È quindi il momento di cominciare ad accumulare attività in EM in perfetto stile contrarian?
Not so fast. È vero che molti mercati appaiono decisamente a sconto (Russia e Brasile in primis), ma lo sono per un buon motivo. E molti mercati non hanno ancora subito un vero e proprio crollo: queste situazioni di solito finiscono con un bang, mentre fino ad oggi abbiamo assistito ad una “normale” debolezza. Due sono le incognite principali che continuano a pesare su queste nazioni:
- il problema irrisolto dei debiti in valuta “forte”, che l’apprezzamento del dollaro ed il rallentamento delle loro economie hanno reso ancora più pressante;
- l’attuale posizionamento del mercato.
La linea rossa scura mostra l’andamento di un indice di JP Morgan che misura l’andamento dei tassi di cambio spot di 10 valute emergenti: questo indice è oggi ai minimi storici e suggerirebbe una significativa sottovalutazione se queste valute dovessero essere mean-reverting. Internet ed i giornali sono pieni di “esperti” che spiegano come questo sia assolutamente il momento di comprare questi mercati, e sono sicuro che in questi giorni molti private banker stanno mostrando ai loro clienti grafici come questo per invogliarli ad investire.
L’altra linea, quella rosa, mostra invece la performance di una strategia di currency carry trade che utilizza le stesse valute dell’indice JP Morgan ma include anche il differenziale dei tassi d’interesse, in questo caso rispetto al dollaro. Anche i rendimenti di questa strategia sono stati deludenti negli ultimi anni, ma su periodi medio-lunghi molti traders sono ancora in attivo (ad esempio chi è entrato nel 2009) o hanno perdite contenute.
Le strategie di carry trading sono da sempre molto volatili, basta vedere il 2008: ed avere un sano appetito per il rischio è solamente una condizione necessaria ma non sufficiente per un investimento. Per avere successo nel lungo termine bisogna infatti essere in grado di evitare perdite permanenti del capitale, come succede ad esempio con le svalutazioni ed i default che caratterizzano questi mercati: il “premio” pagato sotto forma di interessi più alti è spesso infatti una forma di “risarcimento” per una possibile (probabile?) svalutazione. Quali sono le probabilità che una semplice strategia di buy&hold su un paniere di queste valute componga positivamente il capitale nel lungo periodo come è successo dall’inizio del millennio ad oggi? In fondo la interest rate parity suggerisce che, in media, non ci si può attendere un rendimento superiore dall’investire in valute con interessi più alti.
Grazie agli eccellenti risultati fino al 2011, queste strategie sono diventate di moda anche per molti investitori retail, ed in un mondo affamato di rendimenti sono proliferati gli strumenti che promettevano performance migliori dello zero virgola qualcosa offerto dai Treasury, spesso sotto forma di note o certificati con capitale protetto e simili.
La storia ci insegna che questi “principianti” non hanno in genere né lo stomaco per sopportare l’aumentata volatilità, né la capacità di differenziare tra i vari mercati: molti di loro stanno cominciando solo adesso a sperimentare l’ottovolante delle strategie di carry trade. Come detto in precedenza riguardo il settore energetico, il vero bottom sarà quando cominceranno a cristallizzarsi significative perdite permanenti…
Ciao Matteo, anche se solo da poco ho "scoperto" il tuo blog, lo reputo molto interessante anche perchè l'ottica di value investing sposa anche la mia filosofia...continua così!!
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