Rocket Internet (RKET:GR) è un’azienda che avevo guardato già lo scorso anno: si tratta di un incubatore di start-up che è sotto del 50% rispetto al prezzo dell’IPO nel novembre 2014 ed è una delle aziende più shortate in Europa.
Parte del problema è che nonostante l’elevata crescita dei fatturati, molte delle aziende in portafoglio continuano a generare perdite significative. Come detto nel post originario: “Non è che il modello non funzioni, è che generare fatturati è molto più semplice che generare profitti.”
Lazada
Lo scorso 12 aprile RKET ha ceduto per €137 milioni ad Alibaba il 9,1% di Lazada, per una valutazione implicita di €1,5 miliardi. Poiché Alibaba procederà anche ad un aumento di capitale da €500 milioni (oltre ad acquistare parte delle quote detenute da Kinnevik e Tesco ottenendo così la maggioranza dell’azienda), post-operazione RKET si troverà con una partecipazione rimanente di 8,8% - sulla quale ha una put per vendere ad Alibaba stessa tra 12 e 18 mesi - in un’azienda valutata €2 miliardi. Il valore pro-quota sarà di €176 milioni: aggiungiamo i €137 milioni ricevuti ed abbiamo una valorizzazione di €313 milioni, un “guadagno” (sulla carta) di 36% rispetto alla valutazione implicita di €230 milioni di un anno fa. Un rendimento niente male, ma nemmeno eccezionale considerando che se il premio pagato include il cambiamento nel controllo dell’azienda non vi è invece niente per la crescita futura attesa: gli investitori in venture capital si aspettano in genere qualcosa di più. Nonostante tutto, è stata probabilmente la scelta giusta, considerando che Lazada è lontana almeno due anni da una IPO e che in questo modo RKET ha adesso come partner il gigante dell’e-commerce asiatico.
Food & delivery
Dopo questa transazione, oltre il 60% del NAV di RKET sarà nel segmento “food & delivery”, soprattutto nei due unicorni rimasti, HelloFresh e Delivery Hero.
Queste due start-up stanno crescendo a ritmi vertiginosi: ad esempio, nel 2015 HelloFresh ha raggiunto 615mila sottoscrittori (+255% rispetto al 2014) ed un fatturato di €305 milioni (+338% rispetto a €70 milioni del 2014). Il problema è che Adjusted EBITDA (l’unica metrica riportata da RKET) è anch’esso passato da una perdita di €12 milioni ad una di €86 milioni. Questo perché sia HelloFresh che Delivery Hero (come anche Global Fashion Group) stanno continuando a reinvestire nell’espansione di prodotti e mercati.
A differenza di quanto fatto a febbraio, quando i proventi dalla vendita di assets non-core sono stati destinati al buyback di €150 milioni del convertibile emesso lo scorso anno (una delle principali ragione per le quali il mercato è così short l’azione), gran parte della liquidità ricavata da Lazada sarà con ogni probabilità reinvestita in queste due start-up. A questo dobbiamo aggiungere che RKET è azionista di maggioranza (56%) in HelloFresh, ma di minoranza (37%) in Delivery Hero, il cui fondatore Niklas Ostberg ha dichiarato che sarà a lui a decidere quando procedere ad una IPO, non RKET.
Visioni differenti?
Uno dei primi sostenitori di RKET nel 2010 è stato il fondo svedese Investment Kinnevik AB (KINVB:SS), originariamente una holding company nei settori della carta e del legno e che oggi investe anche in e-commerce ed online banking. Kinnevik ha finanziato sia RKET (oggi è il secondo azionista dopo i fratelli Samwer con una quota di 13,2%) che alcune delle start-up per un totale di quasi €2 miliardi nel corso degli anni: ad esempio, KINVB possiede ancora oggi il 31% di Zalando, che è stata quotata nel 2014 e tratta ad un prezzo del 30% superiore rispetto a quello dell’IPO.
Quello che è più interessante è che KINVB presenta nei suoi report annuali valutazioni implicite di queste start-up a valori molto più bassi di quelli riportati da RKET stessa. La differenza è dovuta al fatto che RKET basa le proprie valutazioni sull’ultimo round di finanziamenti, mentre KINVB preferisce utilizzare le vendite degli ultimi 12 mesi ed applicare un multiplo preso da aziende quotate simili. Per essere chiari, entrambi i metodi sono perfettamente accettabili secondo i principi contabili IFRS.
Fonte: bilanci di RKET e KINVB, valutazioni in milioni di euro.
