L’immagine qui sotto riporta i risultati della ri-elezione del consiglio di amministrazione di Colfax (CFX:US), un’azienda industriale americana. Tutti hanno ricevuto il solito consenso di 98% (e la logica già sfugge vista la performance degli ultimi 5 anni), con l’eccezione di un certo Thomas Gayner, che ha ricevuto ben 45% di voti contrari: forse la colpa dei risultati recenti è proprio sua!
Tom Gayner è co-CEO e CIO di Markel Corp. (MKL:US), un’assicurazione modellata come una mini-Berkshire Hathaway che dal 1990 ha accresciuto il proprio book value di oltre 14% l’anno: gran parte di questa performance è proprio merito di Gayner.
Perché quindi tutti quei voti contrari? Perché oltre che nel board di Colfax siede anche in quelli di Graham Holdings (uno spin-off di Washington Post) e Cable One (a sua volta uno spin-off di Graham Holdings). I consulenti che si occupano di proxy voting (come ad esempio Institutional Shareholders Services o Glass Lewis) hanno queste regole ferree secondo le quali due board vanno bene ma tre sono un disastro, e le seguono ciecamente senza la minima considerazione sulle qualità delle persone indicate: chiunque sano di mente vorrebbe uno come Gayner nel consiglio di un’azienda nella quale investe.
Ma tutti i fondi passivi e closet-indexers, nonostante i proclami di avere team di centinaia di analisti che si occupano della governance delle imprese nelle quali investono, in realtà votano a scatola chiusa seguendo queste indicazioni: hanno semplicemente un sistema automatizzato che collega la loro banca custode alle raccomandazioni dei proxy advisors, e tutto quello che devono fare è premere ENTER…
Tuttavia, c’è di peggio. Il seguente passaggio è preso dal report del secondo trimestre di un fondo americano (che per decenza rimarrà anonimo) per la strategia di International Small Companies Equity:
Avete capito bene: a seguito del consueto ribilanciamento degli indici MSCI (su base semi-annuale ed annunciato con largo anticipo), il fondo ha deciso di vendere due aziende come Christian Hansen (CHR:DC) e Temenos (TEMN:SW) solo perché oggi troppo grandi rispetto alla capitalizzazione media del benchmark!
Se questo è investire…
PS: su Temenos avevo scritto anch’io nel lontano 2013, sbagliando clamorosamente proprio prima dell’inizio del rialzo.
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