Come molti avranno notato, le banche europee continuano nella loro spirale discendente: dopo essere passato attraverso il crash del 1987, le crisi nei mercati emergenti (1998), la bolla Internet (2000-2002), la crisi finanziaria (2008) e quella dell’Eurozona (2011) con il fallimento della Grecia, finalmente l’indice STOXX Europe 600 Banks è tornato al suo valore iniziale! [Nota: il primo grafico è l’indice price-only: includendo i dividendi – secondo grafico – la performance è marginalmente positiva.]
I motivi, per lo meno dal 2008 in avanti, non sono difficili da identificare: NPL ostinatamente elevati, tassi d’interesse negativi e continui scandali (nei giorni scorsi sono uscite nuove rivelazioni di money laundering per JP Morgan, HSBC, Deutsche Bank ed altre, che si aggiungono a quelle passate per BNP, Swedbank e Danske, tra le tante).
A peggiorare la situazione va ovviamente aggiunto l’impatto di Covid, che ha accelerato la necessità di trasformazione di molti istituti: non solo Deutsche Bank, in perenne modalità di ristrutturazione, ha annunciato la chiusura del 20% delle filiali in Germania (stessa decisione già presa da Commerzbank qualche mese fa), ma anche Svenska Handelsbanken – una delle banche europee meglio gestite – chiuderà nei prossimi due anni metà delle sue filiali in Svezia per passare ad un modello più digitale. Questa è in parte una sorpresa: non lo spostamento verso il digitale (in Svezia il contante in circolazione è 1% del PIL, rispetto al 5% di US e 10% dell’Europa), ma che rinunci ad un elemento essenziale del suo business model, caratterizzato dalla relazione con i clienti e dal prendere tutte le decisioni a livello locale.
Leggendo poi l’accordo di fusione tra CaixaBank e Bankia, che sottolinea proprio alcune delle problematiche appena discusse, ho trovato questa slide molto interessante (pagina 6):
A peggiorare la situazione va ovviamente aggiunto l’impatto di Covid, che ha accelerato la necessità di trasformazione di molti istituti: non solo Deutsche Bank, in perenne modalità di ristrutturazione, ha annunciato la chiusura del 20% delle filiali in Germania (stessa decisione già presa da Commerzbank qualche mese fa), ma anche Svenska Handelsbanken – una delle banche europee meglio gestite – chiuderà nei prossimi due anni metà delle sue filiali in Svezia per passare ad un modello più digitale. Questa è in parte una sorpresa: non lo spostamento verso il digitale (in Svezia il contante in circolazione è 1% del PIL, rispetto al 5% di US e 10% dell’Europa), ma che rinunci ad un elemento essenziale del suo business model, caratterizzato dalla relazione con i clienti e dal prendere tutte le decisioni a livello locale.
Leggendo poi l’accordo di fusione tra CaixaBank e Bankia, che sottolinea proprio alcune delle problematiche appena discusse, ho trovato questa slide molto interessante (pagina 6):
Devo ammettere che non mi aspettavo questi numeri: l'Europa è decisamente over-banked - in termini di numero di banche, filiali e personale - ma a livello nazionale il sistema è molto concentrato nelle mani dei leader locali. Questo vuol dire che l'unica strada percorribile per gli istituti più piccoli in mercati come Italia, Spagna e probabilmente Francia (la Germania è più peculiare) è il consolidamento, anche se la preferenza di BCE è di spingere quelle di dimensioni inferiori nelle mani di quelle più grandi e solide, piuttosto che la fusione di due banche medie (ipotesi già discussa qui). I rumours delle ultime settimane dicono che Credit Agricole sia interessato a crescere ulteriormente in Italia (i possibili target menzionati sono Banco BPM e Credito Valtellinese), anche se l’esperienza con CariParma non è ad oggi certo memorabile.
Rimanendo assodato che l’unico modo per vedere un re-rating dell’intero settore è un aumento dei tassi d’interesse reali, potrebbe essere questo il momento per un investimento contrarian di stock picking in qualcuna delle banche con meno problemi idiosincratici? Lo sconto sul book value di molte di esse è oggi alquanto allettante.
Rimanendo assodato che l’unico modo per vedere un re-rating dell’intero settore è un aumento dei tassi d’interesse reali, potrebbe essere questo il momento per un investimento contrarian di stock picking in qualcuna delle banche con meno problemi idiosincratici? Lo sconto sul book value di molte di esse è oggi alquanto allettante.
Alcuni nomi che sto guardando al momento:
- ING
- Bank of ireland
- Jyske
- Bawag
- Société Générale (potrebbe diventare ancora più a buon mercato in quanto il suo business più redditizio – equity derivatives per clienti retail – è stato decimato: potrebbe però diventare una preda nel processo di consolidamento, qualche mese fa si parlava di un interesse di Unicredit visto che è da dove proviene Mustier)
- Sberbank (mi interessava anche Tinkoff/TCS Group, ma a quanto pare verrà acquistata da Yandex, come se Google comprasse American Express…).
