JP Morgan ha pubblicato alcuni grafici sulle valutazioni nel settore software.
Si può vedere come il multiplo più utilizzato (forward EV/Sales, perché moltissime aziende non hanno profitti nemmeno a livello operativo) abbia accelerato negli ultimi tre anni e sia letteralmente esploso nel 2020: oggi è più o meno 3x la media degli ultimi 10 anni, sostenuto da attese di fatturati in crescita esponenziale. (Il primo grafico è per tutto il settore software, il secondo per il sotto-segmento di SaaS)
Si può vedere come il multiplo più utilizzato (forward EV/Sales, perché moltissime aziende non hanno profitti nemmeno a livello operativo) abbia accelerato negli ultimi tre anni e sia letteralmente esploso nel 2020: oggi è più o meno 3x la media degli ultimi 10 anni, sostenuto da attese di fatturati in crescita esponenziale. (Il primo grafico è per tutto il settore software, il secondo per il sotto-segmento di SaaS)
Se consideriamo invece EV/FCF (molto più importante, anche se di nuovo il multiplo riportato è sui flussi attesi nei 12 mesi seguenti), abbiamo un’impressione differente: queste aziende sono più o meno in linea con gli ultimi 10 anni, non certo a buon mercato ma nemmeno sopravvalutate. SaaS, in particolare, sono valutate come lo erano nel 2011.
C’è un problema nell’interpretare questi grafici senza sapere cosa rappresentano i numeri sottostanti (oltre al fatto che usare i valori forward è sempre un azzardo): gran parte dei flussi di cassa di queste aziende sono rappresentati dalle spese per azioni / opzioni concesse ai dipendenti.
Queste spese sono sempre complicate nell’analisi e valutazione di un’azienda, in quanto sono quasi sempre ignorate negli utili presentati dal management (adjusted EBITDA / adjusted cash earnings), ma soprattutto perché distorcono il calcolo dei flussi di cassa.
Dal punto di vista puramente contabile è corretto che siano ri-aggiunte nell’anno nel quale sono sostenute, perché non rappresentano un’uscita di cassa: ma sono comunque costi reali, se non ci fossero le assegnazioni di azioni/opzioni le spese per il personale sarebbero (molto?) più alte e quindi utili e flussi di cassa sarebbero inferiori. Ed anche se spesso sono bilanciate da un equivalente buyback da parte dell’azienda, questo non rientra nella definizione più tradizionale di FCF.
Questo elemento è diventato progressivamente più rilevante, con tutti i nuovi unicorni che si sono quotati recentemente, come evidenziato in questo grafico.
Queste spese sono sempre complicate nell’analisi e valutazione di un’azienda, in quanto sono quasi sempre ignorate negli utili presentati dal management (adjusted EBITDA / adjusted cash earnings), ma soprattutto perché distorcono il calcolo dei flussi di cassa.
Dal punto di vista puramente contabile è corretto che siano ri-aggiunte nell’anno nel quale sono sostenute, perché non rappresentano un’uscita di cassa: ma sono comunque costi reali, se non ci fossero le assegnazioni di azioni/opzioni le spese per il personale sarebbero (molto?) più alte e quindi utili e flussi di cassa sarebbero inferiori. Ed anche se spesso sono bilanciate da un equivalente buyback da parte dell’azienda, questo non rientra nella definizione più tradizionale di FCF.
Questo elemento è diventato progressivamente più rilevante, con tutti i nuovi unicorni che si sono quotati recentemente, come evidenziato in questo grafico.
La tabella seguente è un’analisi spannometrica dell’impatto di SBC per un sotto-insieme di aziende prese in maniera semi-casuale da un indice SaaS (semi- perché volevo che fossero quotate da almeno 4 anni per avere una storia sufficientemente lunga). Negli ultimi 4 anni (o meglio 3,75 in quanto per il 2020 contano solo i primi 9 mesi), tutte hanno avuto flussi di cassa operativi cumulati positivi, e quasi tutte anche FCF cumulati positivi. Ma escludendo le spese per SBC, la situazione cambia completamente: nei casi migliori (Veeva, PTC, Salesforce, Paycom) i FCF effettivi sono tra 50% e 70% di quelli riportati, mentre molto spesso passano da positivi a (molto) negativi.
In media, SBC sono 20% del fatturato e ben 400% dei flussi di cassa operativi.
In media, SBC sono 20% del fatturato e ben 400% dei flussi di cassa operativi.
* SBC è Stock-Based Compensantion
** Calcolato al prezzo medio nell'anno di assegnazione
*** "nm" significa che il denominatore è negativo
Le aziende americane sono incentivate ad utilizzare le opzioni perché sono deducibili nel calcolo della tassazione, ed il loro massiccio utilizzo abbassa l’effettiva aliquota fiscale: se invece di azioni/opzioni i dipendenti ricevessero un ammontare equivalente in contanti, non solo i profitti operativi (anche adjusted) sarebbero inferiori, ma soprattutto le tasse sarebbero più alte, e quindi i FCF più bassi. Questo è un doppio beneficio che pesa molto sulle valutazioni correnti, basta guardare l’impatto sui multipli EV/FCF rispetto a quanto riportato da JP Morgan.
