giovedì 16 giugno 2016

Silicon Valley blues

Un po’ di schaudenfreude, ben consapevole che per ognuno di questi fallimenti ci sono invece dozzine di aziende di successo.

1. Groupon 
Quotata nel 2011 ad una valutazione di $13 miliardi, oggi ne capitalizza $1,8 miliardi e dalla sua fondazione ha ancora problemi a generare profitti e flussi di cassa positivi. L’ex CEO Andrew Mason è stato votato il peggiore amministratore del 2012.

Performance: -84% da IPO


2. Zynga  
Situazione molto simile alla precedente: quotata sempre nel 2011 a $10, per una valutazione di $7 miliardi, oggi tratta a $2,5 per una capitalizzazione di $2,2 miliardi.

Performance: -75% da IPO

3. LendingClub  
Forse la più famosa piattaforma di peer-to-peer lending, un mese fa ha licenziato il CEO Renaud Laplanche dopo aver scoperto “errori contabili” nella collateralizzazione di alcuni prestiti ad un investitore istituzionale. Si è anche scoperto che sia il CEO che un altro membro del consiglio avevano una partecipazione, non dichiarata, in un fondo che comprava prestiti da LendingClub e nel quale l’azienda stava a sua volta facendo un investimento. [Non va molto meglio al concorrente OnDeck, mentre i rumours indicano Vouch come prossimo a chiudere.] 

Performance: -70% da IPO

4. Theranos
Elizabeth Holmes, una drop-out di Stanford, è diventata una star di Silicon Valley nonché miliardiaria a 31 anni: l’azienda da lei fondata (produce kit per l’analisi del sangue e l’identificazione delle malattie più economici e veloci dei test in laboratorio) è stata valutata $9 miliardi. Peccato che recentamente questi test siano stati messi sotto accusa per la scarsa accuratezza dei risultati e che l'azienda sia addirittura sotto investigazione criminale da parte delle autorità federali. Il suo patrimonio è oggi valutato a $0

Performance: non disponibile

5. Powa Techlogies (www.powa.com non esiste più…)
Il CEO Dan Wagner aveva affermato che PowaTag, una specie di scanner che consente di fare acquisti tramite smartphone direttamente nei negozi o sulle piattaforme online, avrebbe permesso a Powa di diventare “la più grande azienda tecnologica di tutti i tempi”. Lo scorso febbraio Powa, valutata $2,7 miliardi nell’ultimo round di finanziamenti, ha dichiarato bancarotta quando si è scoperto che i suoi “presunti” partners elencati nelle presentazioni agli investitori non erano in realtà molto interessati ad usare i suoi prodotti

Performance: -100% (stimata)

6. Gilt Groupe
Specializzata nelle vendite lampo (“flash sales”), Gilt è stata valutata $1,1 miliardi nel 2014 dopo aver raccolto quasi $270 milioni di finanziamenti dalla sua creazione. Lo scorso gennaio è stata venduta per “soli” $250 milioni a Hudson Bay, proprietaria anche di Saks Fifth Avenue, in una vera e propria flash sale.

Performance: -77% (da ultima valutazione)

7. Fab
Altra start-up dedicata all’e-commerce e valutata $900 milioni (quasi un unicorno), Fab era stata indicata come “la prossima Amazon”. Non avendo nemmeno lontanamente raggiunto il target di $250 milioni di vendite annuali ma avendo quasi completamente esaurito gli oltre $330 milioni di finanziamenti ricevuti, Fab ha licenziato 80% dei dipendenti e chiuso le attività in Europa

Performance: -100% (stimata)

8. Quirky 
La missione di Quirky era di rendere invenzioni anche comuni accessibili a tutti tramite crowdfunding: dopo “disrupt”, la parola preferita da tutte le start-up è infatti “community”. Lanciata nel 2009, l’idea era di portare sul mercato nuovi prodotti attraverso la collaborazione tra inventori a livello globale ed il suo team di ingegneri/designers, dividendosi poi i profitti. Il business model non era però sostenibile (costi troppo elevati, quindi niente profitti da condividere), e lo scorso settembre ha dichiarato bancarotta, pochi mesi dopo aver ricevuto $185 milioni da GE e Andreessen Horowitz. 

