lunedì 1 giugno 2015

Stock picking: arte o scienza?

“100% of the information you have about any business reflects the past, and 100% of the value of that business depends on the future” (Bill Miller)

“Everybody on Wall Street is so smart that their brilliance offsets each other. And that whatever they know is already reflected in the level of stock prices, pretty much, and consequently, what happens in the future represents what they don’t know.” (Charles Brandes)

La risposta alla domanda nel titolo sembra ovvia: per chiunque faccia stock picking, selezionare un’azione è un’arte!

A sostegno di questa tesi abbiamo le performance degli esperti, che intenzionalmente o no cercano di convincerci che le loro scelte sono un’arte non replicabile: posiamo investire nei loro fondi, copiare in maniera pedissequa le loro idee oppure rinunciare, tanto non potremo mai emularli. Ma anche per coloro che ci spiegano il loro processo d’investimento, i risultati sono difficilmente ripetibili. Prendiamo il classico esempio di Warren Buffett: sappiamo tutto su come investe, eppure dopo 60 anni siamo ancora qui a cercare di fare reverse-engineering per ricostruire il segreto del suo successo. Senza contare gli innumerevoli articoli e libri che ci dicono perché tutti dovremmo investire come lui ed allo steso tempo perché invece non possiamo farlo.

Quello che purtroppo ci sfugge è che in realtà stiamo parlando di due attività ben distinte ed indipendenti: la valutazione di un investimento (stock valuation) e la selezione di un investimento (stock selection). Troppo spesso tendiamo a sovrapporle: ma la valutazione di un titolo non dovrebbe essere confusa con il giudizio qualitativo (“buono” o “cattivo”). 

La mia personale opinione:
(1) La valutazione è essenzialmente quantitativa, la selezione è molto più qualitativa.
(2) La valutazione è (principalmente) rivolta al passato ed al presente, la selezione è più rivolta al futuro.
(3) La valutazione deve essere assoluta, ma la selezione è tipicamente relativa.

Da questi assunti possiamo dedurre che la stock selection è effettivamente un’arte, ma la stock valuation è decisamente una scienza. L’approccio alla valutazione di ogni investimento dovrebbe essere coerente e razionale (quantitativo), ma la scelta finale dovrebbe essere qualitativa.

Determinare il margine di sicurezza in un investimento è infatti il primo, necessario passo; ma il fatto che un’azione abbia un eccellente potenziale di upside non è di per sé una ragione sufficiente per acquistarla. La stock selection è un processo indipendente, ma ugualmente importante, per decidere quali azioni vogliamo effettivamente comprare: e questa non può essere fatta unicamente ordinando le idee solo sulla base del loro potenziale upside.

Identificare un investimento sottovalutato e gestire al meglio il proprio portafoglio sono due cose differenti: chi è bravo a fare la prima cosa non sempre è altrettanto bravo nella seconda. Certo, valutare correttamente un investimento è importante, ma oggi tutti hanno gli stessi modelli e le stesse informazioni. Quello che differenzia i migliori investitori è la loro capacità di scegliere tra opportunità differenti, cercando di evitare i bias (finanziari e comportamentali) ai quali siamo invece soggetti noi comuni mortali.

2 commenti:

  1. Condivido le considerazioni, l'articolo poi introduce secondo me giustamente il concetto di arte in una materia che si vuole per forza arida. Mi sono imbattuto in alcuni (rari) casi di persone che certamente non avevano titoli accademici canonici ma dotate di un profondissimo e lucidissimo senso di osservazione e comprensione della realtà (borsistica ed economica) nonchè di profonda passione conducevano e conducono operazioni mirabili. E non sto parlando di trading spicciolo o "da bar sport". Dei veri artigiani o artisti insomma.
    Con l'occasione le rinnovo i ringraziamenti per il suo magnifico blog.
    Michael M.

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    1. Grazie per i complimenti.

      Charlie Munger, prima di diventare il braccio destro di Buffett, era un avvocato. Walter Schloss non è mai andato all’università, ha solo seguito un corso di Benjamin Graham. Rick Guerin faceva il venditore per IBM. Stan Perlmeter lavorava in un’agenzia pubblicitaria.

      Tutti questi investitori (citati da Buffett in “The superinvestors of Graham-and-Doddsville) hanno un track record eccezionale. Buffett, al contrario, è andato all’università e ha seguito i corsi di Graham, ma non ha mai lavorato a Wall Street.

      Io sono tra quelli che ritiene che studiare sia importante ed aiuti molto, ma negli investimenti la cosa più importante è saper pensare con la propria testa: e difficilmente questo viene insegnato in ambiente accademico, dove invece prevale il conformarsi all’ortodossia come EMH.

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