficiente, in quanto serve anche l’analisi microeconomica dei fondamentali aziendali.
Il libro si legge bene ed è interessante per gli aneddoti che contiene, ma alcuni dei fattori portati in favore di questi mercati ed i miti che vorrebbe sfatare sono basati solo sui “numeri” piuttosto che su argomentazioni di natura fondamentale: trend demografici; bassa correlazione con i paesi sviluppati (non è vero sempre ed in assoluto); sono più liquidi ed interconnessi di quello che si assume; sono sotto-rappresentati nei portafogli degli investitori (di nuovo, non necessariamente); sono meno volatili di quello si pensa, …
Molto più interessante la seconda parte, “Come investire nei mercati di frontiera”: gli investimenti passivi non sono la soluzione migliore, perché troppo dipendenti dalle regole di costruzione dell’indice di riferimento che quindi non riflette necessariamente l’intero universo di opportunità disponibili.
[Nota: il fondo Everest Capital, lanciato da Dimitrijevic per investire nei mercati emergenti, dopo 20 anni di successi ha dovuto chiudere nel 2015 a causa di una scommessa sbagliata sul franco svizzero…]

Sulla scrivania per le prossime settimane ci sono:
Genentech - The Beginnings of Biotech 

The Spider Network: The Wild Story of a Maths Genius, a Gang of Backstabbing Bankers, and One of the Greatest Scams in Financial History

Black Edge: Inside Information, Dirty Money, and the Quest to Bring Down the Most Wanted Man on Wall Street 

The Silk Roads: A New History of the World 

The Fix: How Bankers Lied, Cheated and Colluded to Rig the World's Most Important Number

The Richest Man Who Ever Lived: The Life and Times of Jacob Fugger 

Consigli e suggerimenti su altre letture sono sempre benvenuti: ultimamente sono molto meno interessato a libri “tecnici” (per capirsi, quelli che insegnano come identificare il prossimo grande investimento, come valutare meglio un’azienda o come implementare una strategia vincente), e sono più attratto da libri di strategia, biografie di grandi investitori ed imprenditori, scandali/frodi e storie “alternative”.

3 commenti:

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  2. Beat the market di Edward O. Thorp lo trovi gratuitamente distribuito dall'autore
    qui:

    https://www.researchgate.net/publication/275756748_Beat_the_Market_A_Scientific_Stock_Market_System?enrichId=rgreq-5ad7b4d57032fd6ab643088a0e43104b-XXX&enrichSource=Y292ZXJQYWdlOzI3NTc1Njc0ODtBUzozMDgwOTcxMDM0MDA5NjBAMTQ1MDQ2NzQ4MTE5Ng%3D%3D&el=1_x_2&_esc=publicationCoverPdf

    A me ha molto impressionato per approccio e mindset "The Dao of Capital" di Mark Spitznagel, la mente dietro al fondo Universa LP, quello cui riferiscono N.N. Taleb.

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