giovedì 17 dicembre 2020

IPOs nel 2020

Uno dei temi dominanti del 2020 è stato il ritorno delle IPO, soprattutto in queste ultime settimane, basta vedere l’andamento di Renaissance IPO ETF (IPO:US). Ho provato quindi a riassumere cosa è successo negli ultimi 12 mesi.
Prima una nota sulla metodologia. Per i mercati US i dati sono abbastanza omogenei e facilmente reperibili, mentre in Europa sono meno immediati da trovare ed ogni borsa li riporta a modo suo: i dati grezzi hanno avuto bisogno di una “ripulita”, questo vuol dire che qualche operazione potrebbe essermi sfuggita o che qualche numero potrebbe non essere corretto al 100%.

Sono inoltre state escluse le seguenti new entry su uno specifico mercato:
  • Passaggi di segmento all’interno dello stesso listino (ad esempio da AIM al mercato principale); allo stesso modo non sono inclusi gli aumenti di capitale di società già quotate
  • Spin-off, in quanto non sono propriamente IPO: esempi sono Electrolux Professional da parte di Electrolux o NinetyOne da Investec
  • Secondary listings, aziende che per maggiore liquidità/esposizione si sono quotate anche su un’altra borsa: ad esempio la canadese Yamana Gold, già quotata a Toronto e sul NYSE che è arrivata anche al London Stock Exchange
  • Direct listing, ovvero l’introduzione diretta sul mercato (le azioni esistenti diventano trattabili partendo da un prezzo di riferimento senza una vera e propria IPO con raccolta di nuovi capital): questa strada è stata scelta nel passato da Spotify e quest’anno da Palantir, ma nel 2020 è stato un metodo molto utilizzato anche in Europa soprattutto dalle aziende più piccole
  • Quotazioni di aziende cinesi su mercati internazionali, soprattutto in US ma alcune anche in Germania e Lussemburgo
Altra precisazione: quello che di seguito viene indicato come “capitale raccolto nella IPO” include, oltre alle azioni di nuova emissione, anche quelle vendute alle volte dagli azionisti originari, quindi il totale non è costituito solo da nuove risorse. Infine, tutti i dati si riferiscono alla chiusura del 16 dicembre 2020.

US
Secondo i miei calcoli, sui mercati americani sono stati raccolti nel corso del 2020 $146 miliardi in 432 operazioni. A dimostrazione dell’euforia che pervade i mercati finanziari nonostante Covid, oltre metà di questi – e precisamente $74 miliardi (ben 231 operazioni) sono rappresentati da SPACs (Special Purpose Acquisition Vehicles): come riferimento, negli ultimi anni le SPAC avevano raccolto “solo” $13 mld nel 2019, $9 mld nel 2018 e $11 mld nel 2017. I rimanenti $72 miliardi (201 operazioni) sono venuti da aziende pre-esistenti.

Nel segmento delle SPAC, la più piccola ha raccolto solo $40 milioni, mentre la più grande (Pershing Square Tontine Holdings di Bill Ackman) ben $4 miliardi, ed altre 5 hanno raccolto più di $1 miliardo: in media, ogni SPAC è nata con un capitale di oltre $300 milioni. Almeno 5 di queste sono state rapidissime nell’identificare il proprio obiettivo e concludere l’operazione di incorporazione (molte più sono state concluse da parte di SPAC di vintage precedenti): potrebbero essere anche di più perché altre operazioni sono state annunciate ma non ancora concluse e ho perso i conti. I rumours di mercato dicono che Pershing Square Tontine abbia provato ad approcciato come potenziali target sia AirBnB (che poi ha deciso per una IPO tradizionale) che Bloomberg.

Per quello che riguarda invece le IPO più tradizionali, in termini settoriali sono state naturalmente dominate da tecnologia ($23 miliardi con 37 operazioni) e farmaceutica ($21 miliardi con ben 91 operazioni).
Escludendo Palantir (che come detto ha optato per un direct listing), le operazioni che hanno raccolto le maggiori somme sono state AirBnb ($3,5 mld), DoorDash ($3,4 mld), Snowflake ($3,4 mld), Royalty Pharma ($2,2 mld) e Warner Music Group ($1,9 mld).

Ad oggi, le 10 nuove IPO con la maggior capitalizzazione sono Snowflake ($93 mld), AirBnB ($82 mld), Palantir ($48 mld), Rocket Companies ($44 mld), Unity Software ($39 mld), DoorDash ($33 mld), Royalty Pharma ($27 mld), CureVac ($20 mld), Warner Music Group ($17 mld) e Goodrx Holdings ($17 mld).