* Prima dell’ultimo round di finanziamenti (vedi sotto).
Non è un punto secondario: il mercato è diventato molto più scettico sul valore dei cosiddetti unicorni attribuito nei finanziamenti degli scorsi anni. E RKET non aiuta molto su questo fronte, fornendo poche metriche finanziarie per le aziende in portafoglio.
Questo è diventato visibile la settimana scorsa, quando RKET ha annunciato un nuovo round di finanziamenti per €300 milioni per Global Fashion Group, un retailer online simile a Yoox posseduto al 26% da KINVB (che investirà €200 milioni) ed al 22,5% da RKET (che invece investirà €100 milioni). Implicita nell’aumento di capitale è una valutazione corrente di circa €1 miliardo, ben al di sotto dei €3 miliardi che RKET aveva riportato alla fine del primo trimestre, e più basso anche dei €1,7 miliardi impliciti nella valutazione di Kinnevik.
Alla fine RKET è un fondo di venture capital quotato (vedere ad esempio il nuovo fondo di co-investimento per €420 milioni lanciato ad inizio anno, al quale non partecipa KINVB): fa soldi solo quando porta sul mercato o vende a qualcun altro le aziende che ha finanziato. Questo modello di business – con flussi di profitti incerti e molto variabili - funziona bene quando si raccolgono capitali da limited partners (LPs) che sono “bloccati” per diversi anni; funziona molto meno bene quando si è sottoposti quotidianamente agli umori del mercato.
RKET ha promesso una “grossa” IPO entro il 2017: se non sarà Delivery Hero (per la reticenza del co-fondatore), dovrebbe toccare a HelloFresh, che però potrebbe non essere ancora pronta finanziariamente. I rumours dicono che RKET abbia già sondato gli investitori per l’IPO di HelloFresh lo scorso anno ma abbia poi desistito a causa della bassa valutazione. I mercati sono molto meno “pazienti” con le start-up che non producono utili, come si evince dal fatto che ex-star come Twitter e Box sono ben al di sotto del prezzo di quotazione e che quest’anno non ci sia stata una singola IPO tecnologica negli US.
Data la mia predilezione per holding/investment companies e closed-end funds, Kinnevik è un’azienda che seguo da qualche tempo, e che condivide alcuni dei “problemi” di RKET: un prezzo di mercato ben inferiore al NAV degli investimenti in portafoglio. Lo sconto è di 40% per RKET e circa 20% per KINVB, data la sua partecipazione in più aziende quotate che è più facile valutare.
Nonostante lo sconto inferiore (ma il NAV di RKET è maggior soggetto a revisioni verso il basso), Kinnevik è di gran lunga una proposizione migliore in termini sia di corporate governance (sta infatti ricomprando le proprie azioni) che di trasparenza nella valutazione dei propri investimenti.
ad una prima occhiata sembra che Investment Kinnevik AB dal 2002 ad oggi abbia creato molto valore per i suoi azionisti (inteso come crescita del Book Value per Share + dividendi) ...se i numeri della mia banca dati non son sbagliati, siamo intorno ad un CAGR 20%
RispondiEliminaVisto il tuo interesse per holding/investment companies e closed-end funds, mi chiedevo se hai mai preso in esame Senvest Capital (TSX: SEC): nello stesso periodo ha creato valore per i propri azionisti con un CAGR intorno al 24% e lo sconto sul NAV è nell'ordine del 40%
Altra società che se non conosci magari potrebbe interessarti è Brait SE (JSE: BAT)
Delle 3 comunque Senvest ha la metodologia di calcolo del NAV più conservativa, e per di più tratta ad un maggior sconto
Se mai avrai voglia e tempo, sarei curioso di sapere cosa ne pensi di queste due società.
Buon fine settimana
Luca
Brait non l'avevo mai sentita, Senvest avevo provato a guardarla qualche mese fa: il problema è che non mi era chiaro, nel consolidamenteo dei conti, chi possedeva cosa (gli investitori nei fondi o gli azionisti della holding)
EliminaBella questa analisi.
RispondiEliminaL'unica cosa che sapevo di Rocket Internet è che si è comprata Pizzabo per 50 milioni dal fondatore e l'ha rivenduta a Justeat poche settimane fa, dopo un anno, per 150 milioni.
è vero, ma il prezzo ottenuto (€125 milioni) non è solo per Pizzabo, ma anche per altre attività in Italia, Spagna, Brasile e Messico.
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