Il grafico Stoxx delle banche ci racconta da una parte di un grande miraggio, quello delle economie di scala da acquisizioni, fusioni ecc. Senz'altro con risparmi sulla parte informatica e gestionale, ma sul resto non saprei, e comunque molto più lentamente (layoffs e simili).
RispondiEliminaDall'altra i tassi perennamente (eternamente?) bassi hanno ucciso il comparto creditizio. Penso anche che il crollo delle commissioni di gestione per la concorrenza degli Etf sia mortifera per la parte di gestione della raccolta, con qualche analogia col fenomeno dei tassi bassi. Insomma una crisi strutturale dei dinosauri dopo il meteorite dei tassi zero.
Io mi aspetto una raffica di aumenti di capitale, che saranno giustificati da motivazioni più o meno comiche. Ciao
gli aumenti di capitale (forzati e molto dilutivi per gli azionisti) ci saranno se i problemi di NPL diventano gravi e vanno ad intaccare il capitale proprio.
Eliminail problema delle banche europee è la bassa redditività (basso ROE), che le fa vivacchiare da una crisi all'altra
1) Illimity, la banca fondata da Corrado Passera. Business focalizzato su: acquisto e gestione NPL; bridge loan / operazioni corporate particolari; funding tramite conti deposito retail a cui agganciare servizi di carta credito, fido, etc.
RispondiEliminaInteressante perché vera banca nativa online, senza legacy. Redditività rispetto al capitale potenzialmente molto elevata. I primi numeri di bilancio paiono incoraggianti.
2) Mediobanca... Hai 4 businesses. 1) banca d'affari: ricavi ciclici ma elevati; costi di base elevati; 2) credito al consumo: gallina uova d'oro; 3) CheBanca! / Mediobanca Private Banking: ricavi ricorrenti sia lending (mutui) che risparmio gestito; 4) partecipazione in Generali Assicurazioni. Secondo me è un business solido, molto cheap oggi.
Illimity non conosco. Mediobanca: a) come banca d'affari è una boutique, ormai b) credito al consumo: sono d'accordo sui margini ma non so i numeri, 3) Chebanca fa raccolta diretta con conto deposito, sperando in un passaggio al risp. gestito del cliente 4) per Generali basta vedere il titolo stesso
RispondiEliminaBuongiorno, può spiegarmi meglio cosa intende quando scrive: "ma mi viene in mente ad esempio Fineco, che dovrebbe essere in grado di difendere il lucrativo business delle commissioni"
RispondiEliminaCioè? Fineco ha un profilo commissionale tra i più bassi sia nel "banking" (bonifici gratis, prelievi ATM gratis oltre una certa soglia, ...) sia nel "investing" (commissioni da compravendita titoli azionari, bond, ETF, ...)
Quinci non capisco in che senso "lucrativo".
Grazie
Per quanto riguarda invece Schwab e IB, non saranmo mai veri competitor in Italia fintanto che non offrirano il regime amministrato. Per ora offrono solo il regime dichiarativo e in Italia si fa molta fatica a trovare commercialisti preparati disposti a fare i conteggi e preparare i quadri per la dichiarazione di investimenti in regime dichiarativo a prezzi ragionevoli.
C'erano questi dichiarativo.com , ma purtroppo, non so cosa hanno combinato, ma pare non funzionino più nulla e si sono rivelati piuttosto inaffidabili (parlo purtroppo da cliente).
Ciao Otto, i veri profitti dei broker vengono da “net interest margin”, ovvero gli interessi netti sui soldi dei clienti che detengono (temporaneamente). Ma con i tassi molto bassi questo reddito si è ridotto, e le commissioni (transazione, etc…) sono risultate essenziali per mantenere i profitti.
EliminaIl problema è che c’è comunque competizione anche in questo settore (ad es. in US Robinhood): al punto che lo scorso ottobre Schwab a ridotto a ZERO tutte le commissioni di transazione sulle compravendite online (https://www.wsj.com/articles/charles-schwab-ending-online-trading-commissions-on-u-s-listed-products-11569935983) costringendo gli altri a fare altrettanto. Se si dovesse verificare una situazione simile in Italia (non so chi possa essere il gigante che entra sul mercato, se americano o europeo) bisogna capire se Fineco sarà costretta a tagliare le proprie commissioni oppure no.
Ciao Otto,
EliminaSono curioso, ma cosa avrebbe fatto dichiarativo.com? Fino ad ora sembravano un valido strumento per poter operare con i broker americani... Cmq hai ragione, fintanto che i big non offrono un sistema per aiutare il contribuente a calcolare le tasse hanno sempre un grosso scoglio davanti sul mercato italiano...