In termini di performance (che dipende ovviamente dal momento nel quale si sono quotate: quelle che sono arrivate da agosto in avanti stanno andando meglio), 54 di queste (27%) trattano al momento sotto il prezzo di IPO, mentre 148 (73%) sono in territorio positivo, e ben 56 hanno un rendimento superiore a 100% [NB: il totale è 202 perché include anche Palantir.] La media semplice del loro rendimento è +71% (+106% per quelle in positivo e -24% per quelle in negativo), che però scende a +56% se le ponderiamo per l’ammontare raccolto (ed a +32% se includiamo nella ponderazione anche le SPAC): questo significa che le aziende più piccole hanno fatto meglio, soprattutto quelle biotech. [Le SPAC, almeno finché non acquisiscono il loro target, non si discostano molto dal prezzo di emissione, di qui la minore performance ponderata quando incluse.]

In un’ampia dispersione di rendimenti (come evidenziato nel grafico sottostante), le peggiori sono state Aditx Therapeutics (biotech, -78%), Progenity (biotech, -69%) e Muscle Maker (ristoranti, -60%). Le migliori sono invece state Greenwich Lifesciences (biotech, +747%), CureVac (biotech, +626%, azienda tedesca), Keros Therapeutics (biotech, +391%), ALX Oncology (biotech, +358%), Schrodinger (software, +356%), Beam Therapeutics (+324%), Berkely Lights (biotech, +296%), Nkarta (biotech, +279%), Prelude Therapeutics (+278%) e Inari Medical (+264%).
Tra le aziende più grandi e conosciute, le performance migliori sono di Palantir (+258%), Unity Software (+182%), Kingsoft Cloud (+181%), Snowflake (+175%) e C3.ai (+171%). Per decidere se siamo o meno in un periodo di eccessiva euforia, confrontatele con le performance delle principali IPO del 2019 in quell’anno solare: solo BeyondMeat (+202%), DocuSign (+156%) e Zoom (+89%) hanno avuto una performance stellare, Spotify ha fatto solo +14%, mentre Uber (-34%), Lyft (-40%), Slack (-14%), Dropbox (-15%) e perfino Peloton (-2%) sembravano indicare scettiscismo sulle loro valutazioni. [Questo è il rendimento dall’IPO al 31 dicembre 2019, non ad oggi: adesso i loro prezzi sono molto più alti, Zoom è a +1.000%, Peloton a +310% e Spotify a +150%.]

Ancora più rimarchevole è il numero di IPO che sono schizzate in alto nel primo giorno di quotazione, era dal 1999 che non si vedevano così tanti “first day pop”: CureVac (+249%), BigCommerce (+201%), Berkeley Lights (+198%), Seer (+197%), Agora (+152%), Lemonade (+139%), Ncino (+133%), Vroom (+112%), AirBnB (+112%), Snowflake (+112%), DoorDash (+86%). Al contrario, Contextlogic (l’azienda dietro il sito di ecommerce Wish) ha invece chiuso il primo giorno di contrattazione a -16%.

A questo proposito, mancano all’appello due aziende molto attese (Roblox e Affirm), che si sarebbero dovute quotare questa settimana ma hanno deciso di rinviare al prossimo anno: sembrerebbe che il motivo sia di non rischiare di lasciare sul tavolo troppi soldi come hanno appena fatto AirBnB e DoorDash, e procedere con una incorporazione con una SPAC o con una auction IPO.

Europa
Al confronto dei mercati US, l’Europa si è rivelata ancora una volta come Cenerentola, con la miseria di €11 miliardi raccolti in 104 operazioni. [I dati comprendono solo le principali borse, e – ripeto - probabilmente sono tutt’altro che completi.] Tra di queste ci sono state 4 SPAC, ma solo l’olandese Dutch Star Companies Two merita una menzione (€110 milioni), le altre 3 hanno invece raccolto capitali minimi su LSE.

Ho tuttavia notato come in Europa, più che in US, sia stato popolare il direct listing, soprattutto per l’ingresso nei mercati meno regolamentati (AIM, Euronext Access, Euronext Growth, Nasdaq First North Growth Market in Svezia) da parte delle PMI a più alta crescita. È stato anche usato da alcune società di immobiliari, in particolare in Spagna: non so se questo sia dovuto proprio alla facilità di quotazione su questi mercati (e quindi un trend che potrebbe proseguire nei prossimi anni) o alle condizioni della pandemia (aziende che per qualche motivo avevano necessità di quotarsi ma non potevano farlo attraverso una IPO tradizionale). Ho contato almeno 16 di queste situazioni, quindi il numero di nuove aziende quotate ed il capitale “movimentato” è stato superiore (queste aziende sono comunque piccole, quindi le cifre rimangono modeste rispetto a US).  

