venerdì 4 giugno 2021

Food delivery

Uno degli insegnamenti più importanti di Capital Returns è di dare più importanza al lato dell’offerta che a quello della domanda.
Questo perché analizzare il famoso TAM (Total Addressable Market) può aiutare a prevedere di quanto cresceranno i ricavi nel breve termine (che sembra essere l'unica cosa che interessa alla maggior parte degli analisti: “anche solo un decimo di un mercato infinito è sempre infinito!”), ma nel medio-lungo periodo è l’offerta che determina i margini e il ROIC, ovvero se l'azienda riuscirà a produrre sufficienti profitti da giustificare il prezzo pagato.

L’esempio più calzante è quello delle commodities, ma molte "piattaforme" sono nella stessa situazione: in particolare, l’intero settore di food delivery (sia da ristoranti che da supermercati) continua ad attrarre capitali. Le immagini qui sotto riguardano il mercato UK, ma le stesse identiche dinamiche sono presenti in Italia, con dozzine di spot pubblicitari e promozioni.

Tutta questa concorrenza è positiva per i consumatori [*], non certo per gli azionisti. DoorDash (DASH:US) si è quotata lo scorso dicembre a $102 e oggi tratta a $140, ma dopo aver toccato $215; Deliveroo (ROO:LN) si è quotata a marzo a £3,9 ed oggi tratta a £2,6 (-34%); Just Eat Takeaway.com (JET:LN) è forse l’azienda di successo, ma è comunque in calo di -37% dal picco raggiunto lo scorso ottobre.
[*] Di solito: i recenti aumenti dei prezzi e le commissioni aggiuntive di Uber e AirBnB, tra le altre, hanno fatto storcere il naso a molti clienti, al punto che le preferenze stanno tornando su hotel e taxi tradizionali.
   
I numeri qui sotto sono presi da un articolo di WSJ su dati di Deutsche Bank (ulteriori dettagli sono nell’immagine dal report di DB alla fine del post).
In maniera schematica:
  • L’ordine medio è di $24, che il cliente finisce però per pagare ben $36 (se non ci sono sconti e/o promozioni)
  • Di questi, il ristorante ne incassa solo $20
  • DoorDash riceve ~$5 (~20% del valore dell’ordine), con un profitto operativo inferiore a $1 (~4% del valore dell’ordine)
[Nota: non sono riuscito a riconciliare il valore indicato come “Remaining” che DoorDash riceve, assumo che sia comunque corretto.]

Da questo $1 di profitti, DoorDash deve pagare gli stipendi ed i costi del quartier generale (si spera contenuti), eventuali interessi passivi e tasse, ma soprattutto deve reinvestire per accrescere le sue quote di mercato per offrire un rendimento sufficiente ai suoi azionisti. Nell’articolo di WSJ, il COO di DoorDash ha definito food delivery come un business “cost intensive, low margin, scale-driven”.

E questo prima di considerare il principale rischio regolamentare per tutti gli operatori della gig economy: per fare solo alcuni esempi, Spagna, Olanda ed in parte Italia hanno già imposto a queste aziende di considerare i loro driver come dipendenti e non semplici collaboratori esterni (UK lo ha fatto per Uber).

Come molti concorrenti (ad esempio in Italia Glovo), anche DoorDash, UberEats e GrubHub stanno tentando di espandere la tipologia di consegne e raggrupparle per aumentare le economie di scala: ma nonostante tutti i tentativi di farli passare come disruptors, c’è molto poco di tecnologico in queste attività.

Mentre sembra in effetti esserci un first mover advantage (il tweet sottostante è del co-fondatore di Delivery Hero), il mercato – per lo meno per il momento - non è caratterizzato da “winner takes all” come molti prevedevano (e che è forse l’unico modo per il vincitore per raggiungere una redditività sufficiente, se ci riuscirà).
Nonostante la crescita continua e sostenuta, nelle parole del CEO di GrubHub, “food delivery is and always will be a crummy business” (“food delivery è e sempre sarà un business scadente”). 
 

Appendice: unit economics di DoorDash, GrubHub e UberEats

7 commenti:

  1. devo ancora leggere bene il tuo post, ma a colpo d'occhio vedo una miriade di concorrenti nel delivery (of food, of people), probabilmente finanziati dai geni del male del private equity (è un po' ironico, ma anche no).
    Mi pare un settore dove è facile iniziare ma difficile resistere, perchè i margini sono difficili da mantenere nel lungo termine.
    Io abito a Milano ed è tutto un viavai di ragazzi in bici spericolati - pagati due soldi e a cottimo, eccoli qui i margini - a consegnare cibo. E ora non si sarà più obbligati a stare in casa.

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  2. aggiorno...hai già detto tutto tu, bravo nuovamente

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  3. il game changer si avrà quando le consegne avverranno via drone; credo già in questo decennio

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    1. può essere, bisogna vedere cosa è possibile consegnare con drone e quanto costa su larga scala (i.e, bisogna spenderci!)

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  4. E' bello e futuristico pensarlo, ma ci vorrebbe prima il codice della circolazione di droni, gli obblighi antiterrorismo ecc. ecc. Mi pare un po' remota come possibilità

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  5. Mescolare Airbnb con i food delivery per me è un errore di valutazione.
    Piattaforme come Booking e Airbnb sono durissime da scalfire, hanno il così detto 'wide moat' di Buffett.
    Mentre per il food delivery ogni giorno ne nasce una nuova anche piccole e locali.

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    1. vero, ma per AirBnB la concorrenza non è solo da altre piattaforme, è anche sopratutto dagli hotels, ed alla fine è tutto su costo e convenienza.

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