giovedì 30 luglio 2015

Bolla tech (parte II): network effect

Un veloce follow-up al post precedente: ho trovato questo articolo di Scott Fearon nel quale fa notare che molto di quello che oggi è venduto agli investitori come high-tech è in realtà molto low-tech:
“But what seems different to me about the current tech boom is just how un-technological most of the players are. Uber lets you hail someone else’s car, AirBnB lets you sleep in someone else’s bed, and Snapchat lets teenagers erase naughty messages before their parents see them. It’s hard to see any significant technological moats around those ideas.”

Chi investe in queste aziende risponderebbe probabilmente che il “moat” è costituito dal network effect una volta che si raggiungono sufficienti utilizzatori del servizio. Ma quanto vale questo network se quello che offri è un servizio non proprio essenziale come snapchat?

Poi c’è Twitter, che ieri ha perso il 15%: il problema sembra essere che nonostante l’aumento dei ricavi, la crescita nel numero di active users continua a contrarsi. Se Twitter vuole soddisfare gli investitori, deve far crescere i profitti ed i ricavi, che vuol dire maggior pubblicità nei tweet; ma questo è proprio quello che allontana molti utilizzatori, che invece preferiscono un servizio “puro” (ma ovviamente sempre gratuito). I due obiettivi sono fondamentalmente in contrasto tra di loro.

È vero che sono molto old economy, ma a me sembrano più mode passeggere che veri moat: questo network avrà ancora valore una volta che ci sarà un altro prodotto/servizio più di tendenza?

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