lunedì 28 settembre 2015

McDonald’s: la prossima Tesco?

[Disclaimer: sono stato azionista di Tesco dal 2004 fino a pochi mesi fa: considerando il prezzo di acquisto ed i dividendi percepiti il rendimento è stato comunque positivo, ma di sicuro non un successo.]

Fino ad alcuni anni fa, Tesco era un’azione molto apprezzata dagli investitori value: non solo aveva Warren Buffett tra i maggiori azionisti, ma era spesso consigliata in forum come il Value Investor Club. Quando sono cominciati i problemi e gli utili sono crollati, molti continuavano a guardare ai fantastici risultati storici e ritenevano possibile un rapido turnaround (me compreso: grosso sbaglio…). 

Oggi McDonald’s (MCD:US) è un’azione molto popolare tra gli investitori value: Larry Robbins di Glenview Capital ritiene che valga fino a $169 rispetto agli attuali $98. Anche se gli utili recenti sono stati deludenti, in molti guardano ai rendimenti passati e pensano che un rapido turnaround sia possibile.

Con il senno di poi sappiamo che Tesco si è rivelata – almeno per il momento - piuttosto una value trap. E McDonald’s potrebbe esserne un’altra: non ha subito un crollo come Tesco (al contrario sta trattando attorno ai massimi, anche se dal 2012 non riesce a schiodarsi da $100), ma la tesi di chi sta investendo in MCD è molto simile a quella di chi ha investito in TSCO due-tre anni fa.

Guardando i risultati di lungo periodo, MCD sembra tutt’altro che un’azienda in crisi: la performance del prezzo ricalca in maniera speculare l’evoluzione dei fondamentali.

Negli ultimi anni, tuttavia, i problemi di MCD sono diventati palesi: sempre meno persone mangiano nei suoi ristoranti. Il numero di clienti negli US è diminuito di 1,6% nel 2013 e di 4,1% nel 2014; in Europa, di 1,5% e 2,2% nei due anni, rispettivamente. Questa non è una tendenza generalizzata, una sorta di revulsione per i fast-food, perché altre catene hanno invece aumentato sia fatturati/profitti che il numero di clienti.

Come spiegato in quest’articolo di Terry Smith sul FT, MCD deve capire se i suoi clienti target amano ancora i suoi prodotti o no, ed in caso di risposta negativa affrontare il problema: un turnaround non può prescindere da queste considerazioni, e non può essere focalizzato solo sull’ingegneria finanziaria come invece sembrano preferire il management e gli analisti che seguono l’azienda. 

Uno sguardo a McDonald’s
Negli ultimi 5 anni, MCD ha generato utili cumulati per $26,3 mld (i FCF sono stati appena meno, $25 mld); nello stesso periodo ha riacquistato azioni proprie (buyback, al netto di nuove emissioni per le stock options) per $12 mld e ha pagato dividendi per $14,3 mld. In altre parole, ha restituito tutti gli utili agli azionisti. Negli ultimi 15 anni il numero di ristoranti (gestiti + franchising) è cresciuto di 2,2% all’anno, da 26.272 a 36.258 (su periodi di 5 e 10 anni la crescita è simile attorno a 2% annuo). Qualsiasi strategia decida di perseguire, al momento MCD non sta accrescendo gli utili espandendo il numero di ristoranti o reinvestendo i flussi di cassa.

Tuttavia, grazie soprattutto all’espansione internazionale in franchising, è comunque riuscita migliorare il margine di profitto netto dal 12% degli anni 1990 a circa 20% (17% nel 2014): negli ultimi 15 anni, essenzialmente ha aumentato i prezzi in maniera superiore all’aumento dei costi (lavoro, materie prime, affitti ed altro). Riuscire d alzare i prezzi più dell’inflazione è senz’altro positivo, perché denota pricing power. Ma la domanda da farsi è: per quanto ancora può funzionare questa formula?


Ci sono poche aziende che sono riuscite ad aumentare il margine netto e mantenerlo al 20% per lunghi periodi di tempo: se i margini di MCD dovessero tornare ai valori storici, quello netto potrebbe attestarsi tra 12% e 15%. Questo vuol dire che per mantenere la crescita a doppia cifra di utili e dividendi ai quali l’azienda ha abituato gli azionisti è necessario un aumento a doppia cifra dei prezzi di hamburger e Happy Meal, perché il numero di ristoranti non sta aumentando ad un tasso sufficiente, e nemmeno lo è il fatturato medio per ristorante (che è cresciuto di 3,5% annuo negli ultimi 10 anni ma diminuito di 2% negli ultimi tre).