[Dall’altro lato bisogna anche riconoscere che i principi contabili penalizzano le aziende tecnologiche, in quanto i costi di R&D sono spesati immediatamente nel conto economico: se fossero capitalizzati ed ammortizzati su 5/10 anni, i profitti operativi sarebbero più alti ed i multipli più contenuti.]
Non solo: le azioni emesse nel periodo in esame (*) rappresentano in media il 15% di quelle oggi in circolazione ed il loro valore calcolato al prezzo medio dell’azione nel periodo di emissione è 3x quanto riportato nel rendiconto finanziario. Questo valore è una proxy di quanto queste aziende avrebbero dovuto spendere per riacquistare le proprie azioni soltanto per bilanciare la diluzione: e molte di loro non fanno buyback (si spererebbe perché ritengono che le azioni siano costose e sia meglio reinvestire nel business, in realtà è perché come abbiamo visto non hanno reali FCF in eccesso). Con i mercati sempre più euforici, il costo reale per gli azionisti è molto più elevato di quanto riportato.
Nuovi modelli di business e la crescente importanza degli intangibles (dei quali SBC è solo un aspetto) presentano numerosi problemi nell’analisi dei valori contabili: sono infatti necessari molteplici aggiustamenti a capitalizzazione, EV, EBITDA, FCF, utili, … che non sempre sono immediati con i dati a disposizione. Ancora più rischioso è fare affidamento su semplici metriche da un database (P/E, EV/FCF, ma anche ROE e ROIC) senza comprendere come sono determinati numeratore e denominatore.
(*) Questo include solo le azioni effettivamente emesse come compenso ai dipendenti, non le opzioni, perché sono le prime che diluiscono la partecipazione degli azionisti, non le seconde.
** Calcolato al prezzo medio nell'anno di assegnazione
*** "nm" significa che il denominatore è negativo
Le aziende americane sono incentivate ad utilizzare le opzioni perché sono deducibili nel calcolo della tassazione, ed il loro massiccio utilizzo abbassa l’effettiva aliquota fiscale: se invece di azioni/opzioni i dipendenti ricevessero un ammontare equivalente in contanti, non solo i profitti operativi (anche adjusted) sarebbero inferiori, ma soprattutto le tasse sarebbero più alte, e quindi i FCF più bassi. Questo è un doppio beneficio che pesa molto sulle valutazioni correnti, basta guardare l’impatto sui multipli EV/FCF rispetto a quanto riportato da JP Morgan.
[Dall’altro lato bisogna anche riconoscere che i principi contabili penalizzano le aziende tecnologiche, in quanto i costi di R&D sono spesati immediatamente nel conto economico: se fossero capitalizzati ed ammortizzati su 5/10 anni, i profitti operativi sarebbero più alti ed i multipli più contenuti.]
Non solo: le azioni emesse nel periodo in esame (*) rappresentano in media il 15% di quelle oggi in circolazione ed il loro valore calcolato al prezzo medio dell’azione nel periodo di emissione è 3x quanto riportato nel rendiconto finanziario. Questo valore è una proxy di quanto queste aziende avrebbero dovuto spendere per riacquistare le proprie azioni soltanto per bilanciare la diluzione: e molte di loro non fanno buyback (si spererebbe perché ritengono che le azioni siano costose e sia meglio reinvestire nel business, in realtà è perché come abbiamo visto non hanno reali FCF in eccesso). Con i mercati sempre più euforici, il costo reale per gli azionisti è molto più elevato di quanto riportato.
Nuovi modelli di business e la crescente importanza degli intangibles (dei quali SBC è solo un aspetto) presentano numerosi problemi nell’analisi dei valori contabili: sono infatti necessari molteplici aggiustamenti a capitalizzazione, EV, EBITDA, FCF, utili, … che non sempre sono immediati con i dati a disposizione. Ancora più rischioso è fare affidamento su semplici metriche da un database (P/E, EV/FCF, ma anche ROE e ROIC) senza comprendere come sono determinati numeratore e denominatore.
(*) Questo include solo le azioni effettivamente emesse come compenso ai dipendenti, non le opzioni, perché sono le prime che diluiscono la partecipazione degli azionisti, non le seconde.
ultrainteressante, soprattutto la tabella finale sul gruppo di aziende del settore e la "frode legalizzata" sul FCF a colpi di azioni in omaggio alla forza lavoro e come risultante una capitalizzazione da brividi. Ogni volta mi stupisco di come coi numeri si possa dimostrare che Gesù Cristo in croce sia morto di freddo. Siamo in un mondo di pazzi, ma è così, sbaglio io a non accettarlo. Grazie
RispondiEliminaNon la chiamerei “frode legalizzata”, dal punto di vista contabile è assolutamente legittimo e razionale (ed altre regole come R&D, penalizzano queste aziende).
EliminaPer necessità i principi contabili devono essere generalisti (non posso comprendere ogni singola, peculiare istanza), e quindi danno una buona ma non perfetta rappresentazione dell’azienda e del suo valore.
Basta saperlo, ad esempio che come minimo le opzioni/RSU risulteranno in diluzione degli azionisti esistenti.