Performance: -92% (stimata)

9. Zenefits 
Parker Conrad, CEO di Zenefits, una piattaforma cloud-based per la gestione delle risorse umane valutata $4,5 miliardi, è stato costretto a dimettersi a causa di gravi mancanze nella compliance su controlli e processi interni, ma soprattutto il fatto che non era autorizzata a vendere prodotti assicurativi.

Performance: non disponibile

10. Yahoo!
I problemi di Yahoo! sono ben noti, qui l’accento è posto sui suoi ultimi due CEO. Il penultimo, Scott Thompson, è stato licenziato dopo solo pochi mesi dall’assunzione perché si è scoperto che nel suo curriculum aveva messo una laurea in computer science che non ha mai ottenuto. L’attuale CEO, Marissa Meyer, assunta da Google, non è invece riuscita nel turnaround che aveva promesso, dopo aver speso milioni in feste e benefit vari. Yahoo! è ufficialmente in vendita, ma nonostante l’interesse mostrato da varie cordate nessuno si è ancora fatto avanti in maniera formale.

Performance: -

Menzione d’onore: Twitter 

Performance: -38% da IPO, -77% dal prezzo massimo 


Premio speciale: WeWork 
WeWork può essere descritta come “la Uber per la condivisione di uffici”: in pratica, prende in affitto per periodi medio-lunghi spazi adibiti ad uffici in varie località (sia US che internazionali) e li ri-affitta ad individui e piccole aziende con contratti molto più corti, anche giornalieri.

Lo scorso luglio Fidelity ed altri investitori hanno investito $400 milioni in WeWork ad una valutazione complessiva di $10 miliardi, mentre a marzo in un ulteriore round di finanziamenti l’azienda ha raccolto altri $430 milioni ad una valutazione di $16 miliardi.  

Il problema in questo caso non è il business model sottostante: il concetto non è astratto, ma nemmeno così innovativo in quanto sia Regus in UK che Servcorp in Australia lo fanno da anni. Il punto dolente rimane il prezzo. WeWork controlla oggi una superficie affittabile di circa 465,000 metri quadrati (2,2x la dimensione dell’Empire State Building), ed è quindi valutata $34.500/mq: alla valutazione di $16 miliardi si possono comprare 5-6 Empire State Buildings (e non dimentichamo che WeWork non è proprietaria degli immobili ma solo affittuaria). Al confronto, Regus controlla circa 4,2 milioni di metri quadrati ed ha una capitalizzazione di $3,9 miliardi, ovvero $935/mq. Questa è una differenza di 37x: è vero che gli uffici di WeWork sono più cool e trendy, ma se una mela costa quanto 37 arance forse è meglio comprare le arance.

[Nota: al contrario delle altre aziende citatae, WeWork non ha assolutamente problemi finanziari o di business e non sembra prossima alla quotazione, per lo meno al momento: prima o poi Fidelity e gli altri fondi vorranno monetizzare i loro investimenti. Va notato tuttavia come negli ultimi mesi alcune aziende hanno proceduto ad una IPO a prezzi molto più bassi di quanto implicito nei round di finanziamento, come ad esempio Square, valutata $6 miliardi e poi quotata alla metà di questo valore.]

4 commenti:

  1. E io che pensavo di essere un pirla mettendo i soldi in conto deposito. :)

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  2. Dipende dall'orizzonte temporale dell'investimento, se investi a 20 anni è semplicemente folle mettere i soldi nel conto deposito :-)

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  3. ora di folle ci sono solo i tassi negativi. titoli come questo, denominato in euro, sono da incorniciare: The Coca-Cola 0,000% 3/2017 (ZERO VIRGOLA ZERO ZERO ZERO PERCENTO DI INTERESSI!).

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