È molto dubbio che l’azienda possa ottenere questi aumenti, visto lo spostamento dei consumatori verso altre catene: se MCD semplifica il menu e si concentra su quello che ha sempre offerto, rischia di perdere i clienti che preferiscono soluzioni più salutiste; se invece continua ad espandersi in “altre” aree, la customer experience continuerà a deteriorarsi.  

Acquisizioni, riduzione dei costi e buybacks non sono fonti di crescita di elevata qualità. Tagliare i costi e riacquistare azioni sono certamente operazioni limitate: non si può pensare di contrarre il proprio business per crescere, se non per aumentare gli utili per azione, che come sappiamo non è una misura valida per misurare la creazione di valore di un’azienda.

Le analogie: eccellenti aziende con significativi vantaggi competitivi
Sia Tesco che MCD hanno sofferto di una diminuzione del fatturato medio per supermercato/ristorante: questo viene tipicamente attribuito dagli analisti ad un “perdita del focus sui clienti”.

Leggendo alcune analisi degli ultimi 2/3 anni, sia in blog specializzati che da parte del sell-side, sono molte le analogie tra le due aziende portate a sostegno di una tesi rialzista (le frasi in corsivo sono prese da questi report). Dopo essere diventato la maggior catena di supermercati in UK, Tesco intraprese un’ambiziosa campagna di espansione internazionale (Est Europa, Asia e California): un analista scriveva infatti nel 2012: “Poiché Tesco si è focalizzata così tanto sulle iniziative per la crescita, alcuni dei migliori manager e risorse sono state spostate fuori da UK”. In maniera simile, un altro analista ad aprile 2015 diceva di MCD: “La crescita dei clienti nel periodo 2013-2014 è stata negativa a causa di errori strategici ed inefficienze operative (ad esempio la proliferazione dei menu, con oltre 100 voci aggiunte negli ultimi 10 anni che hanno rallentato sia la velocità con la quale un ordine è servito sia la sua precisione)”.

Chi sosteneva Tesco due anni fa (incluso il sottoscritto…) e chi sostiene MCD oggi soffre della sindrome del passato: queste aziende sono eccellenti ed i problemi attuali sono solo una deviazione temporanea da fenomenali risultati di lungo periodo. Sempre secondo gli analisti due anni fa: “Tesco è uno dei migliori retailers al mondo”, “una franchigia con una lunga storia di crescita e rendimenti superiori”. Allo stesso modo, “MCD è un’azienda di elevata qualità con un brand unico”, oltre che “un leader di mercato in un settore in crescita ma allo stesso tempo difensivo, con significativi vantaggi competitivi ed un business model stabile”.

Entrambe le aziende hanno significative economie di scale: Tesco riesce a pagare i prodotti meno dei competitor; MCD è invece la catena di fast-food con il maggior numero di punti in tutto il mondo. Entrambe le aziende possiedono proprietà di enorme valore: secondo un’analista, le sole proprietà di MCD potrebbero valere $140 miliardi, mentre Tesco, a differenza di altri supermercati, possiede il 70% dei propri immobili, “per un valore superiore alla propria capitalizzazione”. Entrambe le aziende hanno promosso al ruolo di CEO un giovane manager molto promettente che proveniva dal guidare l’espansione internazionale. Philip Clarke, il precedente CEO di Tesco, oggi rimpiazzato, “ha fatto un ottimo lavoro nel consolidare i nuovi mercati esteri”, mentre Steve Easterbrook, il nuovo ed attuale CEO di MCD, “è accreditato del successo del turnaround dell’attività di MCD in UK nella seconda metà degli anni 2000”.

Le conclusioni? “(Nel 2011) riteniamo che un investimento in Tesco offra un eccellente rapporto rischio/rendimento per chi ha un orizzonte di 3-5 anni.” “(Nel 2015) ritengo che MCD sia una convincente opportunità di investimento per i prossimi 3-5 anni.

Pensieri finali
Quest’analisi è molto superficiale: Tesco e McDonald’s hanno molte differenze in termini di domicilio, settore di appartenenza, business model, …  In particolare, per MCD non si nota un significativo aumento degli assets con conseguente diminuzione del ROIC, come invece è successo per Tesco. Anche se in entrambi i casi è aumentato il debito, salito per MCD da $8 mld nel 2006 ad oltre $15 mld oggi (un livello comunque gestibile con tranquillità), ai quali vanno aggiunti altri $13 mld in leasing operativi: anche Tesco ha fatto un massiccio uso di veicoli finanziari off-balance sheet.

