mercoledì 22 giugno 2016

“Capital Returns”

Anche se “anomalo”, Capital Returns: Investing Through the Capital Cycle - A Money Manager's Reports 2002-2015 è senz’altro uno dei migliori libri di finanza che abbia mai letto. Si tratta di una serie di memorandum scritti dai gestori di Marathon Asset Management sia per discussioni interne che per i loro clienti e raccolti da Edward Chancellor, a sua volta autore del pregevole Devil take the hindmost. Esiste anche un “prologo”, Capital Account: A Fund Manager Reports on a Turbulent Decade 1993-2002, che copre il decennio precedente (crisi asiatica e bolla Internet).

Sul sito e più volte nel libro, Marathon descrive così il suo approccio:
“At the heart of Marathon’s investment philosophy is the capital cycle approach to investment. It is based on the idea that the prospect of high returns will attract excessive capital (and hence competition), and vice versa. In addition, an assessment of how management responds to the forces of the capital cycle and how they are incentivised are critical to the investment outcome.”
Marathon non è probabilmente tra gli asset manager più famosi, ma se guardiamo il track record è evidente che questo metodo funziona: i vari fondi hanno costantemente sovra-performato i rispettivi benchmark di 3%-5% l’anno su periodi di 3, 5, 10 anni ed oltre. Ad esempio, lo European Equity Fund dal 1987 ad oggi ha avuto una performance annua di 13%, rispetto a 8% per MSCI Europe.

Questa filosofia richiede pazienza (la permanenza media di un titolo in portafoglio è oggi di 7.5 anni!), ostinazione (accettare di essere in errore per lunghi periodi) ed una mentalità contrarian. Per loro stessa ammissione hanno sempre fatto molta fatica a spiegarla ai vari consulenti (non li vedrete mai in nessuna testata finanziaria discutere domande del tipo: “Dove consigliate di investire oggi?”), mentre hanno avuto più successo trattando direttamente con fondi pensione e fondazioni, soprattutto negli US, perché questi investitori impiegano spesso persone che hanno esperienze lavorative al di fuori del mondo finanziario, e la loro risposta più comune all’approccio di Marathon è: “That’s just common sense.” Troppi invece continuano a guardare solo appena oltre il loro naso: “Il PIL si riprenderà o gli utili aziendali saranno in diminuzione? Il rally nei mercati emergenti continuerà? E se la Yellen alza i tassi?”

Ho definite il libro anomalo perché non segue una classica narrativa, ma è piuttosto organizzato per argomenti affini:

  • L’impatto del ciclo del capitale su vari settori: auto, commodities, birra, pesca del merluzzo, …
  • Value in growth”: come già detto, la dicotomia tra growth e value è un falso problema, e soprattutto non è una questione di multipli bassi vs. multipli elevati
  • L’importanza del management: incentivi, allocazione del capitale, proprietà familiare, cultura aziendale, …
  • Accidents in waiting” e “Living deads”: Anglo Irish ed il settore bancario irlandese, settore immobiliare spagnolo, private equity, …
  • Cina: data l’importanza che una razionale allocazione del capitale riveste nel processo di Marathon, non sorprende che gli investimenti in Cina siano stati una rarità
  • “Nella mente di Wall Street”: divertenti lettere natalizie scritte nello stile degli investment bankers
Questo focus ha permesso loro di identificare, ben prima che si palesassero, molti dei problemi degli ultimi anni (CDOs, settore immobiliare, PIIGS, commodities) e quindi di evitarli. Dall'altro lato, sono altrettant aperti a discutere gli errori che hanno commesso: ad esempio quando hanno calcolato male i benefici della consolidazione in settore in difficoltà, o quando una posizione dominante non è stata sufficiente a reggere l’urto della tecnologia digitale (HMV, Kodak, EMI, Blockbuster, oltre al settore finanziario, Bear Stearns, Bradford & Bingley, MBIA).

Ciclo del capitale
In un sistema capitalistico, il capitale si muove verso i business che hanno elevati rendimenti (ROIC, ROE) ed abbandona quelli che hanno rendimenti mediocri. E questo processo non è ovviamente statico, bensì dinamico. L’influsso di capitali in un settore porta a nuovi investimenti, che a loro volta fanno aumentare la capacità e l’offerta di beni/servizi, spingendo verso il basso i rendimenti del capitale. Al contrario, quando i rendimenti sono bassi, il capitale abbandona quell’industria e, nel tempo, la redditività migliora. Più importante, i movimenti di capitale impattano la competizione all’interno del settore, spesso in maniera prevedibile. Molti investitori dedicano più tempo a pensare al lato della domanda invece che a quello dell’offerta: ma la domanda è più difficile da prevedere dell’offerta. Per gli economisti tra di voi, questo è simile al processo shumpeteriano di “creative destruction”.

Allo stesso modo questa metodologia può essere utilizzata per identificare quelle aziende che sono in grado di respingere la concorrenza. Marathon cerca infatti di investire in due fasi del ciclo. All’interno dell’universo delle aziende denominate (erroneamente) “growth”, cercano quelle con un moat e rendimenti più sostenibili nel lungo periodo di quello che il mercato si aspetta (vogliamo chiamarle di qualità?): aziende in settori con dinamiche dell’offerta favorevoli e sostenibili possono giustificare valutazioni più elevate. Tra quelle invece definite “value”, che corrispondono spesso ad aziende con bassi rendimenti, cercano quelle nei quali è possibile un miglioramento, di nuovo sottostimato dal mercato. In entrambi i casi, la velocità di mean-reversion è spesso male interpretata dal mercato, e questo mis-pricing è sistematico: la mente umana tende a trarre conclusioni da piccoli campioni (rappresentanza: considerare un campione ristretto come valido per l’intera popolazione) ed è propensa a fare previsioni lineari nonostante la maggior parte dell’attività economica sia ciclica (ci sono cicli del credito, della liquidità, del commercio, dei profitti, delle commodities, del settore immobiliare, …, e naturalmente del capitale).

Management matters!
La seconda idea centrale del libro è che la capacità del management di allocare il capitale è fondamentale, e che uno dei problemi principali è la presenza di incentivi asimmetrici. I bonus dei CEO sono troppo spesso collegati a metriche di breve periodo, come la crescita degli utili per azione o la dimensione dell’azienda, che portano a favorire la crescita a tutti i costi ignorando le conseguenze di lungo periodo.

Allo stesso modo, questa miopia colpisce il sell-side (e parte del buy-side): gli investment bankers sono pagati in base alle commissioni che generano e non per le conseguenze che le transazioni (emissioni azionarie/obbligazionarie, IPO, M&A, …) possono avere sugli azionisti. Analogamente, gli analisti sono pagati sul turnover, e quindi di nuovo le commissioni, che i loro consigli generano. Nessuno di loro è interessato al lungo periodo: in un mondo ciclico, troppi ragionano in termini lineari.

Al contrario, Marathon preferisce aziende nei quali il management è in carica da un po’ di tempo (così da poter giudicare le decisioni passate), che ha i giusti incentivi (ad esempio, aziende nelle quali vi è una famiglia come azionista rilevante) e la giusta cultura (paesi nordici vs. Europa del sud; per gli stessi motivi evitano le aziende il cui board è dominato da management consultant ed investment bankers). Il libro è pieno di esempi nei quali questo, purtroppo, non accade.

2 commenti:

  1. Salve, i fondi Marathon sono acquistabili dal piccolo investitore?
    Grazie

    RispondiElimina
    Risposte
    1. purtroppo no (magari!): sono solo per istituzionali, minimo $25 milioni

      Elimina