giovedì 28 luglio 2016

Blind stock valuation

Riprovo l’esperimento tentato lo scorso anno, che ha suscitato qualche interesse ma poche risposte.

Il punto di partenza è che la scelta di un investimento dovrebbe essere basata sulla differenza tra prezzo di mercato e valore intrinseco (che, è vero, dipende da molti fattori). Ma, allo stesso modo di quello che succede quando conosciamo qualcuno, la decisione se ci piace o meno è spesso dettata dalla prima impressione che abbiamo: quel sentimento (di pancia?) che l’azienda X è amata/odiata dagli investitori, gestita bene/male, a bassa/alta crescita, ad elevato potenziale/con nessun futuro, … Quello che facciamo è stabilire sul momento se l’azienda in questione è “buona” o “cattiva”.


Il problema è che questa prima sensazione ha un impatto, voluto o meno, sul processo di valutazione: scegliamo selettivamente i dati che confermano la nostra impressione (confirmation bias), identifichiamo trend positivi/negativi dove non ci sono, facciamo espandere/contrarre i multipli, ignoriamo quelle metriche che non sono in linea con la nostra convinzione, … Se moltiplichiamo questo per tutti gli investitori, finiamo con l’avere un mercato veramente inefficiente, per lo meno a livello di singole aziende.

Quanto detto è alla base di questo esperimento (non una gara) di blind stock valuation: l’idea è di provare a separare la valutazione (quantitativa) dalle preferenze (spesso qualitative), ignorando la “storia” dietro all’azienda e qualsiasi preconcetto potremmo avere.

Ecco quindi alcuni selezionati dati sulle aziende (qui il file in formato excel):

  • 5 note imprese industriali italiane: no finanziari (banche, assicurazioni, immobiliare, …), no utilities, no piccole aziende quotate su AIM
  • Operano in settori differenti e con business model diversi, ma condividono molte caratteristiche (non posso ovviamente discutere i dettagli)
  • Tutti i numeri si riferiscono all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2015, ma i valori relativi (margini, crescita, etc…) non cambierebbero di molto se fossero riferiti ad uno o due anni prima
  • Per evitare che qualcuno cerchi di “indovinare” di quali aziende si tratta, inficiando quindi l’esperimento, ho ri-basato il fatturato a €1 miliardo, e normalizzato di conseguenza tutti gli altri valori
* Il debito netto include anche le passività pensionistiche ed il valore presente dei leasing operativi.

Quello che vorrei è la stima del valore intrinseco di ciascuna azienda (A: fair value X milioni; B: fair value X milioni; …), non il margine di sicurezza o il prezzo al quale comprereste questi titoli (“Io non pagherei più di 18x gli utili per B”), e nemmeno quanto potrebbero valere in operazioni di M&A/LBO per un acquirente strategico. Semplicemente il valore - in milioni di euro - che ritenete equo per la loro capitalizzazione di mercato. Ed ovviamente, la parte più interessante è spiegare come ci si è arrivati.

Provo ad anticipare alcune delle domande che sono state poste lo scorso anno:

  • È richiesta una valutazione delle aziende, non la classifica in base alla loro attrattività (A è meglio di C che è meglio di E)
  • Ognuno può scegliere come arrivare a questi valori: patrimonio, utili, FCF, multipli, DCF, … Parte dell’esperimento è proprio vedere le metodologie utilizzate da investitori diversi, ed eventualmente discutere i pro ed i contro di ognuna.
  • I dati forniti sono volutamente pochi, ma secondo me sufficienti per una stima (anche se mancano molte informazioni essenziali: corporate governance, capacità del management di allocare il capitale, crescita organica vs. acquisizioni, prospettive del settore, …. Alcune informazioni “qualitative” non sono esplicite ma possono essere ricavate).
  • L’idea è di seguire la massima di Buffett: “I'd rather be approximately right than precisely wrong” Ad esempio: sapendo che si tratta di aziende italiane, che valore utilizzereste per il tasso di sconto? Per la crescita, facciamo riferimento al passato recente?
Per tutti color che vogliono partecipare e condividere le loro opinioni, potete scrivere i vostri commenti qui sotto o mandarmeli per email se preferite: alla fine aggregherò i risultati per confrontarli con i prezzi correnti di mercato. Quando le aziende saranno rese note, potremo verificare se i bias discussi sono effettivamente comuni tra gli investitori.

9 commenti:

  1. Ti trasmetto il mio conteggio:

    ho calcolato il ROIC dividendo utile operativo e capitale investito
    ROIC 24% 11% 6% 15% 11%

    il ROE dividendo utile netto e capitale proprio
    ROE 27% 11% 5% 11% 13%

    La media tra i due valori è 25% 11% 5% 13% 12%

    dopodichè facendo la crescita degli utili (compreso il reinvestimento dei dividendi) pari alla media dei due valori ho considerato il P/E/G di Peter Lynch pari a 1 (aziende convenienti).
    In tal modo dette percentuali corrispondono ai livelli di P/E che sarebbe giusto pagare.

    In tal modo i "fair value" che escono fuori sono i seguenti:
    A) 2.251,49 B)1.222,46 C)251,03 D) 1.165,70 E) 357,48




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    1. ok, grazie: sei il primo!

      devo ammettere che però mi sfugge un passaggio: hai preso la media di ROIC e ROE, e questa assumi che sia la crescita degli utili (o del valore intrinseco) per sempre?

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    2. Ho presunto che la media di ROIC e ROE, considerata pari alla percentuale di crescita degli utili a tempo indeterminato, corrisponda al P/E giusto in base alla formula di Lynch Price/Earnings/Growth = 1.
      Se non ricordo male il PEG minore o uguale di 1 era considerato da Lynch un segnale buy

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    3. mi spiace ma continuo a non capire: perchè ROE/ROIC dovrebbero rappresentare la crescita degli utili a tempo indeterminato? e quale azienda può crescere al 25% all'infinito?

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  2. Ci provo, e correggetemi così imparo pure io qualcosa...
    Per A, B, C, D, E, risultano nell'ordine i segg. rapporti:
    a) Utile/fatturato 8,87%, 11,22%, 4,71%, 8,94%, 2,96%;
    b) Debito/Ebit 150%, 277%, 595%, 175%, 605%;
    c) Debito/mezzi propri 53%, 52%, 61%, 36%, 212%.

    Farei questa classifica, dalla peggiore: E (troppo debito), D (meno debito ma ugualmente costoso, utili meno stabili), C (debito e brucia capitale), B (costo del debito e leva finanziaria minori), A (bassa spesa per interessi, l'alto cash flow finanzia cospicui investimenti fissi, sembra la migliore come indici di crescita sui 10 anni; forse in borsa sarebbe la più cara delle cinque). Saluti e grazie.

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    1. Grazie, ma come detto nel post non volevo la classifica delle 5 aziende: e' facile vedere quali sono le migliori "qualitativamente" (sopratutto quando saranno rivelati i nomi). Quello che vorrei e' la stima (per quanto approssivativa) di quanto valgono.

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  3. A) 1700 B) 1500 c) 300 d) 800 e) 150

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  4. Ti ho mandato una mail con le mie considerazioni per motivi di spazio. Non so se ti è arrivata...

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