Non so se MCD avrà gli stessi problemi che ha avuto Tesco: quello che ho notato è che le tesi portate a favore di Tesco (sbagliando, con il senno di poi) sono le stesse portate per MCD nel suo tentativo di reinventarsi. Con una importante differenza: prima di collassare Tesco trattava ad un P/E di 10x-12x, mentre MCD tratta ad un P/E di 21x. Se il costo del lavoro diventerà più gravoso (in particolare nei paesi emergenti), i margini potrebbero effettivamente contrarsi, che causerà un de-rating dei multipli (P/E, EV/sales) assegnati. 

MCD ha tutte le caratteristiche di un potenziale undervalued turnaround, con il piccolo particolare che non è undervalued in termini di rischio/rendimento…

6 commenti:

  1. Ciao Matteo,

    Leggo il tuo blog con piacere, scrivi sempre articoli molto interessanti.
    Su MCD provo a dare il mio obolo. A parte il fatto che Tesco e MCD sono totalmente differenti come business (come hai scritto anche tu), al di là del fatto che MCD è "quasi un REIT" per tutti i suoi possedimenti immobiliari, il nuovo CEO ha gia mandato in produzione una serie di negozi "pilota" dove il cliente puo personalizzare il cibo in tutti i suoi aspetti.
    Sono catene piu "upmarket", con prezzi piu alti e servizo molto diverso dall'esperienza classica e piu mainstream di MCD.

    Questo per me non significa che l'azienda è comunque sotto attacco da varie altre catene (Chipotle in testa), ma per ora sta cercando di cambiare approccio. Sulla GMS (o GDO) è difficile cambiare l'esperienza del consumatore...

    Non aggiungerò posizioni in MCD a meno che non torni sugli 85/80$ ma non penso che sia un'azienda proprio al capolinea...

    Ciao ciao e complimenti ancora per il blog!

    Stal

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    1. Grazie per i commenti.

      Non credo che MCD sia decotta (non lo è nemmeno TSCO, anche se ha bisogno di una significativa ristrutturazione), ma le analogie sono molte.

      Capisco i nuovo ristoranti più “upmarket”, ma questo è l’esatto opposto del core business di MCD: chi va da MCD vuole cibo veloce a costi molto contenuti, chi preferisce un hamburger di qualità ed è disposto a pagare di più va da un’altra parte. Ed il punto sulle proprietà immobiliari è uno dei grossi errori fatti su TSCO: varranno anche tanto, ma se sono di MCD e le vuole dismettere, a chi le vende? L’unica opzione è cederle ad un’altra catena di fast-food, ma quelle di cui vorrà disfarsi sono quelle meno di prestigio, e non ci saranno tanti acquirenti. Quindi, al mq le proprietà valgono molto, ma venderle a quel prezzo è un altro paio di maniche.

      Soprattutto, visto che conosci l’azienda meglio di me, puoi rispondere a questa domanda: da dove può venire la crescita per “giustificare” un P/E di 20x? I buyback da soli non potranno generarla, tralasciando che negli ultimi anni sono stati fatti ingenti ri-acquisti con il prezzo ai massimi, non il modo migliore per impiegare i FCF.

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    2. Anch'io come te sono caduto nella value trap di Tesco nel 2013. Titolo putroppo venduto in discreta perdita.
      Il fatto che fosse nel portafoglio di Buffett (che poi ha disinvestito anche lui) mi ha indotto ancor più a cadere nell'errore.
      Tuttavia già al momento di comprare avevo delle perplessità dovute in particolare ai margini bassi e al FCF inesistente.
      Mi sembra che questi due aspetti la differenziano parecchio da Mc Donald (che mi sono comunque astenuto dal comprare ritenendo più a "naso" che altro a rischio il suo "moat" di lungo termine).

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    3. importante in maniera indiretta per MCD (http://www.nytimes.com/2015/10/04/upshot/soda-industry-struggles-as-consumer-tastes-change.html?_r=1) e diretta per PEP/KO

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    4. IMHO la profonda differenza che sta sta MCD da una parte e KO/PEP dall'altro è che MCD ha numerosi ed agguerriti concorrenti. Le altre due no. Secondo me sono nella situazione di Philip Morris ad inizio negli anni '90 che nonostante le vendite in calo continuo ha assicurato comunque dei rendimenti fantastici agli azionisti. Che ne pensi?

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    5. Probabile. Non conosco così bene KO/PEP per dare un giudizio di "assoluta verità": la mia impressione è che ci siano due tendenze opposte che impattano sulle due aziende.

      La prima è l'aumento della ricchezza pro-capite nei paesi emergenti che li spinge a fare quello che fanno nei paesi sviluppati (bere Coca, etc...); dall'altro la ricerca di soluzioni più salutiste nei paesi sviluppati, dove è chiaro il legame tra obesità e bibite carbonate. Il Messico è il paese con il più alto consumo di Coca-Cola pro-capite (più degli US) ed anche quello con più malati di diabete (più degli US...)

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