In termini di listini, a dominare la raccolta è stato ovviamente il London Stock Exchange (quasi €4 miliardi con 21 operazioni), seguito da Euronext (che oggi include le borse di Parigi, Amsterdam, Brussels, Lisbona, Dublino ed Oslo, ed a breve anche Milano: quasi €3 miliardi ma ben 41 operazioni). Molto attiva anche OMX, la borsa di Stoccolma parte del Nasdaq, con 18 operazioni, e pure Borsa Italiana, con ben 16 operazioni anche se quasi tutte molto piccole (solo €720 milioni raccolti in totale).
In termini settoriali, anche in Europa ha dominato quello tecnologico, con €5,7 miliardi e 30 operazioni, seguito però dal più tradizionale settore industriale (€2 mld).
A livello individuale, i numeri sono un po’ distorti dal fatto che due sole aziende hanno raccolto tra di loro quasi il 40% del totale: le due più grandi IPO europee sono infatti state due piattaforme di ecommerce, l’inglese The Hut Group (€2,1 mld raccolti su LSE) e la polacca Allegro.eu (€2,1 mld sulla borsa di Varsavia). A seguire ci sono l’olandese JDE Peet's (il più grande rivenditore indipendente di caffè, €700 milioni su Euronext) e la nostra GVS (sistemi di filtraggio, con quasi €600 milioni raccolti su Borsa Italiana: devo ammettere che nel caos di quest’anno questa IPO mi era sfuggita, è anche vero che solo 15% dell’ammontare raccolto era dato da nuove azioni, il restante sono state vendute dagli azionisti). In ordine differente, queste sono anche le società con la maggiore capitalizzazione tra le nuove IPO: Allegro.eu (€20 mld), JDE Peet’s (€17 mld), The Hut Group (€7,5 mld) e GVS (€2,6 mld). [Non inclusa nei grafici precedenti c’è stata anche la quotazione della fintech kazaka Kaspi su LSE per un ammontare di $870 milioni ed una capitalizzazione corrente di $10 miliardi.]

Delle 104 operazioni, ad oggi 33 (32%) hanno una performance negativa, con una media di -15%; 71 (68% del campione) hanno invece una performance positiva, in media +68%. La media semplice del rendimento dell’intero universo è +42%, che scende a +41% ponderandolo per l’ammontare raccolto (inferiore ma non così tanto rispetto a US): in Europa non c’è stata nessuna differenza tra aziende piccole e più grandi, anche perché con l’eccezione dei nomi prima citati sono state quasi tutte aziende medio-piccole. Solo Allegro può essere considerato un unicorno, mentre ve ne sono stati molteplici che si sono quotati in US.

Dato il minor numero di IPO, in Europa c’è stata meno dispersione nei rendimenti: le peggiori sono Amoéba (Francia, sviluppa batteri biologici per il trattamento delle acque, -54%), Meltwater (Norvegia, agenzia pubblicitaria online, -45%) e Munic (Francia, software, -45%). Le migliori sono invece FOM Technologies (Danimarca, macchine industriali, +436%), Nord Insurtech Group (Svezia, fintech, +368%, già nota come Hudya), Penneo (Danimarca, software, +287%), Everfuel (Norvegia, carburante green basato su idrogeno, +245%) e Musti Group (Finlandia, servizi e prodotti per animali domestici +175%).
Considerazioni finali
In aggregato, l’Europa registra come sempre una minore propensione alla quotazione, le aziende soprattutto medio-piccole ed a controllo familiare preferiscono rimanere private piuttosto che “go public”, a maggior ragione in un anno problematico come il 2020.

Si può tuttavia notare un trend di sempre più start-up che si quotano sui listini a loro dedicati, l’equivalente del Nasdaq con ancora minori restrizioni e limitazioni. È anche vero però che quest’anno la raccolta è stata dominata dal settore tecnologico solo grazie alle due piattaforme citate. Le borse europee sono ancora dominate da quei settori che potremmo definire della Old Economy (industriali, prodotti di consumo, finanziari), una situazione riflessa anche nelle nuove quotazioni: tra le IPO del settore finanziario solo una è un’azienda fintech, le altre sono assicurazioni o fondi chiusi.

Dall’altro lato, in Europa non ha (ancora?) preso piede la mania delle SPAC, anche se non principalmente per la mancanza di potenziali obiettivi per M&A.

Un aspetto che mi sembra positivo è invece che per ottenere buoni risultati dalle nuove quotazioni non è necessario scommettere su sconosciute aziende biotech: in Europa quest’anno i migliori rendimenti sono venuti da settori più maturi e stabili.

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