mercoledì 27 aprile 2016

ROIC: maneggiare con cura

Aprite un qualsiasi blog/forum finanziario e troverete una marea di analisi basate su ROIC e ROE. Un elevato rendimento del capitale investito è considerato infatti il sacro Graal: è indice di qualità, sinonimo di moat durevole e la chiave per ingenti e sostenuti profitti futuri.

Questo concetto ha il sigillo di approvazione di Warren Buffett, ed è famosa una frase di Charlie Munger:

“Over the long term, it's hard for a stock to earn a much better return than the business which underlies it earns. If the business earns 6% on capital over 40 years and you hold it for that 40 years, you're not going to make much different than a 6% return, even if you originally buy it at a huge discount. Conversely, if a business earns 18% on capital over 20 or 30 years, even if you pay an expensive looking price, you'll end up with a fine result. So the trick is getting into better businesses.”

E questa è una slide che ho trovato in una recente presentazione di un fondo, peraltro gestito molto bene.

Se si guarda agli ultimi 10, 20 o 30 anni, vi è una notevole correlazione tra elevato (e, molto più importante, stabile) ROIC e le migliori azioni. Chi non adora un’azienda che genera elevati profitti con pochi investimenti?

La questione, come sempre, è nell’interpretazione dei risultati, nonché nella loro precisa determinazione: se prendete 10 libri di testo/presentazioni di gestori, troverete almeno 5 differenti definizioni di ROIC… E come qualsiasi metrica finanziaria, anche per ROIC vale il principio GIGO: “garbage in, garbage out”.

Vediamo con un esempio: consideriamo una tenuta agricola, della dimensione di 1 ettaro, che non ha altri assets (tutte le macchine sono in affitto, etc..) e nessuna passività. Un terreno da coltivazione in pianura costa oggi in Italia in media €34.000/ettaro (fonte: CREA, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria; c’è ovviamente molta dispersione nei prezzi, a seconda della posizione, regione, tipo di semina, …, ma questo è ininfluente per la discussione). Il capitale investito dalla nostra azienda che comincia oggi è quindi €34.000.

Giusto per mettere qualche cifra, la resa di un ettaro coltivato a pomodori può arrivare in un anno a 150 tonnellate. Con un prezzo all’ingrosso di €90/tonnellata, abbiamo un fatturato di €13.500; togliamo €11.000 di spese operative (stima) ed abbiamo un margine di €2.500. Considerando una tassazione del 35% (€875), il profitto netto è di €1.625/anno. Possiamo discutere sui numeri e sui fondamentali del settore agricolo, ma con questi dati il ROIC del mio ettaro di terreno, misurato come NOPAT/capitale investito, è di 4,8%: non eccezionale, ma l’attrattiva degli investimenti agricoli è nel non dover reinvestire continuamente nel business e nell’aumento di valore dei terreni (ma questo è materiale per un’altra discussione). 

Supponiamo adesso che il terreno sia stato acquistato invece agli inizi degli anni 1990, quando costava l’equivalente di €18.000: poiché il reinvestimento è nullo, tutti i profitti degli ultimi 25 anni sono stati distribuiti come dividendi ed il capitale è pertanto sempre di €18.000. Stesso terreno, stessa coltivazione, stessa resa, ma adesso il ROIC è di 9,0%. Il fatto che sia migliore, però, è una questione puramente semantica, e dipende dall’utilizzo dei principi contabili.
Un ROIC elevato è solo il punto d’inizio dell’analisi, ed in molti casi può essere fuorviante. Ci sono aziende manifatturiere che hanno macchinari comprati quaranta anni fa, oggi completamente ammortizzati ma perfettamente funzionanti: il loro ROIC è infinito? Età e durata degli assets, liquidità disponibile, dividendi, buyback, goodwill/intangibles, modalità di finanziamento, ammortamenti, tasse, dinamiche dell’industria, e molti altri elementi devono essere considerati prima di scartare un’azienda come a “basso ROIC”.

Questo è strettamente correlato con l’idea che sovrapagare per aziende con alti ROIC è comunque accettabile, perché gli utili che il business genererà in futuro saranno più che sufficienti per un buon rendimento. È possibile? Matematicamente si, ma è facile passare da questo alle “nifty-fifty” degli anni 1960 o alla bolla Internet degli anni 1990. In entrambi i casi, l’idea era che un “flusso infinito di utili futuri scontato ad oggi (a qualsiasi tasso) vale sempre infinito, quindi non importa quanto paghi oggi per un’azione!”. A rischio di ribadire l’ovvio, questo è naturalemnte un errore: per chi vuole la riprova, ripassatevi il Paradosso di St. Petersburg.

Sovrapagare per qualcosa non è mai una buona idea. Ricercare aziende con elevati ROIC/ROE può essere una buona strategia, ma non va confusa con “margine di sicurezza”: ROIC riguarda cosa potrà accadere in futuro (i.e. vantaggi competitivi), mentre il margine di sicurezza è una ripiego nel caso abbiamo commesso un errore nel prevedere il futuro.

Non lasciatevi convincere da qualcuno a pagare 2x il capitale investito per la tenuta agricola #2 qui sopra, quando potete avere la tenuta #1 (identica) a 1x.

Alla fine, il prezzo pagato è (quasi) tutto.

2 commenti:

  1. Molto interessante. Le due tenute hanno lo stesso ROIC solo utilizzando il Reproduction Cost of Asset. E LA varianza so trasferisce sul valutatore.
    Devo dire che neanche Greenblatt convince molto sul fatto che Roic significa Good Businesses.

    RispondiElimina
  2. Molto interessante. Le due tenute hanno lo stesso ROIC solo utilizzando il Reproduction Cost of Asset. E LA varianza so trasferisce sul valutatore.
    Devo dire che neanche Greenblatt convince molto sul fatto che Roic significa Good Businesses.

    RispondiElimina